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Le nuove diaspore dei popoli: quando il giorno della memoria si dimentica dell’attualità

Anche quest’anno si è commemorato il 27 gennaio come “Giorno della memoria”, un ricordo vivo nella mente di chi ha vissuto la prigionia nei campi di concentramento come Liliana Segre e tanti altri ebrei.
Un giorno di grande lutto e dolore.

Nelle scuole si vedono documentari, si leggono pagine di libro per mantenere vivo il ricordo.
Quest’anno ricorrono gli ottant’anni dal gennaio del 1945, quando le truppe russe in marcia verso occidente scoprirono l’esistenza del campo di Auschwitz e, come ogni anno, la vicinanza affettiva intorno ai sopravvissuti è diventata una consuetudine doverosa. Gli ebrei sono stati un popolo che per secoli ha vissuto la diaspora senza avere una propria terra, uno stato che li rappresentasse, tutto questo fino a quando il 14 maggio del 1948, il presidente del Consiglio nazionale ebraico Ben Gurion proclamò la fondazione dello Stato di Israele.

Inevitabilmente, in questi giorni, il pensiero va alla stessa sorte che sta vivendo la popolazione palestinese, una fuga lungo la striscia di Gaza di 300 mila persone sfollate che cercano invano di raggiungere il nord per fare ritorno presso le proprie abitazioni. Queste abitazioni sono state ormai distrutte dai bombardamenti israeliani e di loro resta ben poco o forse nulla.

Quindi, gli osservatori internazionali, pur comprendendo la diversa situazione di oggi e le cause che hanno scatenato la furia israeliana contro Hamas, non riescono a non notare come i palestinesi appaiano il nuovo popolo della diaspora, senza uno Stato e senza una propria identità territoriale. Dal raid del 7 ottobre 2023 è trascorso più di un anno e, in quell’occasione vennero uccise da parte di miliziani di Hamas 1200 persone e rapite 250 persone.

Le operazioni israeliane che ne seguirono hanno portato al bombardamento della striscia di Gaza con un bilancio di oltre 48 mila persone e gran parte delle abitazioni distrutte. L’emergenza umanitaria è sotto gli occhi di tutti, migliaia di persone in cammino verso nord nella speranza di ritrovare le proprie abitazioni integre, consapevoli del disastro che li attende, eppure in migliaia continuano a camminare senza sosta, giorno e notte per poter ritrovare qualcosa della loro vita, qualcosa che li ricongiunga alla loro casa, alla loro precedente vita.

Parafrasando una celebre frase di Jean Paul Sartre, “L’inferno sono gli altri”, possiamo dire che il vero inferno a cui stiamo assistendo in questi giorni non è la lunga passeggiata della gente della striscia di Gaza da sud a nord, bambini, anziani e disabili, ma la presenza ciclica e costante nel mondo di qualcuno in grado di dar vita a quelle condizioni che hanno favorito ciò che sta accadendo e la certezza che non sarà certo l’ultimo triste epilogo a cui assisteremo.

L’inferno sono gli altri che armano i propri cannoni ignari del fatto che a soffrire resterà solo la povera gente indifesa e disarmata.

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