L’inflazione fa più paura del virus. In questa fase, bisognerebbe preoccuparsi con priorità delle conseguenze economiche e finanziarie correlate all’emergenza. Una è la risalita superiore alle attese dei prezzi al consumo.
La pandemia ha obbligato i governi a mettere in atto politiche di contenimento, che a loro volta hanno colpito sia l’offerta che la domanda. La storia ci insegna che l’inflazione non è mai solo un fenomeno monetario, ma quasi sempre nasce nell’economia reale: l’offerta non è in grado di rispondere all’aumento della domanda e quindi schizzano in alto i prezzi dell’energia, delle materie prime e di prodotti intermedi.
Finora l’intervento pubblico ha in gran parte attutito il danno economico subito dalle famiglie a causa del Covid, ma i problemi non sono risolti. La crescita è ancora debole, le Pmi fortemente indebitate e se il sistema economico andrà incontro a nuove difficoltà sarà difficile evitare crisi aziendali. Senza considerare che per ottenere questi risultati il nostro governo si è indebitato come mai aveva fatto dalla II Guerra mondiale. Nei due decenni successivi, però, l’economia sperimentò rapidi tassi di crescita.
Questo fattore, unito all’aumento dell’inflazione, permise allora di riassorbire i livelli di debito. Oggi gli scenari sono differenti. Un primo scenario prevede che la scarsità di offerta possa scomparire velocemente, anche se ciò contrasta con le aspettative di un aumento della domanda a fronte degli investimenti del Pnrr. In questo caso, l’aumento dei prezzi sarà temporaneo, ma in parte questo costo sarà pagato dai consumatori finali. In questo quadro il nostro governo è già intervenuto, a tutela delle fasce più deboli, stanziando risorse pubbliche.
Le cose diventano ben più complicate nel secondo scenario, se, all’opposto, ci dovessimo trovare di fronte a un aggiustamento più duraturo. Ciò richiederebbe robusti investimenti per aumentare la capacità produttiva. In questo caso, l’ipotesi che lo Stato possa intervenire con un ulteriore spesa in deficit è difficile da sostenere. Ad oggi l’unica Banca centrale che ha dichiarato che non è più opportuno definire transitoria l’attuale fase inflattiva è la Federal Reserve. Pertanto è sempre più cruciale che le aziende guardino agli elementi di scenario per poter cogliere le opportunità e rispondere alle sfide. Il problema sarà quello di governare questo primo aumento globale dei prezzi e ciò interesserà anche la politica fiscale da porre in essere nei prossimi mesi.
* Professore straordinario di Economia Aziendale Università LUM
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