Ucciso in uno dei box di questo garage della periferia di Barletta, il corpo cosparso di benzina e poi dato alle fiamme per cancellare ogni traccia, secondo la ricostruzione più probabile offerta dagli investigatori. Non l’occultamento ma addirittura la soppressione del cadavere in perfetto stile lupara bianca. La ricerca dei resti di Michele Cilli, ammesso si trovino ancora, è uno dei binari su cui si muovono le indagini dopo la raccolta degli elementi idonei a ricostruire la dinamica dei fatti, ovvero la molteplicità di indizi avvenuta, è scritto nelle carte, “in un evidente clima omertoso”. Indicazioni potrebbero arrivare dagli interrogatori in carcere dei due indagati, così come dalle dichiarazioni di altri soggetti coinvolti nell’inchiesta, gli amici che si trovavano al bar ed entrano nell’auto di Dario Sarcina, accusato dell’omicidio del 24enne, quando fa ritorno al locale. L’area in cui sarebbe stato fatto sparire il cadavere è quella della Fiumara, verso la foce dell’Ofanto, si sono sempre concentrate qui le ricerche, a pochi chilometri dal garage dove sarebbe avvenuto il delitto, sulla strada della stazione di servizio dove Cosimo Damiano Borraccino sarebbe stato immortalato mentre riempiva una tanica di carburante. In quella stessa zona furono ritrovati i suoi indumenti, poco distante gli occhiali della vittima e nell’auto, la stessa condotta da Sarcina la notte dell’omicidio, oltre a tracce di sangue anche dei capelli, presunte sostanze vegetali e biologiche.
La mamma di Cilli, Maria Comitangelo, dice: «Spero che mi ridiano il suo corpo: voglio dargli una degna sepoltura e piangere. Alla città di Barletta dico che non capiti a nessuno quello che è successo a me», aggiunge. Più volte aveva rivolto un appello per ottenere collaborazione. «Gli indagati pagheranno per quello che hanno fatto», prosegue. «Michele era il mio bambino: l’ho cresciuto da sola da quando aveva 3 anni. Avevo provato a parlargli e ora mi spiego il perché delle sue lacrime: non poteva farlo, non voleva darmi preoccupazioni».