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Don Giuseppe Calabrese, “portinaio dello Spirito Santo”, è il parroco più giovane della Basilicata

Don Giuseppe Calabrese è un prete materano di soli 28 anni che si definisce "portinaio dello Spirito Santo". Dal 14 settembre è stato nominato ufficialmente parroco della parrocchia "SS. Salvatore all'Immacolata in Irsina", diventando così il più giovane di Basilicata e il primo prete forestiero a guidare la chiesa irsinese. Il 27 novembre hai fatto…
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Don Giuseppe Calabrese è un prete materano di soli 28 anni che si definisce “portinaio dello Spirito Santo”. Dal 14 settembre è stato nominato ufficialmente parroco della parrocchia “SS. Salvatore all’Immacolata in Irsina”, diventando così il più giovane di Basilicata e il primo prete forestiero a guidare la chiesa irsinese.

Il 27 novembre hai fatto il tuo ingresso nella Parrocchia di Irsina. Come hai trascorso i tuoi primi giorni?
«Irsina è una città che non conosco affatto, voglio imparare a conoscerla. A prima vista è una città spenta ed addormentata, ma che vuole alzarsi e camminare con gli adolescenti e i giovani che vivono qui, i quali rappresentano le fiaccole che invierò per le strade, nei posti di lavoro, nei luoghi di aggregazione come sentinelle affinché io possa apprendere quello che si vive e venire a conoscenza dei problemi nella comunità. Sto, infatti, cominciando ad andare in giro, a visitare i luoghi, a entrare in punta di piedi nelle case, nei negozi e nei locali dove i ragazzi si incontrano perché non hanno un luogo dove intrattenersi. Mi auguro che la parrocchia possa diventare un loro luogo, sempre con le braccia aperte per raccogliere, anche attraverso l’esperienza dell’oratorio che, insieme al parroco delle altre parrocchie, vogliamo avviare».
Qual è la tua missione?
«Il senso della mia missione si sintetizza in 4 verbi principali. Innanzitutto “Aprire”: oggi è il momento di aprire le porte della parrocchia dall’interno verso la piazza perché al mondo non manchi il Vangelo e perché al Vangelo non manchi il mondo. Il secondo verbo è “Uscire”: l’esperienza mi ha insegnato che non posso attendere in parrocchia, ma come ci insegna il Vangelo, bisogna raggiungere i luoghi nei quali le persone si incontrano. Il terzo è “Ascoltare”: i miei cari ragazzi di Bernalda, quando sono andato via, mi hanno regalato un’agenda e una penna dove poter scrivere, segnare, riflettere, ma soprattutto ascoltare la realtà nuova. Infine il quarto verbo è “Essere libero”: sono responsabile dell’intera comunità e non potrò mai dimenticarmelo».
Qual è la tua preoccupazione più grande?
«Il non vedere. Non vedere le persone che hanno bisogno, gli antichi e nuovi problemi in una parrocchia, le necessità vitali della gente. Il non vedere mi preoccupa, perché come si può guidare senza luce?»
Tu sei il parroco più giovane della Basilicata. Come comunichi con i giovani?
«I giovani non aspettano che ci occupiamo di loro e vanno avanti con la loro ribellione senza di noi. . In tutto il mondo rappresentano una forza che ha le proporzioni di un uragano e il domani recherà l’impronta dei loro ideali e dei loro propositi: ecco perché dobbiamo occuparci di loro. Oggigiorno in parrocchia lo specchio più limpido della nostra missione, la misura più sincera della nostra fedeltà ai pilastri della Fede sono i giovani: ogni parroco eredita una parrocchia che non ha costruito e nello stesso tempo diventa l’amministratore fiduciario di questa per coloro che verranno in futuro e a tempo debito ogni parrocchia presenta un rendiconto ai suoi figli. Due anni fa ho voluto intraprendere questa sfida che sta avendo seguito con una rubrica sui social network, incentrata sui contenuti della Dottrina Sociale della Chiesa. Mi sono accorto che sempre più i cristiani e in particolare i giovani cristiani non conoscono il pensiero della Chiesa sui vari temi di attualità sociale. Continuerò su questa strada».
Quali sono i tuoi obiettivi?
«Sicuramente essere vicino alla mia gente. Poi, personalmente, vorrei concludere la Licenza in Diritto Canonico e istituire un percorso di formazione e di accompagnamento per i laici impegnati nel servizio della politica e dei futuri amministratori delle città. In seguito mi impegnerò per scrivere una biografia su Sua Eccellenza mons. Antonio Ciliberti, a cinque anni dalla sua morte, oltre a un romanzo per bambini e ragazzi sulla battaglia in cielo dell’Arcangelo Michele e gli angeli decaduti».

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