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80 anni di libertà, al Sacrario di Bari il sindaco Leccese: «Festa di pace nelle parole di papa Francesco»

«Autorità civili e militari, cittadine e cittadini, sono emozionato e onorato di indossare, per la prima volta, la fascia tricolore, qui, oggi per celebrare insieme a voi la giornata della Liberazione. Vorrei dedicare questa emozione non solo al partigiano Zef della 18esima brigata Kukes che mi ha trasmesso i valori dell’antifascismo ma a tutti coloro…
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«Autorità civili e militari, cittadine e cittadini, sono emozionato e onorato di indossare, per la prima volta, la fascia tricolore, qui, oggi per celebrare insieme a voi la giornata della Liberazione. Vorrei dedicare questa emozione non solo al partigiano Zef della 18esima brigata Kukes che mi ha trasmesso i valori dell’antifascismo ma a tutti coloro che come lui l’8 settembre del 1943 non esitarono a fare una scelta di campo». Questa mattina, al Sacrario militare dei Caduti d’Oltremare, la Città di Bari e l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia hanno celebrato l’80° anniversario della Liberazione nazionale con una cerimonia commemorativa, alla quale hanno partecipato il sindaco di Bari.

«»Non esitarono a mettere a disposizione la propria vita per conquistare la libertà e la democrazia. Questo non dobbiamo mai dimenticarlo. Perché il 25 aprile segna l’esito di quella scelta. Perché il 25 aprile, da ottant’anni, celebra la liberazione dal nazifascismo perché migliaia di donne e di uomini si sono sacrificati per consegnare a noi tutti un Paese libero, democratico e antifascista. Condizione che oggi ci sembra naturale come l’aria che respiriamo ma che un tempo non lo era affatto».

«Avevo dentro di me la sensazione di fare cosa proibita, non potevo ancora abituarmi all’idea che in Italia, ormai, ognuno poteva fare e dire quel che voleva; mi guardavo intorno temendo che d’improvviso, all’uscita, gente vestita di nero ci aspettasse per condurci in prigione. Ma le persone che vidi attorno mi assicurarono: non avevano l’aria di cospiratori, era tutta gente tranquilla dall’aspetto perbene, come di solito si immaginano gli insegnanti o gli scienziati. Lungo i palchi, tra gli angioletti musicanti, correvano alcune scritte recanti frasi che una volta si avrebbe avuto paura soltanto a pensare. Dicevano ‘viva quello o quell’altro’, ma tutte, insomma significavano: ‘viva la libertà’».

«»Con queste parole Alba De Cèspedes, scrittrice, poetessa, partigiana italiana, la Clorinda della storica voce di Radio Bari, descrisse l’ebbrezza della libertà nelle giornate del Congresso di Bari che si svolse nel teatro Piccinni il 28 e il 29 gennaio del 1944. Parole di libertà, che finalmente non avevano più paura di uscire dalle bocche di chi aveva visto morire i propri fratelli, i propri figli, i propri mariti. Parole che finalmente avevano il suono della vita e non più quello della morte. Parole che avrebbero voluto pronunciare anche i ragazzi trucidati nella strage del  28 luglio del 1943, a Bari, in via Niccolò dell’arca.

«»Parole che per tanti sono state testimonianza di sacrificio. Penso al generale Bellomo, a Michele Romito e ai ragazzi della città vecchia che, opponendosi all’avanzata di una colonna di carri armati tedeschi, difesero strenuamente  il porto di Bari dalla distruzione il 9 settembre dello stesso anno. Ricordi che restano indelebili nella storia della città di Bari, impressi in quella medaglia d’oro al merito civile consegnata alla nostra città nel 2007.

«»Un riconoscimento al ruolo di Bari e dei suoi cittadini, che seppero unirsi a questo grido di libertà che dai palchi del Teatro Piccinni risuonò in tutta Europa aprendo le porte ad una stagione nuova che non lasciava spazio a dubbi né a indecisioni. Perché l’Italia aveva già pagato caro il prezzo della sua debolezza, della sua accondiscendenza agli orrori del nazifascismo.

«»E da quella lezione noi oggi dovremmo saper trarre insegnamenti promettendo a noi stessi di non cadere più in tentazione, perché troppo spesso oggi le nostre libertà vengono date per scontate e messe in discussione sulla scia di rigurgiti neofascisti.

«Ed ecco che torna, prepotente, l’esigenza dell’essere qui oggi, tutti insieme, sventolando il tricolore per ricordare a tutti che quella bandiera, la bandiera italiana, lo stesso tricolore che noi sindaci indossiamo sul cuore, non è un vessillo di parte ma rappresenta lo Stato Italiano che nel suo atto fondativo più importante, la nostra Costituzione, si è dichiarato antifascista».

«Qualcuno ci chiede sobrietà ma io non conosco altri modi di sventolare la nostra bandiera se non con orgoglio e vigore. Perché è in quella bandiera che c’è la nostra storia. Basta con i se e con i ma: abbiamo permesso per troppo tempo che si indugiasse con parole ambigue».

Perché, come disse il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, «Il fascismo non è un’opinione: è un crimine»

«Purtroppo però, di tentativi maldestri di riscrivere la storia ce ne sono tanti. Ne leggiamo di continuo. E ad ognuno di questi dobbiamo avere la forza di reagire. È accaduto qualche settimana fa per il manifesto di Ventotene. Eppure non credo ci sia un lascito più meraviglioso di un seme piantato per far crescere il futuro. Perché di questo si è trattato. Questo è il dono che vollero fare a noi Europei Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni con quel documento».

«Ma chi disconosce la portata e il valore di quel manifesto forse ha dimenticato che sono altri i manifesti di cui vergognarsi. E che non furono scritti in tempi troppo lontani. Perché se a Ventotene si scrisse il futuro nonostante l’isolamento e le restrizioni dell’esilio, solo qualche anno prima in Italia c’era chi scriveva il manifesto della razza».

«Questa è la storia e con questa storia noi dobbiamo fare i conti, perché solo guardando in faccia i nostri errori sapremo rinascere. Anche oggi, quando il mondo sembra aver smarrito la ragione, dobbiamo ricercare nel sacrificio delle donne e degli uomini che fecero il 25 aprile 1945 la forza e il coraggio di ritrovare la strada del dialogo, dei diritti, delle libertà e della pace.

«Come disse, proprio a Bari nel luglio del 2018 quello straordinario Pastore di cui oggi tutti piangiamo la scomparsa, Papa Francesco: ‘Non si può alzare la voce per parlare di pace mentre si perseguono sfrenate corse al riarmo. È una gravissima responsabilità che pesa sulle coscienze delle nazioni, in particolare di quelle più potenti’. Ho voluto ricordare nella giornata della resistenza e della liberazione queste parole affinché noi oggi tutti avvertissimo la responsabilità della nostra storia, passata, presente e futura. Una storia di cui dobbiamo farci artefici e non spettatori. Proprio come lo furono loro, le donne e gli uomini dell’Italia liberata! Viva la Liberazione, Viva la Repubblica, Viva l’Italia!».

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