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Politica Taranto

Elezioni in Puglia, vertice del centrodestra a Roma: a Taranto si punta su Di Cuia

Un vertice utile solo per ribadire la candidatura di Massimiliano Di Cuia a sindaco di Taranto: «una proposta che dovrà essere discussa ovviamente con gli alleati di centrodestra». Per il candidato presidente della Regione, invece, «nessuna novità», anche sulla disponibilità del direttore del TgNorba, Vincenzo Magistà, che formalmente non è esclusa.

L’incontro tra i parlamentari pugliesi di Forza Italia, guidati dal coordinatore regionale, Mauro D’Attis, e il segretario nazionale, Antonio Tajani, ieri a Montecitorio, si è concentrato sulle imminenti elezioni comunali, a partire proprio dal capoluogo ionico: «oggi la delegazione parlamentare pugliese ha incontrato il leader azzurro Tajani, che guarda con grande attenzione alle vicende della Puglia e ai prossimi appuntamenti elettorali. Innanzitutto, le elezioni a Taranto; Forza Italia propone alla coalizione di centrodestra una candidatura autorevole, fortemente apprezzata dalla comunità ionica come quella del consigliere regionale Di Cuia. Riteniamo che sia una scelta vincente per il rilancio della città e ci auguriamo che gli amici della coalizione vorranno condividerla con determinazione per iniziare subito la campagna elettorale. L’incontro di oggi è stato utile anche per affrontare l’organizzazione delle varie iniziative che il nostro partito avvierà e presenterà in Puglia nelle prossime settimane: eventi che ci consentiranno di incontrare cittadini, associazioni, sindacati e categorie produttive. Appuntamenti che Forza Italia organizza nella consapevolezza di essere centrale nel centrodestra e senza dubbio protagonista anche nei prossimi mesi». Così la nota ufficiale del partito.

«Pronti a tutto»

Tuttavia, nel corso dell’incontro la questione regionale è stata analizzata, partendo da un dato e cioè che «bisogna essere pronti a tutto», avrebbe detto Tajani a suoi pretoriani pugliesi. «Può essere che tocchi a uno di noi, visto che in Fratelli d’Italia non sembra ci sia interesse», tanto che tra i deputati e i senatori, comprese le new entry Giorgio Lovecchio dal Movimento 5Stelle e Davide Bellomo della Lega, è lievitato un brusio e gli sguardi sono stati rivolti proprio verso D’Attis, ritenuto una delle scelte migliori qualora non dovesse emergere quel nome esterno invocato da molti.

Così come, sempre nel corso dell’incontro, è stato ribadito che «bisogna far salire la percentuale di Forza Italia e quindi sono necessarie candidature, anche e soprattutto tra quelle per il consiglio, che siano in grado di far crescere il consenso verso il partito». Tra oggi e domani, intanto, i parlamentari forzisti potrebbero tornare a riunirsi sia per organizzarsi dopo i suggerimenti di Tajani, sia per valutare ancora lo scacchiere regionale.

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Attualità Italia

Il presidente Sergio Mattarella contro i dazi: «I mercati aperti proteggono la pace»

Ci sono «nubi che si addensano all’orizzonte, portatrici di protezionismi immotivati, di chiusura dei mercati dal sapore incomprensibilmente autarchico, che danneggerebbero in modo importante settori di eccellenza come quelli del vino e dell’olio», ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenuto al 44esimo Forum della cultura dell’olio e del vino promosso dalla Fondazione italiana Sommelier ieri a Roma.

«Produrre per l’auto-consumo – ha aggiunto il Capo dello Stato – ricondurrebbe l’Italia all’agricoltura dei primi anni del Novecento. Legittimamente le associazioni dei produttori esprimono preoccupazione per le sorti dell’export. Misure come quelle che vengono minacciate darebbero, inoltre, ulteriore spinta ai prodotti del cosiddetto italian sounding (il falso made in Italy spacciato come autentico grazie all’utilizzo di simboli evocativi come il Tricolore, tra i cui prodotti spicca il Parmesan, imitazione contraffatta del Parmigiano reggiano che secondo Coldiretti vale 120 miliardi di dollari, ndr), con ulteriori conseguenze per le filiere produttive italiane, non essendo immaginabile che i consumatori di altri continenti rinuncino – ha detto ancora Mattarella – a rincorrere gusti che hanno imparato ad apprezzare». 

Le osservazioni

Il Presidente poi annota come «commerci e interdipendenza sono garanzia della pace. Nella storia la contrapposizione tra mercati ha condotto ad altre più gravi forme di conflitto. I mercati aperti producono una fitta rete di collaborazioni che, nel comune interesse, proteggono la pace». Poi, rivolgendosi direttamente ai produttori, sottolinea il valore della filiera agroenogastroniomica che è, insieme alla cultura e al design, «il motore dell’Italia. Avete saputo mettervi insieme – enfatizza il Presidente – misurarvi con la dimensione internazionale, senza timore di mercati sconosciuti e in cui, oggi, i prodotti italiani sono leader. Il futuro non si costruisce su nostalgie e vale anche per gratuite tentazioni di nostalgia alimentare: oggi i cibi sono sicuramente più salubri e controllati di un tempo», sono state le parole del Capo dello Stato su una minaccia temuta da molti settori economici.

La posizione di Giorgetti

Alle parole di Mattarella, fanno eco quelle del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il quale, al giuramento degli allievi ufficiali della Guardia di Finanza, a Bergamo, dice: “Stiamo vivendo un periodo di grande incertezza politica ed economica, segnato da conflitti armati diffusi e minacce tecnologiche sempre più incombenti. Ma anche di guerre commerciali e finanziarie decisamente aggressive attraverso l’utilizzo di dazi e criptovalute.

Strumenti usati come delle vere e proprie armi economiche, in grado di ridefinire gli equilibri e le dinamiche finanziarie e commerciali globali, ma che stanno anche influenzando profondamente la politica mondiale. Imporre dazi su determinati beni non è più solo una misura per difendere l’economia nazionale e regolare le relazioni commerciali tra Paesi, ma una leva che condiziona le politiche internazionali”, conclude il ministro.

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Politica Puglia

Centrodestra in Puglia, l’eredità del civismo fittiano: Magistà nuovo aggregatore?

Il civismo di centrodestra in Puglia nasce e cresce solo con Raffaele Fitto. Nelle ultime quattro tornate elettorali l’attuale vicepresidente esecutivo della Commissione europea ha sempre promosso liste di ispirazione civica, appunto: dalla Puglia prima di tutto (Ppt) del 2005 e 2010, a cui si sono aggiunte “I Pugliesi” e “I pugliesi per Rocco Palese” nel 2010 (il candidato presidente in quella tornata), passando a “Oltre con Fitto” del 2015, fino a “La Puglia domani” del 2020.

Le scelte

L’alfiere del moderatismo pugliese con queste formazioni ha consentito al centrodestra, pur essendo sempre uscito sconfitto nel confronto con il centrosinistra, di aggregare alla coalizione personalità della società che non si riconoscevano nei partiti tradizionali. In tutte le occasioni, le liste cosiddette “fittiane” hanno eletto tra i quattro e i sei consiglieri regionali (Ignazio Zullo, Giammarco Surico, Davide Bellomo, Salvatore Greco, Andrea Caroppo, Francesco Ventola, Saverio Congedo, Renato Perrini, Saverio Tammacco, Paolo Pagliaro, Paolo Dell’Erba), molti dei quali poi, entrati nei partiti tradizionali, hanno avuto brillanti carriere: basti pensare agli attuali parlamentari italiani ed europei come Bellomo, Perrini, Zullo e Ventola o a consiglieri regionali uscenti quali Dell’Erba e Pagliaro.

La prospettiva

Oggi Fitto non c’è, assorbito dal ruolo istituzionale a Bruxelles che gli impedisce di “immischiarsi” nelle spicciole questioni elettorali locali e con ogni probabilità non sarà l’autore di nuove formazioni, essendo “i suoi” già collocati in Fratelli d’Italia. Di conseguenza, manca nella coalizione un deus ex machina che sappia aggregare soprattutto pescando nel vario mondo moderato imprenditori, professionisti, funzionari pubblici, esponenti riconosciuti dai cittadini.

Personalità che possano aumentare il consenso al candidato presidente e a tutto il centrodestra, sulla scorta dello stesso campione del civismo sudorientale, l’attuale governatore Michele Emiliano, promotore di molte liste civiche, che è riuscito ad allestire le diverse formazioni durante le campagne elettorali grazie alla capacità di relazioni che gli ha consentito di raccogliere molti candidati in virtù del rapporto con la sua persona.

Un ruolo che, a oggi, nel centrodestra potrebbe ricoprire proprio Vincenzo Magistà, il giornalista che ha messo a disposizione la sua candidatura a presidente.

Infatti, i rilievi mossi da alcuni esponenti ed elettori di centrodestra di non essere proprio organico ai partiti di quell’area rappresenta quel “valore aggiunto” che, grazie alle relazioni costruite nella sua lunga carriera di direttore del TgNorba, potrebbe aprire le porte del centrodestra ad altre personalità civiche, così come sarebbe il traghettatore di delusi dall’altra parte che non sarebbero disposti, però, a correre sotto le insegne di Fdi, Forza Italia e Lega, in modo da poter competere con quel centrosinistra che, intorno al candidato in pectore, Antonio Decaro, sta già allestendo più di una lista civica. A meno che dal cilindro del centrodestra non esca qualcuno più “civico”.

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Italia Politica

Al-Kikli, il torturatore libico è in Italia: le opposizioni chiedono chiarimenti

Abdul Ghani al-Kikli, capo della milizia libica Stability support apparatus, accusato di crimini contro l’umanità, è a Roma. A denunciarlo è il dissidente libico Husam El Gomati che su X pubblica una foto che lo ritrae insieme ad altre persone, intorno al letto d’ospedale del ministro libico degli Interni, Adel Jumaa Amer. Secondo quanto è stato ipotizzato, si tratterebbe del nosocomio Europeo dell’Eur dove l’esponente del governo di Tripoli è ricoverato in seguito ad un attentato.

El Gomati scrive inoltre che il miliziano «è accusato di tortura, sparizioni forzate e uccisioni e sarebbe nella lista dei ricercati della Corte penale internazionale, secondo alcune fonti»; un fatto smentito sempre ieri da fonti della stessa Cpi. Al-Kikli sarebbe atterrato a Fiumicino intorno alle 18 di ieri l’altro, accompagnato da una delegazione libica di alto livello.

La milizia

Secondo Amnesty International, la milizia, guidata da Al Kikli, è stata creata dal governo libico nel gennaio 2021 ed è responsabile di uccisioni illegali, detenzioni arbitrarie di cittadini, detenzioni di migranti e rifugiati, tortura, lavori forzati e altri gravissimi crimini di diritto internazionale. La vicenda si innesta sulla questione, ancora non del tutto chiarita, di un altro miliziano libico in Italia, il generale Nijeem Osama Almasri, la cui liberazione e il successivo accompagnamento a Tripoli con un areo di Stato, nonostante vi fosse un mandato di arresto da parte della Cpi, ha scatenato un caso politico e giudiziario fino all’iscrizione nel registro degli indagati per i vertici del governo, Giorgia Meloni compresa, nelle prime settimane di gennaio.

Le opposizioni

E come accaduto per Almasri, anche per l’ingresso di Al-KIkli le opposizioni chiedono chiarimenti all’esecutivo: «un altro criminale di guerra Libico si aggira per l’Italia – tuonano i capigruppo Pd di Senato e Camera Francesco Boccia e Chiara Braga e il capodelegazione a Bruxelles Nicola Zingaretti – Ancora una volta l’Italia offre ospitalità a personaggi impresentabili. Il governo Meloni chiude le frontiere a chi fugge da torture e accoglie chi dell’immigrazione ha fatto un business disumano», dopo che la stessa segretaria Elly Schlein aveva chiesto «chiarimenti in aula».

Intanto, già nella serata di ieri, fonti internazionali rilevavano che Al-Kikli potrebbe essere titolare di un visto per l’Area Schengen, ovvero il trattato dell’Unione europea che consente la libera circolazione all’interno dei Paesi membri, rilasciato da Malta nel 2023 e valido fino al prossimo 25 novembre. Così come non risulterebbero provvedimenti dell’Interpol a suo carico.

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Italia Politica

Il ddl Intercettazioni sarà legge: la Camera dei deputati approva ma è polemica

La Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge che introduce una stretta nelle intercettazioni, acquisendo, senza modificarlo, il testo già licenziato dal Senato. Il provvedimento è dunque legge, a cui manca solo la promulgazione. I voti a favore sono stati 147, i contrari 67, un astenuto. La norma introduce il limite massimo di durata di 45 giorni per le intercettazioni, salvo specifiche deroghe. Il provvedimento approvato dal Parlamento è composto da un solo articolo e prevede la possibilità di derogare al limite di 45 giorni nei casi in cui ci sia l’assoluta indispensabilità e sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti. Tali elementi devono essere oggetto di espressa motivazione. 

Tuttavia, tale limite di 45 giorni non si applica nei casi di un reato di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono in ordine ai quali sussistano sufficienti indizi. Nel caso della criminalità organizzata, inoltre le intercettazioni sono consentite anche se non ci sono indizi che gli intercettati stiano commettendo reati.

Lo scontro

Come era prevedibile la nuova legge è stato un ulteriore terreno di scontro tra maggioranza di centrodestra e opposizioni, così come tra la stessa coalizione di di governo e la magistratura. Tra i primi a parlare dopo l’approvazione è stato il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, che ha sottolineato come «con questa approvazione si chiude il cerchio iniziato con l’abolizione del reato di abuso di ufficio». Mentre per l’Associazione nazionale magistrati interviene il presidente Cesare Parodi il quale dice che «viene da pensare alle rapine, alle violenze sessuali, ai maltrattamenti sui minori. E’ una scelta del Parlamento e del Governo legittima, ma che indubbiamente rende più difficile per certi reati l’accertamento della verità». Sotto il profilo politico, il Partito democratico ritiene che «ci sia ormai furore ideologico della destra che mette a rischio indagini su reati gravissimi», a cui fanno eco tutte le forze di opposizione.

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Italia Politica

Meloni incalza la sinistra su Ventotene: «Avete perso il senso della misura»

Non si placano le polemiche dopo le dichiarazioni di Giorgia Meloni mercoledì alla Camera, nel corso dell’informativa in vista del Consiglio europeo in corso di svolgimento a Bruxelles, con cui ha messo in discussione il Manifesto di Ventotene, affermando che quella immaginata da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni “non è la mia Europa”.

Anche ieri in Senato si è sfiorata la bagarre tra il centrodestra e le opposizioni che hanno di nuovo polemizzato: «è un fatto grave per la democrazia», ha detto la presidente dei senatori di Italia Viva, Raffaella Paita. Mentre per il Pd è intervenuto il vicepresidente della commissione affari costituzionali Davide Parrini il quale ha detto che «le parole della premier alla Camera ci hanno resi fieri perché Meloni ha voluto dissacrare quel Manifesto con citazioni caricaturali non sapendo che esso è uno dei documenti più gloriosi della nostra storia».

Per il Movimento 5Stelle è intervenuto il capogruppo Stefano Patuanelli che ha contestato le parole di Meloni, osservando come la polemica «sia servita a sviare le divisioni nella maggioranza» sul piano di riarmo europeo presentato dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Per Alleanza Verdi e Sinistra, invece, ha parlato Tino Magni: «Ventotene è una parte delle fondamenta del nostro Paese. Se voi non vi riconoscete, vorrà dire che non vi riconoscete nella Costituzione italiana».

La replica

A rispondere è stato il senatore della Lega Claudio Borghi, tra il rumoreggiare e le tensioni dell’emiciclo, definendo tra le altre cose il Manifesto «un testo tra i più orribilmente antidemocratici». Con Borghi anche il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia Lucio Malan, tanto che la presidente di turno Licia Ronzulli ha dovuto riportare l’ordine in aula richiamando i senatori: «Non siamo allo stadio».

La smentita

Intanto, Fonti di Palazzo Chigi smentiscono “categoricamente” le ricostruzioni riportate da alcuni organi di stampa in merito ai colloqui tra la presidente del Consiglio e gli eurodeputati di Fratelli d’Italia a Bruxelles mercoledì sera nel corso di una cena. È la stessa premier ieri in serata a tornare sul caso, interpellata dai cronisti a margine del vertice Ue.

«Ritengo che l’essenza di alcuni passaggi che ho letto di quel manifesto» è «che il popolo non è in grado di autodeterminarsi. Nel momento in cui si distribuisce quel testo, che messaggio voleva dare la sinistra? Sono rimasta sconvolta dalla reazione che ho visto ieri in aula, con parlamentari della Repubblica che sono arrivati sotto i banchi del governo con insulti e ingiurie. Penso francamente che la sinistra stia perdendo il senso della misura».

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Italia Politica

Meloni al Senato: «Diplomazia su dazi e Ucraina. Il riarmo non toccherà i fondi Fsc»

Giorgia Meloni parla al Senato in vista del Consiglio europeo di domani e venerdì a Bruxelles affrontando il tema centrale della difesa europea e dello stanziamento di fondi previsto nel piano approvato dalla Commissione e dal Parlamento europeo “ReArmEu ” di 800 miliardi di euro. La seduta, presieduta da Ignazio Larussa, ha visto la presenza di quasi tutti i ministri, ad eccezione di Matteo Salvini, e molti sottosegretari. Accanto a Meloni si sono seduti il vicepremier Antonio Tajani e il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti. Sedie aggiunte per il responsabile del Viminale Matteo Piantedosi e per la ministra del Turismo Daniela Santanché. Affollati anche gli scranni della maggioranza e dell’opposizione.

L’intervento della Premier

«Sono convinta si debba continuare a lavorare con concretezza e pragmatismo, per trovare una possibile intesa e scongiurare una guerra commerciale. Credo non sia saggio cadere nella tentazione delle rappresaglie, che diventano un circolo vizioso nel quale tutti perdono» ha detto a proposito di come contrastare i dazi che gli Usa del presidente Donald Trump si apprestano a imporre alle merci europee.

Poi il passaggio cruciale sul conflitto in Ucraina: «lo stallo sul campo può portare ai negoziati della pace. Dunque salutiamo positivamente questa fase e sosteniamo lo sforzo avviato dal presidente Trump», per poi rivendicare «il pieno sostegno all’Ucraina e al suo popolo». Tuttavia, «di fronte a proposte che rispettiamo, ma non ci convincono – riferendosi alle iniziative anglo-francesi – sarò chiara di fronte a quest’Aula: l’invio di truppe italiane in Ucraina non è all’ordine del giorno, così come riteniamo che l’invio di truppe europee sia un’opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace».

Il riarmo europeo

Inoltre, aggiunge la premier «Il “ReArmEurope” sia un nome fuorvianteper i cittadini perché siamo chiamati a rafforzare le nostre capacità difensive, ma oggi questo non significa acquistare banalmente armamenti», innanzitutto «semmai produrli rispetto al semplice potenziamento degli arsenali. Ma significa anche «operatività, servizi essenziali, infrastrutture energetiche, catene di approvvigionamento: tutte cose che non si fanno semplicemente con le armi. Senza questo approccio non c’è difesa». Per poi aggiungere che «l’Italia non distoglierà un euro dai fondi di coesione».

La premier, insieme ai temi della difesa, ha affrontato altri argomenti che non saranno il focus del Consiglio, ma fanno parte dell’agenda politica come «la sfida della competizione e il timing per il Green deal», per poi dedicarsi a questioni più italiane come «la riforma della giustizia non più procrastinabile, mentre non è nei radar del governo una manovra correttiva». L’aula, infine, ha tributato una standing ovation a Papa Francesco e a Sergio Mattarella.

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Italia Politica

Senato, Draghi sulla competitività europea: «La difesa comune? Passaggio obbligato»

«Vedo che guardate l’orologio, quindi vi ringrazio moltissimo per l’attenzione». L’ex premier Mario Draghi ha chiuso con sarcasmo l’audizione al Senato davanti alle commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato, dove ha illustrato il suo Rapporto sul futuro della competitività europea.

Al di là della noia dei Parlamentari, l’ex Presidente del consiglio ha spiegato nei dettagli un report, già presentato al Parlamento europeo lo scorso settembre, partendo dall’allarme sulla sicurezza dopo la svolta impressa dal nuovo presidente americano, Donald Trump. «La nostra sicurezza è oggi messa in dubbio dal cambiamento nella politica estera del nostro maggior alleato rispetto alla Russia che, con l’invasione dell’Ucraina, ha dimostrato di essere una minaccia concreta per l’Unione Europea».

Il monito

«L’Europa – osserva l’ex premier – è oggi più sola nei fori internazionali, come è accaduto di recente alle Nazioni Unite, e si chiede chi difenderà i suoi confini in caso di aggressione esterna e con quali mezzi», sottolineando che «la questione della difesa è tra le maggiori vulnerabilità a cui è esposta l’Ue e per questo serve  una catena di comando di livello superiore che coordini eserciti eterogenei per lingua, metodi, armamenti». Draghi subito dopo si è concentrato sui temi economici, a partire dai dazi imposti dall’amministrazione Usa.

«La nostra prosperità, già minacciata dalla bassa crescita per molti anni, si basava su un ordine delle relazioni internazionali e commerciali, sconvolto dalle politiche protezionistiche del nostro maggiore partner. I dazi, le tariffe e le altre politiche commerciali che sono state annunciate avranno un forte impatto sulle imprese italiane ed europee, oltre a mettere in discussione i valori fondanti dell’Ue di pace, prosperità, solidarietà e, insieme all’alleato americano, sicurezza, sovranità e indipendenza».

La riflessione

Poi le proposte. «Occorre certamente accelerare lo sviluppo di energia pulita e investire sulla flessibilità e nelle reti. Ma occorre anche disaccoppiare il prezzo dell’energia prodotta dalle rinnovabili e dal nucleare da quello dell’energia di fonte fossile», ricordando che i costi elevati dell’energia contraggono la competitività. Infine, uno sguardo all’Italia.

«Una seria politica di rilancio della competitività europea deve porsi come primo obiettivo la riduzione delle bollette, per imprese e famiglie. Nei prezzi finali ai consumatori  incide anche la tassazione, in Italia tra le più elevate dell’Europa. Nel primo semestre del 2024, essa risultava il secondo Paese europeo con il più alto livello di imposizione e prelievi non recuperabili per i consumatori elettrici non domestici. Costi dell’energia così alti pongono le aziende, europee e italiane in particolare in perenne svantaggio nei confronti dei concorrenti stranieri», ha concluso Draghi.

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Politica Puglia

Regionali in Puglia, il Pd mette sul tavolo 10 temi e si prepara alle prossime elezioni

Entra nel vivo la conferenza programmatica del Partito democratico della Puglia in vista delle elezioni regionali. Il percorso, coordinato da Salvatore Piconese componente della segreteria regionale del partito in Puglia, coinvolgerà iscritte e iscritti, elettrici ed elettori, esperti, forze sindacali, associazioni di categoria e anche rappresentanti di forze politiche alleate.

Mercoledì prossimo a Bari, nella sede di via Re David, sono stati organizzati due tavoli tematici regionali, rispettivamente alle 15 sullo sviluppo economico con la partecipazione dell’assessore regionale Alessandro Delli Noci e alle 17.30 sull’ambiente con la partecipazione dell’omologa Serena Triggiani.

Le tematiche

In queste settimane si riuniranno inoltre in ogni provincia dieci tavoli di lavoro: sviluppo economico, economia circolare e sostenibile, commercio e politiche industriali; lavoro e povertà; welfare e inclusione; scuola, università, ricerca e formazione; sanità, diritto alla salute e sport; agricoltura e valorizzazione delle risorse idriche; tutela dell’ambiente, ciclo dei rifiuti e transizione ecologica; cultura, turismo e promozione del territorio; trasporti, infrastrutture e mobilità sostenibile, governo delle città, emergenza abitativa, rigenerazione urbana, tutela del paesaggio, demanio i cui esiti verranno poi portati all’attenzione degli altrettanti tavoli tematici regionali che produrranno documenti di proposte.

Infine la sintesi di questa grande elaborazione, che sarà operata da un gruppo di lavoro nominato sempre dalla segreteria regionale dem, guidata da Domenico De Santis, verrà sottoposta al vaglio degli organismi del Partito e infine presentata in una grande iniziativa pubblica, prevista sempre durante la primavera così da lanciare la campagna elettorale che, salvo interventi del Governo nazionale, dovrebbero tenersi tra ottobre e novembre.

Un appuntamento che il Pd vede con il favore dei pronostici sia per quanto riguarda il candidato presidente, che ormai è quasi certo sarà Antonio Decaro, sia per la coalizione che vedrà insieme dem, Alleanza verdi e sinistra, Movimento 5Stelle e più liste civiche, sia soprattutto per il risultato della stessa formazione politica che potrebbe essere, secondo sondaggi e pronostici, molto lusinghiero, sia in percentuali che come eletti in tutte le province.

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Italia Politica

Matteo Salvini senza freni sui dazi all’Ue: «Imposti dai cretini di Bruxelles»

Un Matteo Salvini a tutto campo, quello che ieri ad Ancona, a margine di un evento sui temi economici, ha affrontato i temi centrali del dibattito politico. Il vicepremier parte da dazi imposti dal presidente americano Donald Trump, cogliendo ancora una volta l’occasione per assestare un colpo all’Unione europea: «l’’unico mega dazio che ha messo in ginocchio interi settori in Europa l’ha messo Bruxelles. Il suicidio del settore dell’auto non l’ha imposto Trump, sono stati i cretini di Bruxelles che hanno messo fuori mercato le auto a benzina e diesel nel nome della sbornia elettrica, che adesso si sta rivelando una follia», ha tuonato il ministro dei Trasporti e delle infrastrutture.

Più in generale, parlando dei danni causati all’economia italiana dai dazi annunciati dalla nuova amministrazione americana, Salvini ha detto che «bisogna lavorare parlando direttamente con Trump e con gli Stati Uniti, non tramite Emmanuele Macron e Ursula von der Leyen». E ancora: «Abbiamo capito che Trump usa la minaccia di dazi per arrivare ad accordi economici e commerciali, ha fatto così con altri. Dobbiamo lavorare direttamente noi che abbiamo buoni rapporti e penso che partiamo con più vantaggi rispetto ad altri». Quindi una battuta delle sue sulle regioni minacciate dalle piogge e a rischio alluvione: «È una bella giornata, speriamo che sia una bella giornata anche per i toscani e gli emiliano-romagnoli che hanno a che fare con l’acqua in queste ore».

Il messaggio al governo

Non è mancato un accenno sul futuro del governo: «la Lega è il collante del centrodestra e ci possiamo permettere di dire o di fare cose che altri non sempre possono permettersi di dire o di fare – sottolinea con orgoglio Salvini – siamo la garanzia che il Governo diGiorgia Meloniandrà avanti fino al 2027, anzi fino al 2032. Semmai possiamo stimolare, a volte abbiamo avuto il coraggio di dire troppo presto quello che poi è arrivato».

Infine, lo sguardo rivolto al futuro: «Squadra che vince non si cambia, quindi rivinceremo nelle Marche con Francesco Acquaroli – di Fratelli d’Italia – e con la squadra con cui abbiamo vinto cinque anni fa», ha concluso Salvini. Intanto, la Lega si prepara a celebrare il congresso federale il 4 e 5 aprile a Firenze e il segretario si sente talmente blindato che alla domanda se ci sia qualcuno che possa sfidarlo sarcasticamente risponde: «se qualcuno si candida a segretario sarò il primo firmatario della mozione a suo sostegno», prima di annunciare che ci sarà più peso negli organigrammi per il Sud.

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