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Attualità Bari Video

Palazzina a rischio crollo a Bari, l’amministratore di condominio: «Tredici famiglie sgomberate» – VIDEO

Palazzina a rischio crollo a Bari, l'amministratore di condominio: «Tredici famiglie sgomberate»

Pilastri sottoposti a schiacciamento nel vano interrato della palazzina di via De Deo 83, al quartiere San Pasquale di Bari.

L’amministratore di condominio Angelo Volpe spiega come questa volta, a differenza di quanto accaduto in via Pinto/De Amicis il 5 marzo scorso, si sia forse riusciti ad evitare il crollo.

Tredici le famiglie sgomberate, palazzina inagibile fino alla messa in sicurezza.

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Cronaca Puglia

Voti comprati in Puglia, la Procura chiede il processo per Cataldo e per l’ex assessora regionale Maurodinoia

Per la Procura di Bari devono essere processate le organizzazioni che avrebbe alterato l’esito delle elezioni amministrative nel Comune di Grumo Appula e della Regione Puglia (del 20 e 21 settembre 2020) e nel Comune di Triggiano (del 3 e 4 ottobre 2021). Per questo, i pm Claudio Pinto e Savina Toscani hanno chiesto il rinvio a giudizio dell’ex assessora regionale ai Trasporti, Anita Maurodinoia, e di suo marito, il fondatore di Sud al Centro, Sandro Cataldo. La coppia e altre 16 persone, sarebbero i componenti delle due associazioni per delinquere finalizzate alla corruzione elettorale, che in più momenti avrebbero condizionato il voto.

Le posizioni

Cataldo, Maurodinoia e altre cinque persone (Nicola Lella, Giuseppe Fiore, Giovanni Lavacca, Caterina Pulieri e Michele Spano) sono ritenuti coloro che avrebbero «promosso, costituito, diretto, organizzato e partecipato ad un’associazione per delinquere, allo scopo di commettere più delitti» nella sfera della corruzione elettorale, durante le due tornate del 2020 a Grumo e 2021 alla Regione. Nello specifico, secondo i pm, avrebbero pilotato i consensi (offrendo 50 euro a voto o un posto di lavoro) per l’elezione di Lella e Fiore (nella lista civica “Impegno per Grumo”, a sostegno del candidato sindaco al Comune di Grumo, Michele Antonio Minenna) e per Maurodinoia al consiglio regionale.

Lady preferenze

L’ex assessora, soprannominata “Lady preferenze”, fu eletta nel consiglio comunale di Bari nel 2019, nel movimento politico fondato dal marito con oltre 6mila voti. L’anno successivo, candidata alle Regionali con il Pd, di preferenze ne ottenne quasi 20mila. Secondo l’accusa, Maurodinoia «prendeva parte all’associazione al fine di ottenere la sua elezione, delegando al coniuge Sandro Cataldo di mantenere i rapporti diretti con gli altri sodali, nonché con gli elettori compiacenti».

L’altro nucleo

L’altra associazione criminale (sempre promossa da Cataldo, ma alla quale non ha partecipato Maurodinoia) sarebbe stata attiva a Triggiano per far eleggere sindaco Antonio Donatelli (arrestato il 4 aprile 2024 e tornato in libertà dopo essersi dimesso dall’incarico), sempre seguendo lo schema della compravendita elettorale.

Le dichiarazioni

«Prendo atto della decisione della Procura che, purtroppo, significa solo allungamento dei tempi di accertamento della verità storica – commenta Sandro Cataldo – che per primo voglio si manifesti in tutta la sua trasparenza e nitidezza. È una sfida che raccolgo e che combatterò con convinzione e rigore a tutela della mia onestà intellettuale, del mio trentennale impegno al servizio della collettività e della stima e considerazione dei tanti che hanno creduto in me e che meritano tutto il mio rispetto».

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Bari Cronaca

Codice rosso, i braccialetti elettronici non funzionano: Procura di Bari apre l’indagine

Allarmi che non suonano, donne terrorizzate, codici rossi che diventano, di fatto, inutili. È accaduto a Bari, e più di una volta, al punto tale che il questore Massimo Gambino ha deciso di intervenire sulla problematica del malfunzionamento dei braccialetti elettronici.

La segnalazione

Il questore Gambino, dopo aver ricevuto numerose segnalazioni da parte delle autorità competenti (polizia inclusa), ha ritenuto improcrastinabile un suo intervento. E ha scritto alla Procura di Bari, chiedendo di verificare le circostanze ed, eventualmente, individuare le relative responsabilità.

I fatti

Negli ultimi mesi, numerose donne, che avevano denunciato il loro stalker o un ex violento, e per questo erano state sottoposte alla tutela prevista dal codice rosso, si sono ritrovate in condizioni di potenziale pericolo. È capitato in più di un’occasione, infatti, che gli uomini sottoposti alla misura del braccialetto elettronico e al contestuale divieto di avvicinamento alla “vittima”, siano invece riusciti ad accorciare le distanze senza che il dispositivo emettesse il segnale di allarme. E così, è venuta meno la tutela della donna.

Come funziona

Il braccialetto anti-stalking funziona in modo molto diverso da quello con cui si garantisce che il soggetto agli arresti domiciliari non lasci la sua abitazione: i dispositivi sono due, uno non rimovibile per lo stalker e un altro per la vittima, che viene avvertita nel caso lui decidesse di avvicinarsi oltre i limiti consentiti. Si tratta di un telefonino con Gps e un tracciamento di prossimità, e deve essere sempre portato con sé dalla vittima. L’avvicinamento dello stalker o dell’ex violento viene poi segnalato a polizia e carabinieri. Immediatamente dalla sala operativa che si occupa della gestione dovrebbe partire un contatto con lo stalker, chiedendogli conto della sua posizione e del suo percorso. In caso di spiegazioni non convincenti si interviene.

Il fascicolo

Il procuratore capo del tribunale di Bari, Roberto Rossi, ha quindi aperto un fascicolo conoscitivo, un “modello 45”, per approfondire la questione. E per questo ha sollecitato la Questura a inviare una nota più dettagliata. L’intento è valutare se nel malfunzionamento vi siano ipotesi di reato e individuare di conseguenza i responsabili. Prima che un mancato allarme possa provocare conseguenze fatali.

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Bari Cronaca

Bari, nove vigili pronti ad andare in tribunale. Le sigle: «I nostri legali a disposizione»

Hanno paura di quello che accadrà loro, sono confusi e indignati, ma in buona parte sono pronti a presentare ricorso al giudice del lavoro. A rappresentare i nove agenti della polizia locale, ai quali venerdì scorso è stata notificata dal Comune di Bari una stringata comunicazione, con la quale se ne dispone il trasferimento per “esigenze di servizio”, in quel caso, saranno i sindacati. «Metteremo loro a disposizione i nostri legali», annuncia Tommaso Genchi, della Funzione pubblica Cisl di Bari. Ma al momento, è ancora tempo di valutazioni.

Il trasferimento

I nove vigili, tutti incensurati e non indagati, sono ritenuti in qualche modo contigui a persone che orbitano nell’alveo del clan Parisi-Palermiti di Japigia. E il provvedimento segue agli accertamenti condotti dalla commissione ministeriale sul Comune di Bari, dopo il maxiblitz Codice Interno che ha svelato i rapporti tra mafia, politica e imprenditoria. Nella relazione dei tre ispettori inviati da Piantedosi, recepita dal prefetto Francesco Russo, si evidenziavano le relazioni dei nove (e di una decima, già sospesa) con esponenti dei due storici clan del quartiere Japigia, Parisi e Palermiti e l’applicazione nei loro confronti le norme previste dal Tuel.

I fatti

C’è ad esempio un agente che, in tempi non recenti, sarebbe stato socio di un capo nella gestione di un noto locale notturno; un altro, invece, più volte sarebbe stato, nel corso degli anni, in compagnia di persone che un tutore della legge non dovrebbe frequentare (l’uomo si è giustificato spiegando che si tratta di amici di infanzia). Altri casi ancora si riguarderebbero parentele con pregiudicati, in alcuni casi acquisiti, che rendono problematico lo svolgimento di mansioni di controllo del territorio o a volte anche di indagine.

L’iter

Nelle scorse settimane, il sindaco di Bari, Vito Leccese ha incontrato in due occasioni i tre sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil, affrontando la questione dei nove agenti e parlandone anche con i diretti interessati, spiegando loro che non si sarebbe trattato di un provvedimento di natura punitiva. Venerdì, poi, l’ordine di servizio firmato dal direttore generale del Comune di Bari, Davide Pellegrino, che li destina al servizio nei Municipi.

La protesta

A sostegno dei nove, intanto, scendono in campo i sindacati: «Come Cisl Fp, Uil Fpl, CSA e Sulpm – annuncia Genchi – abbiamo indetto assemblea del personale della polizia locale per il giorno 26 marzo con all’ordine del giorno “iniziative di protesta a tutela della onorabilità e della dignità del personale del Corpo della Polizia Locale”.

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Attualità Bari

Adozioni ai single, a Bari tre casi “particolari” anticipano la Consulta

Adozione internazionali di minori soli anche ai single, così come di conseguenza alle coppie omogenitoriali. La pronuncia della Corte costituzionale delle scorse ore, di per sè innovativa, ha già di fatto un binario parallelo e per certi versi antecedente al tribunale per i minorenni di Bari.

I tre casi

Sono già tre i casi e si definiscono “Stepchild adoption”, cioé adozioni in casi particolari. Storie di single alle quali (per ora i casi sono solo al femminile) il tribunale per i minorenni di Bari, invocando una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, ha riconosciuto e autorizzato la trascrizione di un’adozione internazionale, fatta da una donna single con cittadinanza italiana in un Paese straniero in cui questo è consentito. La giurisprudenza ha riconosciuto in sostanza, che in un progetto di genitorialità comune di una coppia dello stesso sesso, in cui uno dei (delle) due sia il genitore biologico, che l’altro genitore, cosiddetto “sociale” possa fare un’istanza di adozione in casi particolari.

L’eterologa

Come funziona? Normalmente succede che una delle due donne procede a inseminazione eterologa in un Paese in cui è consentita per una single. E quindi poi l’altra genitrice, la “sociale” fa istanza di stepchild adoption davanti al tribunale per i minori. Questo perché nell’ipotesi in cui il bambino nasca in Italia, l’ordinamento italiano non consente il riconoscimento della filiazione nei confronti del genitore sociale. Per cui si ricorre all’adozione in questi casi particolari, per legittimare proprio queste forme insolite di genitorialità. Ed è esattamente quello che è avvenuto di recente a Bari.

La pratica illecita

La maternità surrogata viene considerata una pratica illecita perché violativa della dignità personale, sia della donna che del nato, di conseguenza non è possibile riconoscere in Italia una filiazione da maternità surrogata. Ma questo non significa che non ci sia tutela. E qui entrano in gioco i casi particolari. Anche per il bambino nato da maternità surrogata in altro Paese, sia la Corte Costituzionale che la Cassazione in conformità alla Cedu hanno stabilito che si può dare tutela attraverso l’adozione in casi particolari.

Quindi i giudici baresi utilizzano questa forma di adozione prevista in via residuale dalla legge 184 dell’83 per dare legittimazione e dignità a tutte quelle situazioni che secondo l’ordinamento italiano non potrebbero trovare un riconoscimento pieno nei canali tradizionali. Facendo sì che non finiscano nel mondo di mezzo.

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Cronaca Puglia

Oltre 10 milioni di euro in 7 anni: così sono stati “pagati” gli errori giudiziari

Oltre 10 milioni di euro pagati dalla Corte d’appello di Bari negli ultimi sette anni. Una cifra enorme, ma che si svaluta immediatamente se si considera a cosa è servita: è l’entità impressionante degli importi pagati come risarcimento per ingiuste detenzioni.

Le vite

In questi sette anni, presi in esame dall’associazione Errorigiudiziari.com che da oltre 25 anni approfondisce il fenomeno in Italia, basandosi sui dati del ministero della Giustizia, il trend dei procedimenti ha presentato un insolito andamento. Numeri che accendono ancora di più gli animi se si considera che corrispondono a vite interrotte, quando non irrimediabilmente spezzate da una condanna immeritata.

I numeri

Per avere un’idea dell’entità degli errori giudiziari in tutta Italia vale la pena di mettere insieme sia le vittime di ingiusta detenzione che quelle di errori giudiziari in senso stretto. Dal 1991 al 31 dicembre 2024, i casi sono stati 31.949: in media, quasi 940 l’anno (mancano i totali dei soli errori giudiziari del 2023 e 2024). Il tutto per una spesa complessiva dello Stato gigantesca, tra indennizzi e risarcimenti veri e propri: 987 milioni 675 mila euro e spiccioli, per una media di poco inferiore ai 29 milioni e 49 mila euro l’anno (e anche in questo caso, non è disponibile il dato complessivo per la spesa in risarcimenti da errori giudiziari del 2023 e del 2024).

La relazione

Nella relazione al Parlamento del dipartimento per gli affari di giustizia, del gennaio scorso, si prendono in esame i numeri relativi a ciascun distretto di Corte d’appello, scorporati per anno (dal 2018 al 2024), per accoglimenti e rigetti, distinti per fase giudiziaria in cui l’errore si è verificato, e infine per entità del risarcimento.

La situazione in Puglia

Nel distretto barese, che comprende anche Trani, Foggia e Lucera, nel 2024 sono stati definiti 121 procedimenti, dei quali solo 44 ne sono stati accolti. A Lecce: accolti 19 dei 28 procedimenti definiti.
Più o meno stabile, invece, rispetto all’anno precedente, l’andamento di quelli sopravvenuti: a Bari nel 2024 sono stati 50, due in meno rispetto al 2023. Nel 2018 erano stati ben 83. A Lecce, invece, il numero è in crescita: nel 2024 ne sono stati presentati 29, 7 in più del 2023, mentre nel 2018 erano stati 27.

Il pagamento

Quello che salta maggiormente all’occhio è il numero delle ordinanze di pagamento per ingiusta detenzione, inviate dalle Corti d’appello al ministero: da Bari, negli anni dal 2018 al 2024, ne sono state comunicate 309. Nell’anno appena trascorso erano 42, 26 quelle del distretto salentino che comprende anche la sezione distaccata di Taranto. Sorprendenti le somme nel distretto di Bari: 2.486.599 (2018), 2.503.326 (2019), 3.257.839 (2020), 418.524 (2021), 51.952 (2022), per risalire nel 2023 a 548.459 e infine nel 2024 a 953.718 euro pagati per errori commessi sulla pelle di innocenti.

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Attualità Puglia

Vittime dell’usura e della paura: nel 2024 sono ancora poche le denunce

Paura di denunciare. Anche quest’anno, come il precedente, le vittime di usura chiedono aiuto alla Fondazione antiusura, ma si fermano dinanzi al passo successivo: la denuncia, propedeutica all’iter per l’accesso ai fondi di sostegno messi a disposizione dallo Stato. La circostanza è emersa durante l’assemblea ordinaria della Fondazione Antiusura San Nicola e Santi Medici (con relativa approvazione approvazione del bilancio 2024), svoltasi ieri pomeriggio. «Non è semplice convincere a denunciare, per paura, vergogna – commenta la presidente Antonella Bellomo – e perché manca una giusta percezione del disvalore di tale reato. Non per tutti è possibile trovare una risposta, ma a tutti i preziosi volontari dedicano tempo e offrono con competenza e professionalità i loro consigli».

La norma

L’intervento della Fondazione consiste nel prestare assistenza legale ai soggetti vittime di usura, nell’assisterli per tutto l’iter, a partire dalla presentazione della domanda di accesso al Fondo tramite la Prefettura, la richiesta dei danni subiti e l’eventuale richiesta del mutuo. Per dare un segno tangibile di solidarietà agli usurati, inoltre, la Fondazione si costituisce parte civile nel processo penale.

Il silenzio

La Fondazione lamenta anche quest’anno «l’assenza di persone che abbiano accettato il consiglio di denunciare gli usurai – fanno sapere – La Fondazione mette a disposizione un pool di avvocati esperti, capaci di ridare speranza a chi ne è colpito». Ma la paura delle conseguenze, di essere perseguitati dai loro stessi aguzzini, blocca le vittime nel portare avanti l’iter.

I dati

Quelli forniti dalle Procure, relativi alle denunce per le tipologie di reati contro il patrimonio e ripresi dalla relazione del Presidente della Corte d’Appello in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario «non sono incoraggianti – sostengono – Nel distretto Bari-Foggia-Trani è leggermente aumentato il numero complessivo di quelle per estorsione (da 891 a 894), decisamente aumentato quello relativo al reato di truffa aggravata (da 268 a 622), mentre un andamento in calo si è registrato per il reato di usura (da 63 a 59, di cui solo 18 a Bari). Quanto al reato di usura, pertanto, si evidenzia un dato a segno meno anche per quest’anno».

L’azzardo

L’altro settore che non conosce crisi è quello dell’azzardo, che cresce soprattutto nell’online. Il numero sempre più crescente di persone che scommettono sulle piattaforme internet mette in allarme gli enti del terzo settore che si occupano delle dipendenze e della tutela dei soggetti più fragili. Il “volume d’affari” ha una crescita vertiginosa; secondo uno studio promosso da Federconsumatori e Cgil nel 2013 le giocate complessive ammontavano a 84 miliardi, nel 2022 erano di 136 e nel 2023 erano salite ancora a 150 miliardi, praticamente l’89% della spesa alimentare degli italiani e più di quella sanitaria che nel 2023 ammontava a 131,1 miliardi. Tra i capoluoghi di regione in testa Palermo, seguita da Napoli e Bari.

Il ruolo della Fondazione

La Fondazione cerca di arginare questo flusso di giocatori d’azzardo che ogni settimana si presentano in Fondazione, indirizzandoli verso un’associazione condotta da un ex giocatore, che ha superato la dipendenza e si mette a disposizione di chi lo voglia.

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Cronaca Puglia

Palazzina crollata a Bari, demolizione a spese dei condomini senza casa

Alla fine, dopo aver perso tutto nel crollo della palazzina di via De Amicis, al quartiere Carrassi di Bari, a pagare anche per la demolizione controllata della parete rimasta ancora in piedi, ma estremamente pericolante, e i danni riportati dallo stabile attiguo, saranno i proprietari di quelle case che non ci sono più. Almeno, fino a quando l’inchiesta della Procura di Bari non accerterà cause e responsabilità del crollo. E fioccheranno le richieste di risarcimento dei danni, in alcuni casi già preannunciate. Per ora potrebbe provvedere il Comune di Bari, ma in danno delle famiglie.

La demolizione

Nei prossimi giorni, infatti, saranno eseguiti con una certa celerità i lavori di demolizione controllata di quella parte, confinante con l’altro stabile, rimasta in piedi e che i vigili del fuoco hanno tenuto sotto controllo per tutto il tempo in cui, dalla sera di mercoledì fino all’indomani, hanno scavato per ritrovare miracolosamente viva la 74enne Rosalia De Giosa. Il team manager del Nucleo Usar di Puglia, che ha guidato l’intervento delle prime 24 ore, aveva destinato uno degli uomini al monitoraggio continuo della stabilità, anche con strumentazioni.

La consulenza

I lavori procederanno sotto la supervisione del super-consulente della Procura di Bari, il professor Antonello Salvatori dell’università dell’Aquila, che in passato si è occupato anche dei crolli successivi ai terremoti dell’Aquila (2009) e di Amatrice (2016), oltre che di quello di una palazzina di via Roma, a Barletta, in cui nel 2011 persero la vita cinque donne.

I resti della palazzina crollata verranno analizzati per esaminare i materiali di costruzione e per individuare i punti di cedimento e collasso. L’analisi sarà eseguita attraverso il campionamento degli elementi strutturali dell’edificio (murature, travi, pilastri), i cui materiali saranno analizzati in laboratorio. Analisi, queste, che andranno di pari passo con le rimozioni delle macerie, dalle quali sarà possibile capire per quali zona prevedere la demolizione controllata.

Il fascicolo d’inchiesta

Intanto gli investigatori della Squadra mobile, coordinati dal dirigente Filippo Portoghese, stanno acquisendo documentazione in tutti gli uffici dove è possibile recuperare atti che riguardano la storia settantenne della palazzina, edificata nei primi anni Cinquanta. Per adesso, il procuratore aggiunto Ciro Angelillis e la pm Silvia Curione indagano per l’ipotesi di crollo colposo, a carico di ignoti. Solo in seguito, una volta espletata la prima fase della consulenza, saranno iscritti i primi nomi.

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Puglia Sviluppo e Lavoro

“Rivoluzione rosa” nei campi, boom di imprenditrici: la Puglia è sul podio nazionale

La chiamano la “rivoluzione rosa”. È quella che portano con loro le contadine in tutta Italia, facendosi imprenditrici del lavoro nei campi e collocando, in questo modo, la Puglia al secondo posto nella classifica nazionale.

Il settore

A dare i numeri di un settore, finora appannaggio quasi esclusivo degli uomini, è la Coldiretti che in occasione dell’8 marzo, ha analizzato la situazione del Paese. Tra imprenditrici agricole e occupate, sono oltre mezzo milione le donne impegnate oggi nelle campagne, presenza diffusa in tutto il territorio italiano. Secondo i dati del Registro delle Imprese, la regione con il maggior numero di imprese femminili in assoluto è la Sicilia davanti a Puglia e Campania, con Lazio, Toscana e Piemonte a ruota.

L’analisi

Secondo l’analisi di Coldiretti Donne, circa il 60% delle imprese rosa ha deciso di orientare una parte della produzione verso il biologico o il biodinamico, impegnandosi in una filiera di qualità che promuove la sostenibilità, la salvaguardia della biodiversità, delle risorse naturali, del paesaggio e del benessere animale. Inoltre, le donne instaurano legami profondi con il territorio, diventando vere e proprie sentinelle per la conservazione e la valorizzazione delle aree rurali.

Gli ambiti

Dalle fattorie antiviolenza ai fiori da mangiare per arricchire ricette e cocktail, sono sempre più variegati gli ambiti nei quali le imprenditrici agricole declinano la loro professionalità e formazione. Senza però dimenticare quelli più tradizionali, nei quali spesso le donne arrivano al comando come eredi di una storia familiare. In Puglia, ad esempio, Marina Mastromauro, figlia del fondatore Attilio Mastromauro e ideatrice del marchio “Dedicato”, la pasta di solo grano duro di Puglia prodotta da Granoro nell’azienda di Corato. Un percorso iniziato 10 anni fa, fatto di diverse imprese agricole spinte a produrre grano duro di qualità in cambio di un prezzo minino garantito ed incentivi.

Il ricambio generazionale

Le agricoltrici, riporta Coldiretti nel suo rapporto, puntano anche sul ricambio generazionale con oltre 12mila aziende femminili in tutta Italia, oggi guidate da ragazze under 35. Una trasformazione, che consente loro di unire all’innovazione la capacità di offrire servizi e assistenza alle categorie più deboli, a partire dai disabili, proponendo un modello di welfare agricolo.

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Attualità Italia

Palazzina crollata a Bari, la Cgil: «Vigili del fuoco “eroi”? Il Governo si ricordi dei loro bisogni»

Sorpresi, forse un tantino indignati, di certo esasperati. I vigili del fuoco, che si raggruppano sotto la sigla sindacale Fp Cgil, rispondono ai messaggi arrivati da Roma e richiamano ancora una volta l’attenzione delle istituzioni sulle loro ataviche problematiche: turni massacranti, stipendi troppo esigui, niente tutela legale o copertura dagli incidenti.

Lo stupore

«Apprendiamo con stupore delle parole di gratitudine espresse dal governo nei confronti dei vigili del fuoco intervenuti in queste ore per salvare la rimasta le donne macerie del palazzo crollato sotto a Bari. Sarebbe auspicabile ricevere le stesse attenzioni e la stessa cura nelle occasioni in cui il governo ha la possibilità di ringraziarli concretamente, valorizzandoli per la loro professionalità e rispondendo ai loro bisogni». Lo mettono nero su bianco in una nota a firma congiunta il coordinatore nazionale vigili del fuoco della Fp Cgil Mauro Giulianella, la segretaria generale della Fp Cgil Bari e Bat, Ileana Remini, e il segretario regionale della Fp Cgil Puglia, Dario Capozzi Orsini.

I fatti

«Non ce ne facciamo nulla di ringraziamenti che arrivano puntuali solo quando si verifica l’ennesima situazione drammatica – aggiungono – Le parole non bastano, servono i fatti. E quando il governo ha avuto la possibilità di ringraziarli concretamente, ha scelto una strada molto diversa e mortificante». Il riferimento dei sindacalisti è al «rinnovo del contratto firmato dalle altre organizzazioni sindacali, in accordo con il governo, che taglia gli stipendi reali dei vigili del fuoco di oltre 280 euro medi, che elimina il limite massimo di quattro turni di pronta disponibilità, che non prevede alcuna tutela legale per chi rimane coinvolto in un procedimento giudiziario, e che non ha avviato la possibilità di accedere alla previdenza complementare e all’Inail per assicurare i vigili del fuoco da infortuni sul lavoro e malattie professionali».

La lotta

«Noi invece – concludono nella nota i rappresentanti sindacali – i professionisti del soccorso, che hanno scavato tra le macerie per 24 ore consecutive, vogliamo ringraziarli per davvero. Continueremo a lottare – assicurano Giulianelli, Remini e Capozzi Orsini – per garantire loro di operare nel miglior modo possibile e in sicurezza».

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