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Per ogni maglione un albero piantato. Il successo della lana pugliese green

La maglieria che rispetta l’ambiente, crea economia circolare ed ecosostenibile. “Fortunale” è la startup fondata nel 2017 a Cassano delle Murge da Ivano Aloisio, un marchio di lana purissima prodotta a km zero in Puglia. Un nuovo modo di concepire la moda per tutelare la natura e la salute dei consumatori. I capi Fortunale fanno…
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La maglieria che rispetta l’ambiente, crea economia circolare ed ecosostenibile. “Fortunale” è la startup fondata nel 2017 a Cassano delle Murge da Ivano Aloisio, un marchio di lana purissima prodotta a km zero in Puglia. Un nuovo modo di concepire la moda per tutelare la natura e la salute dei consumatori.

I capi Fortunale fanno parte di linee morbide e adatte a tutte le stagioni arricchiti da coloranti naturali ottenute da fiori, foglie, bacche e radici, sono riciclabili e confezionati in un packaging di cartone riciclato. Il cartellino è un porta auricolari, mentre la velina interna è un’opera d’arte realizzata da Francesco Ferilli.
Ivano Aloisio è figlio di imprenditori tessili che dopo un’esperienza nel fashion a Milano, aver studiato e osservato come inquina e spreca la moda consumeristica, ha iniziato la ricerca di fornitori che producessero materie prime biologiche e sostenibili.
Impiegano pura lana derivante dai migliori filati al mondo, ottenuta da allevamenti cruelty-free, ovvero di pecore che ogni giorno vengono lasciate pascolare e che si nutrono da prati non trattati e privi di sostanze inquinanti.
Nello spirito e nell’idea che tutto può avere una seconda vita, Fortunale va oltre la produzione di maglieria e ad ogni capo venduto pianta un albero. Cosi chi indossa il maglione diventa un ambasciatore della filosofia green che sta alla base della startup.
Ivan Aloisio, classe 1976, Founder di Fortunale.
Ci raccontate il vostro percorso di studi e imprenditoriale?
«Sono laureato in scienze politiche, ho respirato l’aria d’impresa in famiglia per tanti anni e ho cercato piano piano di crearmi qualcosa di mio che potessi lasciare ai miei figli. La sede dell’azienda di famiglia era in Basilicata, poi ci siamo trasferiti in Puglia a Cassano delle Murge».
Come è nata l’idea della vostra startup?
«Sono cresciuto nell’azienda di famiglia che ha prodotto maglieria per trent’anni, passando dai magazzini alla vendita in Italia e all’estero. Viaggiando ho potuto constatare l’inquinamento che la moda provoca ogni giorno. Mi sono sempre chiesto se fosse possibile realizzare qualcosa di diverso, ovvero una moda sostenibile, attenta all’ambiente e al consumatore».
In quale momento hai deciso di creare Fortunale?
«Con la nascita di mio figlio Jacopo ho capito che era giunto il momento di produrre una maglieria sostenibile. Ho iniziato la ricerca dei fornitori e le prime prove dei prodotti, fino al 2018 in cui ho lanciato il prodotto su kickstarter».
Quanto è stata importante la vostra formazione?
«Fondamentale, infatti in questi due anni abbiamo avuto la fortuna di partecipare a diversi percorsi formativi o di accelerazione che ci hanno aiutato, tra cui il bioeconomy di Intesa San Paolo, il sit di Torino e non ultima Unicredit start lab».
Quali sono i punti di forza di Fortunale?
«Porta con sé tanti valori, è un maglione di pura lana biologica, proveniente da allevamenti cruelty-free, realizzato con tinture naturali, riciclabile e packaging privo di plastica. Credo che i suoi punti di forza siano la tintura naturale realizzata con coloranti derivanti da piante, fiori e bacche e la possibilità di restituire il capo a fine vita affinché le sue fibre vengano rigenerate».
Avete attinto a finanziamenti pubblici?
«No, abbiamo investito capitali di famiglia».
Avete ottenuto riconoscimenti?
«Fortunale si è aggiudicato il secondo premio nella start up competition Heroes Meet di Maratea, il premio QVC Italia nell’edizione 2019 del Premio Gaetano Marzotto. Siamo stati inseriti nella galleria delle best practice del Global Compact Network Italia (GCNI), la piattaforma che ha l’obiettivo di raccogliere, condividere e valorizzare le esperienze di aziende e organizzazioni italiane a supporto dell’implementazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite. Fortunale fa parte dell’atlante dell’economia circolare, dell’Icesp e dell’Ecesp».
Quali sono i vostri mercati di riferimento attualmente?
«Grazie ai due crownfunding, eseguiti sulla piattaforma Kickstarter, Fortunale ha potuto spedire molti dei suoi capi all’estero, in Europa e in America, ma il mercato maggiore in questo momento è quello italiano».
A quali puntate maggiormente per il futuro?
«Il mercato italiano crediamo sia importante per un prodotto interamente made in Italy come il nostro, ma vorremmo farlo conoscere anche in Nord Europa, America, Canada. Ci stiamo lavorando».
Qual è il legame tra una maglia e piantare un albero?
«La nostra è una startup innovativa benefit di economia circolare che, fin dalla sua nascita, ha ritenuto fondamentale compensare il territorio che la ospita. Per ogni maglione consegnato piantiamo un albero che viene numerato e il cui numero viene ricamato sul capo, rendendolo unico. Permettiamo così al cliente di diventare un testimonial del progetto».
Un modo per ringraziare la terra di quello che vi dona?
«Sì, significa per noi restituire alla terra quello che togliamo producendo i nostri capi».
Quali tipi di alberi piantate con Fortunale?
«Melograni in un terreno confiscato alla mafia a Valenzano, con la cooperativa sociale agricola “Semi di Vita” che si occupa di giovani con difficoltà».
Possiamo parlare di una filiera tessile di Puglia di qualità?
«La nostra è una regione molto interessante per il settore produttivo tessile e nelle filiere pugliesi riscontriamo alta professionalità a prezzi competitivi e grande flessibilità».
Se dovessero investire nella vostra realtà quale aspetto decidereste di potenziare?
«Abbiamo bisogno di investire in innovazione e tecnologia. Per noi la ricerca è fondamentale per migliorare il prodotto e offrire nuove collezioni o nuove colorazioni che rispecchino lo spirito aziendale. D’altra parte cercheremmo di valorizzare maggiormente la filiera a km0 e la lana “Gentile di Puglia”, una risorsa del nostro territorio che anche l’Università di Bari ha più volte studiato».
Progetti per il futuro?
«Nell’immediato ci piacerebbe certificare, mediante la tecnologia, la nostra filiera perché dimostrare al consumatore come viene realizzato il prodotto e le sue qualità è un atto di trasparenza. Crediamo sia un passaggio opportuno per distinguerci da coloro che si dichiarano sostenibili senza esserlo».

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