(Adnkronos) – Twitter, Meta, Amazon, Goldman Sachs. Quattro storie d’impresa diverse, in settori diversi, ma con un filo conduttore: una stagione di grandi licenziamenti. Le aziende americane si affacciano al 2023 con problemi che affondano la loro origine nelle profonde trasformazioni in atto nei mercati di riferimento e che trovano una stessa risposta nella scelta di ridurre drasticamente le risorse umane. Una risposta tipicamente americana, con gli scatoloni che devono essere pronti dalla sera alla mattina, in un sistema che ha sempre fatto della flessibilità, declinazione elegante di una precarietà estrema, un’arma per essere competitivo.
La raffica di licenziamenti di questi ultimi mesi, e giorni, interrogano però sulla tenuta di un approccio che sta portando una filosofia di fondo alle sue conseguenze più estreme. Il punto di vista di osservazione più interessante, in questo senso, è quello aziendale e manageriale. Mettendo da parte qualsiasi rivendicazione sul fronte sindacale, azzerando la prospettiva dei diritti dei lavoratori, nella cultura d’impresa americana ridotti a poco ma bilanciati da un’offerta tradizionalmente ampia, il problema risalta ancora di più. Il riflesso condizionato che porta a tagliare posti di lavoro ogni volta che una trasformazione o una discontinuità sul mercato pone una sfida nuova aiuta le imprese, e i rispettivi Ceo, ad aumentare le proprie possibilità di crescita L’analisi delle singole storie lascia aperti diversi interrogativi sulla stagione dei grandi licenziamenti, che arriva dopo quella delle grandi dimissioni, ‘great resignation’ o ‘big quit’ nel 2021, nel pieno della pandemia Covid.
Il mondo è cambiato più volte e più rapidamente che in passato. I social media, Twitter e Meta, il commercio online, Amazon, non sono gli stessi di un anno fa. Per le banche, Goldman Sachs, la trasformazione è più lunga. La ricetta condivisa è la stessa. Oggi servono meno persone di quelle che servivano ieri o, comunque, ne servono meno di quanto si potesse immaginare.
Amazon ha deciso di licenziare più di 18mila dipendenti, il più grande taglio della sua storia. L’amministratore delegato, Andy Jassy, ha annunciato il piano con una nota il 4 gennaio. I più colpiti tra i dipendenti del gigante fondato da Jeff Bezos sono i dipendenti dei negozi, come Amazon Fresh e Amazon Go, e le sue organizzazioni Pxt, che gestiscono ad esempio le risorse umane. Rappresentano il 6% del totale delle 300mila persone che lavorano per Amazon. Le lettere di licenziamento arriveranno a partire dal 18 gennaio. I tagli, in questo caso, sembrano necessari per correggere la rotta rispetto a una scelta fatta in passato.
Meta di Mark Zuckerberg, a metà novembre scorso, ha annunciato il licenziamento di 11mila persone, che corrispondono a circa il 13% della società e sono quasi il triplo del numero di persone lasciate a casa da Twitter che, pochi giorni prima, secondo il piano del nuovo ‘padrone’ Elon Musk ha licenziato il 50% della sua forza lavoro. I due casi sono diversi tra loro ma hanno in comune uno stesso tema, la corrispondenza tra le aspirazioni di due imprenditori visionari e la realtà. Zuckerberg ha perso le sue scommesse su Libra (criptovalute), lo smartwatch, i negozi anti Amazon. Musk non ha ancora capito cosa vuole fare di Twitter e come rientrare dell’investimento fatto per acquistare il social network.
Il caso di Goldman Sachs è il più recente. La banca d’affari americana ha deciso di cancellare 3.200 posti di lavoro. L’area più colpita sarà quella del trading e banking. Anche su questo fronte, ci sono da ridimensionare piani lanciati nel passato. Il ceo David Solomon, dalla fine del 2018 ha fatto salire l’organico del 34% e ora, con una nuova recessione alle porte, l’incertezza suggerisce maggiore cautela. Anche perché le attività di M&A hanno rallentato e le commissioni incassate dalla banca d’affari si sono fortemente ridotte. (di Fabio Insenga)