(Adnkronos) – Quali sono gli importi deliberati dai Comuni capoluogo di regione italiana a titolo di imposta di soggiorno per l’anno 2023? A rilevarlo una recente analisi di Centro Studi Enti Locali, per Adnkronos, per singola tipologia di struttura ricettiva. A quanto emerge, Firenze è il capoluogo di regione con tariffa più alta per tassa di soggiorno.
Una stella: le tariffe richieste ai turisti che optino per una camera in un albergo a una stella nelle principali città italiane spaziano dai 50 centesimi di Palermo, Perugia e Potenza ai 3,50 euro di Firenze. In mezzo Ancona, Cagliari e Venezia (un euro), Trieste (1,20 euro), Catanzaro, Genova e Trento (1,50 euro), Milano e Napoli (due euro), Torino (2,30 euro) e Roma, con tre euro.
Due stelle: salendo alla categoria superiore, quella degli alberghi a due stelle, si confermano tra le città meno esose, in relazione all’imposta di soggiorno, Palermo, Perugia e Potenza che, così come Ancora e Cagliari, chiedono soltanto un euro. Al di sotto della media per questa categoria, che è di un euro e novanta centesimi, anche Catanzaro, Genova, Trento e Trieste, che chiedono 1,50 euro a turista. Al di sopra di questa soglia: Venezia (2 euro), Torino (2,30), Napoli (2,50), Roma e Milano (3 euro) e Firenze (4,5 euro).
Tre stelle: pernottare in un albergo a tre stelle in una delle città capoluogo del paese comporta mediamente una maggiorazione, a titolo di imposta di soggiorno, pari a 2,6 euro. Sono al di sotto di questa media: Cagliari, Genova, Palermo, Perugia e Potenza, che hanno deliberato un importo pari a 1,5 euro, e Ancona, Catanzaro, Trento e Trieste che ne chiedono due. Al di sopra della media, Torino, con 2,8 euro, Napoli e Venezia, con 3,5 euro, Roma e Milano (4 euro) e Firenze, con sei euro.
Quattro stelle: passando alla categoria dei quattro stelle, non cambiano i nomi delle città più ‘esose’ dal punto di vista del tributo legato al turismo: in vetta Firenze che, anche in questo caso, chiede più del doppio rispetto alla media delle altre città capoluogo di regione. La tariffa fiorentina è di sette euro contro i 3,4 di media. Seguono Roma e Milano, rispettivamente con sei e cinque euro, Napoli e Venezia con 4,5 e Torino con 3,7 euro. Al di sotto della media Genova con 3 euro, Trento e Catanzaro con 2,5 e Trieste con 2,2 euro. Le più economiche sono Ancora, Cagliari, Palermo, Perugia e Potenza, ferme a due euro.
Cinque stelle: anche per chi sceglie la categoria degli hotel più prestigiosi, quelli a cinque stelle, è il comune di Firenze quello che chiede di pagare il tributo più ingente: 8 euro. Segue, a breve distanza, la Capitale con 7 euro. Al di sopra della media, che è di circa 4 euro, anche Milano, Napoli, Torino e Venezia, che hanno deliberato una tariffa pari a 5 euro, e Genova che ne chiede 4,50. Più contenuti gli importi che si pagano nei migliori hotel di Catanzaro, Palermo e Trento (3 euro), Perugia, Potenza e Trieste (2,50 euro). Le tariffe più basse sono quelle anconetane e cagliaritane, ferme a quota due euro.
Un ragionamento a parte va fatto per i comuni di Aosta e Bologna, in quanto il loro tariffario per gli alberghi non è basato sulle categorie, bensì sul costo delle camere.
Nel caso di Aosta si parla di: 20 centesimi per prezzo medio per notte fino a 20 euro; 50 centesimi per prezzo medio per notte da 20,01 a 40 euro; 80 centesimi per prezzo medio per notte da 40,01 a 70 euro, un euro per prezzo medio per notte che vada da 70,01 a cento; 1,60 per camere i cui prezzi medi siano ricompresi nel range 100,01-150 euro; due per prezzo medio per notte da 150,01 a 200 euro e, infine, 3 euro per prezzo medio per notte superiore a 200 euro.
Nel caso del capoluogo emiliano, i distinguo sono invece soltanto tre: imposta di soggiorno pari a 3 euro se il costo della camera è inferiore a 71 euro; 4 euro per costo camera compreso tra 71 e 120,99 euro e 5 euro per stanze che costino più di 121 euro a notte. Per campeggi e ostelli la tariffa richiesta è di un 1,5 euro.
La tariffa media dell’imposta di soggiorno applicata nei bed and breakfast delle principali città del paese è di circa 2,3 euro. Chiedono nettamente meno i comuni di Ancona, Perugia e Potenza (0,50), quelli di Cagliari, Palermo e Trento (1,50 euro) e quello di Catanzaro (due euro). Al di sotto della media anche le tariffe deliberate dall’amministrazione triestina che però ha scelto, in questo caso, di fare dei distinguo dividendo queste strutture in tre categorie distinte: standard (1,20 euro); comfort (1,30 euro) e superior (1,50 euro). Anche Venezia applica tariffe differenziate che spaziano da due a cinque euro in base alla classificazione. Perfettamente in linea con la media delle altre città capoluogo Trento, con 2,3 euro. Al di sopra, invece, Genova, Milano e Napoli, con 3 euro, Roma (3,5 euro) e Firenze, con 5,5 euro.
Per quanto riguarda case e appartamenti vacanza, la città più competitiva (sempre e solo guardando alla voce imposta di soggiorno) è Aosta, con venti centesimi a persona a notte, seguita da Ancona, con 0,50 e da Perugia e Potenza (un euro). Al di sotto della media anche le tariffe applicate a Cagliari, Catanzaro, Palermo e Trento, che chiedono 1,5 euro a questa tipologia di vacanzieri. Al di sopra, invece, Torino (2,3 euro), Genova, Milano e Napoli (3 euro), Roma (3,5 euro) e Firenze, con 5,5 euro. Trieste e Venezia, anche in questo caso, hanno scelto di prevedere tariffe differenziate a seconda della tipologia di immobile e chiedono rispettivamente da 1,20 a 2,2 euro e da due a quattro euro. Nel caso di Bologna la tariffa è calcolata in proporzione al costo della camera (6%) ma non può superare il tetto massimo di cinque euro.
È Firenze la città capoluogo di regione italiana con le tariffe più alte per l’imposta di soggiorno. Nella culla del Rinascimento, sono richiesti importi più alti rispetto a tutte le altre principali città del paese per ogni singola categoria di struttura ricettiva presa in considerazione dalla recente analisi di Centro Studi Enti Locali, per Adnkronos.
L’imposta di soggiorno, ricorda Csel, viene applicata per notte di pernottamento a persona, con i seguenti correttivi (per i quali ogni contribuente deve controllare il regolamento applicativo): vengono previste spesso riduzioni ed esenzioni di natura oggettiva (ad esempio, la non applicazione dell’imposta in certi periodi dell’anno) o soggettiva (esenzioni per minori, persone a mobilità ridotta o residenti nel comune in questione) e viene normalmente previsto un periodo massimo di applicazione dell’imposta, decorso il quale non viene più applicata in base alle notti di pernottamento.
Ad oggi, sono 17 su venti le città capoluogo italiane che applicano questo tributo. Le tre che mancano all’appello sono L’Aquila, Campobasso e Bari. Quest’ultima, però, l’ha recentemente istituita (con delibera del Consiglio comunale del 25 luglio 2023) e manca all’appello soltanto l’adozione delle tariffe per iniziare a renderla applicabile. Le più moderate, al di sotto della media per ognuna delle voci ricomprese nel novero dell’analisi, sono Ancona, Cagliari, Palermo, Perugia, Potenza e Trieste. Per quanto riguarda il Comune di Venezia, sono state oggetto di analisi le cosiddette ‘tariffe base’, ovvero quelle vigenti nell’alta stagione all’interno del centro storico della città e nelle isole con principale vocazione ricettiva.
Come viene gestita la questione dell’imposta di soggiorno al di fuori dei confini nazionali? In base all’analisi Csel, guardando alle capitali degli altri quattro paesi con le economie più forti del Vecchio Continente (Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna), emerge che solo due capitali su quattro hanno deciso di tassare i turisti.
A Londra e Madrid, sebbene la discussione sia aperta, ad oggi non è stata introdotta una imposta analoga a quella di soggiorno. A Parigi per la ‘taxe de séjour’ sono attualmente in vigore tariffe di importi più modesti di quelli applicati a Roma: un eu
ro per alberghi a una stella, 1,13 euro per due stelle, 1,88 euro per i 3 stelle, 2,88 euro per i 4 stelle, 3,75 euro per i 5 stelle e 5 euro per la categoria ‘palaces’.
A Berlino l’imposta è proporzionale al costo del soggiorno ed è pari al 5% del prezzo della camera. Tuttavia, viene fatto un distinguo per i viaggi di lavoro. Sono infatti esentati dall’obbligo di versarla coloro che dimostrano di essere in città per ragioni legate allo svolgimento della propria professione.