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Trapianti, 40mila di staminali cordonali nel mondo: in Italia poche donazioni

(Adnkronos) - Ha trasformato il corso di oltre 80 malattie, tra cui leucemie, linfomi, anemie e problemi immunitari. E’ il trapianto di cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale di cui, dal 2017, si celebra la Giornata mondiale il 15 novembre. Nell’occasione, oggi a Roma, esperti del settore e famiglie hanno condiviso esperienze e testimonianze all’incontro…

(Adnkronos) – Ha trasformato il corso di oltre 80 malattie, tra cui leucemie, linfomi, anemie e problemi immunitari. E’ il trapianto di cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale di cui, dal 2017, si celebra la Giornata mondiale il 15 novembre. Nell’occasione, oggi a Roma, esperti del settore e famiglie hanno condiviso esperienze e testimonianze all’incontro ‘La rivoluzione delle cellule staminali cordonali: 35 anni dopo’, realizzato con il contributo di Sorgente, gruppo FamiCord. Attualmente – spiega una nota – sono oltre 40mila i trapianti effettuati a livello globale, ma risultano ancora poche le donazioni in Italia: un po’ meno di 7mila nel 2022, di cui meno di 400 unità conservate in una banca pubblica. 

Il primo trapianto – realizzato il 6 ottobre 1988 a Parigi da un team internazionale – ha curato Matthew Farrow, un bambino americano di 5 anni affetto da anemia di Fanconi che ha ricevuto le cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale della sorella minore Alison. Come anche nel primo caso, il trapianto di cellule staminali rappresenta una tecnica salvavita, ma è difficile trovare un donatore compatibile, anche all’interno dei registri internazionali, ed è necessario agire in tempi rapidi. “La diagnosi di anemia di Fanconi, una malattia genetica rara caratterizzata da una progressiva insufficienza del midollo osseo – spiega lo stesso Farrow – è arrivata quando avevo all’incirca due anni e mezzo di età”. All’epoca l’unica speranza era un trapianto di midollo osseo, ma in famiglia non c’era nessun donatore compatibile. I genitori pensarono a un terzo figlio.  

“Mentre mia madre era incinta di mia sorella minore, Alison – continua il primo trapiantato – si scoprì” che non era portatrice della malattia e che sarebbe stata “un donatore perfettamente compatibile”, ma per poter donare il midollo ci sarebbe servito troppo tempo. “Il team di ricercatori diretto dal dottor Hal Broxmeyer propose di utilizzare il sangue cordonale di mia sorella Alison per il mio trapianto. A febbraio del 1988 Alison nacque e il suo sangue cordonale venne raccolto, processato e criopreservato. Dopo dieci mesi, all’età di cinque anni, mi venne infuso il sangue cordonale di mia sorella minore dandomi così una seconda chance di vivere”. 

Nel cordone ombelicale che viene tagliato dopo la nascita del bambino, permane del sangue cordonale.  “Si tratta – afferma Carolina Fossati, ematologa e socio fondatore della Accademia di medicina rigenerativa (Abri) – di un’ottima risorsa alternativa per tutti quei pazienti che non trovano un donatore compatibile. Infatti, le unità di sangue cordonale donate sono disponibili a priori nelle banche nazionali e quindi utilizzabili prontamente in caso di trapianto urgente”. 

Rispetto alle cellule staminali provenienti da midollo osseo o da sangue periferico, le cordonali sono migliori “in quanto il sistema immunitario dei neonati – continua Fossati – non è ancora perfettamente sviluppato, le cellule sono più giovani, hanno una maggior capacità di autorinnovamento e differenziamento, sono maggiormente compatibili e a minor rischio di rigetto, pertanto il sangue cordonale può essere trapiantato anche in caso di non perfetta compatibilità tra ricevente e donatore, cosa invece impossibile nel caso di cellule staminali provenienti da un adulto”.  

Secondo un’indagine del Centro nazionale sangue, nel 2022, su quasi 250 mila parti avvenuti in strutture attrezzate per la raccolta – circa il 64% dei parti – le donazioni sono state poco meno di 7mila, pari al 6,3%. Purtroppo, solo il 5% dei materiali donati viene conservato in una banca pubblica (0,1% del totale). In Italia, inoltre, non è consentita, presso strutture pubbliche, la raccolta e la conservazione del sangue cordonale per i propri congiunti, tranne in caso di patologie. E’ infatti permessa solo per ‘uso altruistico’, che però nel 95% dei casi non va a buon fine non consentendo l’effettiva conservazione del campione nelle banche pubbliche. Per poter conservare il cordone ombelicale, rendendolo disponibile solo per la propria famiglia, attraverso una conservazione privata familiare, è necessario rivolgersi a banche private.  

“La raccolta del sangue del cordone ombelicale – spiega Irene Martini, Direttore scientifico Sorgente, Gruppo FamiCord – è una procedura sicura, priva di rischi sia per la mamma sia per il bambino. Una volta che il cordone ombelicale viene tagliato, viene prelevato il sangue dalla parte del cordone ombelicale collegata alla placenta, senza arrecare quindi alcun danno o disturbo al neonato. Di solito un’ostetrica qualificata raccoglie il campione utilizzando un kit di raccolta consegnato all’ospedale dai genitori, immediatamente prima del parto, che viene ritirato e trasportato al laboratorio da una persona autorizzata dalla banca”. 

“La nostra mission – aggiunge Roberto Marani, Amministratore delegato Sorgente, Gruppo FamiCord – è essere al fianco delle famiglie e di tutti coloro che soffrono di malattie gravi e debilitanti in cui la raccolta e la conservazione del sangue cordonale e del tessuto del cordone ombelicale possano costituire un salvavita. Sorgente non si pone in contrapposizione alla donazione, che abbiamo visto coinvolgere solo una percentuale inferiore all’1% dei parti, bensì come alternativa ai circa 390 mila campioni di staminali che ogni anno vengono gettati nei rifiuti biologici per i motivi più disparati e di cui quasi nessuno parla”.  

“La scienza e le testimonianze dirette di chi ha fatto ricorso a questo prezioso strumento – continua – sono però la prova concreta del fatto che buttare le staminali del cordone significa privarsi di una risorsa in più nella tutela della salute. Proprio per questo, abbiamo lanciato il ‘Donation Program’ grazie al quale offriamo alle famiglie, con un bambino che abbia una malattia in cui le cellule staminali cordonali rappresentano un’opportunità terapeutica, la possibilità di raccogliere e conservare gratuitamente il sangue cordonale alla nascita di un fratello o di una sorella e di utilizzarlo per la cura. Attualmente – conclude – siamo la più grande banca di cellule staminali in Europa e la terza al mondo in termini di campioni biologici conservati”. 

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