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Scalfari, l’anti-Berlusconi alla ‘guerra di Segrate’

(Adnkronos) - La vita di Eugenio Scalfari - morto oggi a 98 anni - si lega, indissolubilmente, a quella del giornale 'La Repubblica' e a un braccio di ferro, passato alla storia come 'la guerra di Segrate' a colpi di avvocati e carte bollate, che ha contrapposto a lungo Carlo De Benedetti a Silvio Berlusconi…

(Adnkronos) – La vita di Eugenio Scalfari – morto oggi a 98 anni – si lega, indissolubilmente, a quella del giornale ‘La Repubblica’ e a un braccio di ferro, passato alla storia come ‘la guerra di Segrate’ a colpi di avvocati e carte bollate, che ha contrapposto a lungo Carlo De Benedetti a Silvio Berlusconi per la Mondadori. E’ il 10 maggio 1988 quando De Benedetti acquisisce il controllo grazie a un’alleanza con la famiglia Formenton, erede di Arnoldo e azionista della casa editrice. Nel gennaio 1990 le forze in campo si rovesciano e Berlusconi diventa presidente del gruppo.  

Pochi giorni prima, il 13 gennaio, il fondatore del quotidiano dedica all’allora imprenditore di Arcore, ancora lontano dalla politica, il suo primo fondo ‘Mackie Messer ha il coltello ma non lo fa vedere’, un titolo preso dall”Opera da tre soldi’ di Bertolt Brecht dove il protagonista è un lestofante “che usa un folto gruppo di mendicanti per coprire e portare a buon fine le sue ruberie”, scriverà venti anni dopo nell’articolo ‘L’ultima minaccia di Mackie Messer’ per spiegare la crisi del quarto governo Berlusconi, con l’allora premier travolto dallo scandalo sul caso Ruby. 

La parziale vittoria dell’editore di ‘La Repubblica’ nel controllo della Mondadori, nel giugno 1990, spinge Scalfari ad ‘addolcire’ i toni, ma nel gennaio 1991 la Corte d’appello di Roma dà ragione a Berlusconi e nell’aprile dello stesso anno De Benedetti e Berlusconi raggiungono un accordo extragiudiziale: con la spartizione dichiarano di “non avere più nulla da pretendere reciprocamente”. Repubblica, L’Espresso e i giornali locali vanno alla Cir, mentre Panorama, Epoca e il resto della Mondadori restano alla Fininvest. L’antiberlusconismo in Scalfari torna prepotente tra la fine del 1993 e l’inizio del 1994, quando il patron di Fininvest decide di candidarsi e fondare Forza Italia.  

Il 27 gennaio 1994, il giornalista scrive un pezzo dal titolo ‘Scende in campo il ragazzo Coccodè’ in cui narra la nascita del partito “di un monopolista, sistematico contravventore delle leggi esistenti, pur tagliate su misura per lui, finanziato con i soldi del sistema bancario, cioè dei depositanti italiani”. Nel 1995 la procura di Milano avvia una serie d’inchieste su alcuni giudici romani, ipotizzando casi di corruzione giudiziaria. Tra di loro c’è anche chi ha emesso la sentenza favorevole a mister B. Tra proscioglimenti e prescrizione, il leader di Forza Italia ne esce pulito, ma Scalfari continua a scrivere contro di lui. Berlusconi “appartiene a quel genere di uomini che fanno la fortuna di un’impresa e la rovina di un paese, quel genere di uomini pericolosi per definizione”, si legge su ‘La Repubblica’ il 14 maggio 1995.  

Nella ‘guerra’ verbale c’è anche il paragone tra il politico di Arcore e Benito Mussolini. “Berlusconi è un uomo di gomma laddove Mussolini si atteggiava a uomo di ferro. Berlusconi galleggia e padroneggia la democrazia cercando di renderla invertebrata; Mussolini distrusse la democrazia”, scrive Scalfari il 22 marzo 2009. La ‘guerra di Segrate’ resta sempre sullo sfondo, nell’aprile 2004 la Cir notifica un atto di citazione alla Fininvest: chiede circa 500 milioni di euro oltre gli interessi perché sostiene che la sentenza del 1991 è frutto di corruzione e l’ha indebolita nelle trattative che hanno portato alla transazione.  

Nell’ottobre 2009 il giudice milanese Raimondo Mesiano condanna la Fininvest a risarcire la Cir, la condanna diventa definitiva nel 2013. La lunga ‘battaglia’ verbale è una costante: nel febbraio 2010, Scalfari accusa il berlusconismo di essere una “furia mirata ad abbattere lo spirito stesso della Costituzione repubblicana”. L’anno dopo parla del politico come di un uomo che “ha una concezione autoritaria della democrazia”. Eppure in un virtuale gioco della torre, nel novembre 2017 ospite della trasmissione ‘DiMartedì’, Scalfari decide di “votare Berlusconi” se alle urne avesse dovuto scegliere tra lui e Di Maio. Un tiro subito corretto: la penna del fondatore di ‘La Repubblica’ torna a graffiare contro Berlusconi.  

IL MESSAGGIO DI BERLUSCONI – “Eugenio Scalfari è stato una figura di riferimento per i miei avversari in politica. Oggi, però, non posso non riconoscergli di essere stato un grande direttore e giornalista, che ho sempre apprezzato per la dedizione e la passione per il suo lavoro”, il messaggio su Twitter del presiente di Forza Italia alla notizia della morte. 

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