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Sanità, Marini (Acoi): “Senza nuovi fondi chiudiamo le sale operatorie”

(Adnkronos) - “Durante l’emergenza Covid più volte abbiamo detto che dovevamo prendere a cuore la lezione che la pandemia aveva portato all'interno della sanità e quindi rilanciare il Ssn per non farci trovare più impreparati. La pandemia fortunatamente è alle spalle anche se ci sono ancora dei casi. Tuttavia, non vediamo quello che ci aspettavamo,…

(Adnkronos) – “Durante l’emergenza Covid più volte abbiamo detto che dovevamo prendere a cuore la lezione che la pandemia aveva portato all’interno della sanità e quindi rilanciare il Ssn per non farci trovare più impreparati. La pandemia fortunatamente è alle spalle anche se ci sono ancora dei casi. Tuttavia, non vediamo quello che ci aspettavamo, ovvero un rilancio della sanità pubblica che in alcuni settori è in gravi difficoltà dal punto di vista del personale (medico e non) e tecnologico. Dunque, il primo messaggio che dal Congresso dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani vorremmo mandare alle istituzioni è questo: rilanciamo la sanità pubblica e la chirurgia italiana, di cui siamo maestri nel mondo. Senza fondi, ovvero 4 miliardi aggiuntivi per il Ssn, sono a rischio interventi chirurgici e potremmo essere costretti a chiudere le sale operatorie”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Pierluigi Marini, direttore Chirurgia generale d’urgenza e delle Nuove tecnologie dell’ospedale San Camillo di Roma, e presidente del 41esimo Congresso Acoi, dal titolo ‘Una sfida capitale’, in programma dal 10 al 13 settembre al Centro congressi La Nuvola dell’Eur a Roma.  

“La chirurgia in questi 25 anni è cresciuta tantissimo anche grazie alla tecnologia – spiega Marini -. L’innovazione tecnologica vuol dire qualità e sicurezza nelle nostre sale operatorie e vuol dire miglioramento degli outcome clinici dei nostri pazienti che possono essere dimessi prima dall’ospedale e tornare ad essere attivi nella società”. Resta, però, il nodo “payback dispositivi medici – rimarca Marini – le Regioni vogliono indietro 3,6 miliardi di euro dalle aziende che hanno prodotto e venduto dispositivi innovativi necessari per operare. Risultato? Il rischio è che le aziende non investiranno più nel nostro Paese e dovremo acquistare dispositivi scadenti. È stato umiliante per me sentire dalle grandi aziende che l’Italia potrebbe uscire dal G7 della Salute. Noi siamo stati maestri di chirurgia in tutto il mondo e questa cosa la viviamo molto male”. (segue) 

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