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Referendum, Marini: “Da rivitalizzare con voto a distanza e quorum più basso”

(Adnkronos) - Il mancato raggiungimento del quorum per i cinque referendum sulla giustizia "si commenta da solo. E' un grande insuccesso su cui va iniziata una riflessione: i quesiti erano senz'altro troppo tecnici e l'informazione è stata carente sia sul fronte mediatico che dei partiti, che non si sono spesi adeguatamente. Ma io credo anche…

(Adnkronos) – Il mancato raggiungimento del quorum per i cinque referendum sulla giustizia “si commenta da solo. E’ un grande insuccesso su cui va iniziata una riflessione: i quesiti erano senz’altro troppo tecnici e l’informazione è stata carente sia sul fronte mediatico che dei partiti, che non si sono spesi adeguatamente. Ma io credo anche che se fossero stati formulati meglio referendum non dichiarati ammissibili, come quello sulla cannabis, la partecipazione sarebbe stata maggiore”. A commentare l’esito referendario è il costituzionalista Francesco Saverio Marini, professore ordinario di Diritto pubblico all’università di Roma Tor Vergata, che aggiunge: “Dai tassi di astensionismo in tutte le elezioni si evince una crisi della democrazia. Il referendum è un istituto che merita però di essere rivitalizzato e riformato perché avvicina il cittadino alle istituzioni e alla gestione delle politiche pubbliche”. “Andrebbe introdotta una qualche forma di voto a distanza e abbassato il quorum – suggerisce il professore di Tor Vergata – Si è per ora semplificato il momento della raccolta delle firme, con la firma elettronica, ma l’aspetto più problematico è a valle del procedimento referendario”.  

E’ tra l’altro inesatto considerare l’aspetto troppo tecnico dei quesiti sulla giustizia come unica causa della disaffezione dei cittadini alle urne e poi paragonare a riprova di questo assunto l’esito di questo referendum sulla giustizia con quello costituzionale del 2020 sulla riduzione del numero dei parlamentari. “Si tratta di situazioni troppo diverse. I referendum costituzionali hanno, infatti, una disciplina differente e non necessitano del quorum”, ricorda Marini. “Nel referendum abrogativo l’astensione può essere usata in modo strumentale, cioè per non far produrre l’effetto. In quello costituzionale, invece, non essendoci il quorum le persone sono indotte, anche qualora siano contrarie alla riforma, ad andare a votare. L’esistenza del quorum ha dunque un effetto controproducente per la partecipazione nei referendum abrogativo. Tant’è – conclude il costituzionalista – che negli ultimi 25 anni solo in un caso si è raggiunto il quorum nei referendum abrogativi”. 

(di Roberta Lanzara)
 

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