(Adnkronos) – Pandemia, crisi climatica, guerra, inflazione. Il sommarsi simultaneo di una serie di eventi terribili e imprevisti ha innescato nei primi mesi del 2022 una tempesta perfetta di cui vediamo propagarsi gli effetti giorno su giorno. Si profila all’orizzonte un pericoloso nuovo mondo in cui la democrazia è sempre più a rischio (il 40% del Pil globale arriva da Paesi non liberi), cresce la povertà alimentare, il commercio internazionale decresce e l’emergenza climatica è oramai drammatica quotidianità. Già la pandemia aveva provocato inevitabili cambiamenti e aveva aperto la strada a una nuova epoca di scarsità, ma mentre il mondo era impegnato a disinnescare la minaccia del Covid, l’invasione della Russia nei territori ucraini ha creato un effetto recessivo immediato sull’economia mondiale.
E’ lo scenario tratteggiato Rapporto Coop 2022 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Nomisma Energia, Npd. L’edizione 2022 del Rapporto è tutta orientata a interpretare l’eccezionale cambiamento dello scenario e a comprenderne gli effetti sulla vita quotidiana degli italiani. Per fare questo, oltre alle fonti di solito utilizzate, si è avvalsa di due diverse survey intitolate “What’s next?” e “An unexpected new world” condotte entrambe nella seconda parte dello scorso mese di agosto. La prima ha coinvolto un campione di 1.000 italiani rappresentativo della popolazione over 18 (18-75 anni). La seconda si è rivolta ad un panel della community del sito di italiani.coop e ha coinvolto 860 opinion leader e market maker fruitori delle passate edizioni del Rapporto. Tra questi sono stati selezionati 473 ruoli apicali (imprenditori, amministratori delegati e direttori, imprenditori, liberi professionisti e consulenti) in grado di anticipare più di altri le tendenze future del Paese.
Il Pil globale, sottolinea il Rapporto, sconta un ribasso dal +5,7% del 2021 al +2,9% previsionale del 2022 e per l’Italia, le previsioni di crescita del Pil si attestano al +3,2% per il 2022 e al +1,3% per il 2023. In un possibile, ma sempre più verosimile scenario avverso Banca d’Italia non esclude il ritorno a un Pil in negativo nel 2023 (-2%). La doppia dipendenza dell’Europa dall’area del conflitto (il gas dalla Russia e le commodities alimentari da Ucraina e Russia) hanno fatto impennare l’inflazione. In Italia il dato a doppia cifra del +7,8% nel 2022 ci fa ritornare indietro di 30 anni (era al +9,2% nel 1985) e da allora a oggi mai aveva toccato tale picco; per alcuni segmenti di consumo la macchina del tempo dei rincari segna date ancora più lontane.
Così l’incremento dei prezzi per le spese di abitazione e utenze torna ai livelli del 1980 o per i trasporti si ritorna indietro fino al 1984. 2.300 euro è la perdita media del potere d’acquisto delle famiglie stimata per il 2022, tanto peggio se si vive da soli. Sopravvissuti al Covid, dunque, ma attoniti e circospetti, perennemente in allerta gli italiani non minimizzano affatto le tensioni economiche e sociali, ma pongono al primo posto delle loro preoccupazioni l’emergenza generata dalla crisi climatica. Il 38% ritiene che il prossimo accadimento epocale sarà dovuto proprio al climate change, il 56% pensa che questa emergenza debba avere la massima priorità a livello nazionale e internazionale ed è ancora la preoccupazione ambientale ad avere il maggiore impatto sul loro stato d’animo; lo afferma il 39%, ben 11 punti percentuali in più rispetto ai timori generati dalla guerra in Ucraina.
I temi ambientali arrivano prima anche della pur temuta inflazione (almeno per il momento). Però se da un lato la larga maggioranza del campione continua a mostrare comportamenti ecologicamente corretti e fa del non spreco la propria religione, messi di fronte a una questione impellente come la ricerca di energia alternativa rispettivamente il 67% e il 40% degli intervistati opta come exit strategy solo su energia solare e eolica, e neanche uno su tre si dichiara favorevole alle centrali nucleari. D’altronde la questione energetica bussa con estrema insistenza alla porta d’Italia e d’Europa e benché sia un allarme condiviso, è un fatto che pesi tanto più sul nostro Paese dove commercialmente ma anche ideologicamente la Russia gioca il ruolo di convitato di pietra.
Se infatti il valore dell’interscambio commerciale si attesta nel 2021 su 25 miliardi di euro (+12% rispetto al 2017) e sempre nello stesso anno pre-guerra e pre-sanzioni gli investimenti diretti degli italiani in Russia ammontavano a 11,5 miliardi di euro, sono gli italiani a dichiararsi i più filoputiniani d’Europa convinti più di tutti gli altri europei che la stessa Ue e gli Usa siano i maggiori responsabili dello scoppio del conflitto (lo pensa il 27% del campione rispetto a un 20% di tedeschi e a un esiguo 5% di inglesi) e persino i maggiori ostacoli alla pace (lo afferma il 35%).