(Adnkronos) – In campo alle 20, con una qualificazione agli ottavi ancora in palio. Serbia-Svizzera è una delle partite chiave della fase a gironi dei Mondiali in Qatar ma è anche altro, uno scontro di geopolitica che va oltre i 90 minuti e chiama in causa una delle più complesse questioni irrisolte sullo scacchiere internazionale, quella del Kosovo.
Nella svizzera giocano diversi giocatori albanesi-kosovari, da Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri, e le tensioni sono sempre pronte a riesplodere quando si incrociano i tacchetti con i giocatori serbi. Il calcio è un palcoscenico in cui la frattura trova una rappresentazione plastica. La Serbia non riconosce il Kosovo, e l’ordine pubblico e lo stato di diritto a Pristina e nel resto del Paese sono garantiti dall’Onu e dalla Nato, dopo l’indipendenza proclamata nel 2008. I giocatori serbi hanno un forte sentimento nazionalista, che ostentano spesso. Nello spogliatoio, dopo la sconfitta con il Brasile, è comparsa una bandiera del Kosovo ritoccata con i colori serbi e con la scritta in cirillico ‘nessuna resa’, a ricordare quanto la questione sia sentita.
Dall’altra parte, anche se Kosovo e Albania non sono ai mondiali, ci sono i giocatori albanesi e kosovari. Un terzo della popolazione kosovara vive all’estero, in particolare tra Germania e Svizzera. E la nazionale elvetica è, in parte, anche kosovara. Xhaka e Shaqiri già in passato hanno dimostrato la loro fedeltà alla causa e lo hanno fatto proprio contro la Serbia. Alle qualificazioni per i mondiali del 2018, contro i rivali di sempre, hanno esultato riproducendo con le mani il simbolo dell’aquila albanese.
Andando ancora più indietro, e risalendo al 2014, va ricordata un’altra partita, per le qualificazioni agli Europei 2016, tra Serbia e Albania. Si gioca in un clima caldissimo allo stadio Partizan di Belgrado, dopo i duri scontri tra i tifosi fuori dall’impianto. A partita in corso, i tafferugli si spostano dentro lo stadio e la partita viene interrotta. Poi entra in scena un drone, che porta al centro del campo la bandiera della Grande Albania, con la scritta ‘Kosovo autoctono’ e la data del 1912, quella della rivolta albanese. Il difensore serbo Stefan Mitrović afferra la bandiera e fa cadere il drone, innescando una rissa a tutto campo. I giocatori albanesi si rifiutano di riprendere la partita.
Sono passati otto anni ma le tensioni in Kosovo non sono diverse. Anzi, nelle ultime settimane si sono riaccese. Il premier kosovaro Albin Kurti ha introdotto nuove norme ispirate al ‘principio di reciprocità’ con la Serbia e, tra queste, quella che vieta la circolazione delle auto con targa serba all’interno del Paese. La reazione non si è fatta attendere. Migliaia di serbi kosovari sono scesi in strada per opporsi alla legge e per chiedere la creazione di una Comunità delle municipalità serbe in Kosovo. Ancora una contrapposizione frontale, che riaccende il rischio di una nuova escalation.
Anche per questo, il palcoscenico di una partita come Svizzera-Serbia di questa sera diventa particolarmente sensibile alle vicende extra calcio. (di Fabio Insenga)