(Adnkronos) – Il ricorso ex art. 700 Cpc fatto dai migranti mentre si trovavano a bordo di Humanity 1 dopo lo sbarco dei fragili, “conferma su tutta la linea che il Governo italiano ha agito nel pieno rispetto della legalità e dei principi internazionali applicabili”. Così il marittimista Giuseppe Loffreda contattato dall’Adnkronos interpreta il ricorso e commenta: “L’operazione Sar (Search and rescue – ndr), stando a quanto affermato nello stesso documento, si sarebbe dovuta quindi concludere con la richiesta di asilo inviata dalla nave alle autorità competenti del paese di bandiera mentre Humanity 1 si trovava in acque internazionali al termine delle operazioni di recupero dei migranti”.
Il marittimista fa infatti presente che proprio la Risoluzione Imo 167/78 citata nel ricorso ex art. 700 c.p.c. stabilisce che “un luogo sicuro può essere a terra, oppure può essere a bordo di un’unità di soccorso o di un’altra nave o struttura idonea in mare che può fungere da luogo sicuro fino allo sbarco dei sopravvissuti alla loro prossima destinazione…”. E che “… è anche un luogo dove la sicurezza della vita dei sopravvissuti non è più minacciata e dove possono essere soddisfatte le loro necessità umane fondamentali (come cibo, alloggio e necessità mediche)”.
“Si tratta di un principio che vale, a maggior ragione, come ho già avuto modo di dire, per le navi Ong che sono attrezzate, equipaggiate e classificate proprio per svolgere operazioni di ricerca, soccorso e accoglienza di migranti”, prosegue. “La stessa risoluzione Imo sulle operazioni Sar citata, conferma un principio di diritto internazionale di grande rilevanza nella vicenda Humanity 1 e delle altre navi Ong, ovvero che la sovranità nazionale permette a qualsiasi stato di controllare le proprie frontiere e di escludere ingressi non autorizzati quando il passaggio della nave non sia inoffensivo, come è il caso, ad esempio – conclude – in cui si tenti di violare le norme interne in materia di immigrazione di quel paese”.