(Adnkronos) – L’accordo alla fine c’è stato, e questa è sempre una buona notizia quando si parla di mettere insieme i 27 Stati dell’Unione europea. Ma quello raggiunto dal Consiglio straordinario dell’energia sul gas è un accordo a metà, frutto di un compromesso che riduce in maniera significativa la forza della risposta alla strategia messa in campo da Putin, che da settimane ormai gioca con i rubinetti delle forniture da Mosca.
Poteva essere una svolta, è invece un cauto passo in avanti. Il piano presentato la scorsa settimana dalla Commissione europea è stato rivisto su due aspetti sostanziali. Sarà il Consiglio e non più la Commissione a decidere su eventuali obiettivi vincolanti qualora l’adesione volontaria non fosse sufficiente e l’obiettivo di riduzione dei consumi del 15% verrà adattato a ogni Paese con una serie di deroghe, considerando il livello di stoccaggio raggiunto e la possibilità di esportare il gas risparmiato in altri Paesi. Nella sostanza, c’è poco o nulla di vincolante e buona parte dello sforzo richiesto è affidato alla volontà dei singoli Stati. Il compromesso prevede che il punto di vista comune sia assicurato dal fatto che la somma delle esenzioni e delle deroghe non incida sul volume previsto del risparmio di gas. Ma raggiungere il punto di equilibrio sarà complicato.
Il passo in avanti è quello che evidenzia la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen. Grazie all’accordo trovato dal Consiglio sul piano per risparmiare gas in vista del prossimo inverno, dice, “siamo pronti ad affrontare la questione della sicurezza energetica su scala europea, come Unione”. C’è infatti la cornice che consente di inquadrare il problema non più come una somma di esigenze e di piani nazionali ma con un coordinamento che passa da Bruxelles.
La domanda che resta inevasa è quanto e come questo coordinamento possa rivelarsi efficace di fronte a un peggioramento, probabile, della situazione. Perché il sistema delle deroghe e la governance affidata al Consiglio rendono inevitabilmente meno immediate le reazioni e più complicate le mediazioni tra posizioni che sono già in partenza diverse. Pesa il livello di dipendenza dal gas russo, che è ancora consistente per Germania e Italia, e pesa al contrario la relativa tranquillità con cui altri Paesi, a partire da Francia e Spagna, guardano all’inverno. Sarebbe servito un approccio più solidale, e meno legato agli interessi particolari, che è sempre difficile da sostenere e lo diventa a maggior ragione nelle condizioni attuali.
Il rischio principale è che i passaggi burocratici finiscano per compromettere la velocità e la forza con cui l’Europa sarà capace di muoversi di fronte al ricatto di Putin. E anche Mosca, di fronte a un accordo a metà, potrebbe rafforzare ulteriormente la consapevolezza di essere in una posizione di forza. Insomma, qualcosa si è mosso ma potrebbe non bastare.
(di Fabio Insenga)