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Covid, su contagi e ricoveri in Italia. Omicron 5 è come influenza

(Adnkronos) - Sono in aumento i contagi Covid e i ricoveri in Italia dove la sottovariante BA.2 di Omicron è predominante e cresce l'onda di Omicron 5 che è al 23,15%, più contagiosa ma con sintomi che la avvicinano a un'influenza, rilevano alcuni esperti. Nel nostro Paese crescono sia l'incidenza dei casi di coronavirus sia…

(Adnkronos) – Sono in aumento i contagi Covid e i ricoveri in Italia dove la sottovariante BA.2 di Omicron è predominante e cresce l’onda di Omicron 5 che è al 23,15%, più contagiosa ma con sintomi che la avvicinano a un’influenza, rilevano alcuni esperti. Nel nostro Paese crescono sia l’incidenza dei casi di coronavirus sia l’indice di trasmissibilità Rt, secondo i dati dell’ultimo monitoraggio della Cabina di regia Iss e ministero della Salute. Ieri in Italia sono stati 16.571 i nuovi contagi (30.526 il giorno precedente) e 59 i morti (18 domenica). In aumento i ricoverati con sintomi (+187 per un totale di 4.585) e le terapie intensive (+10 per un totale di 209).  

Secondo Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), Omicron 5 “clinicamente è già un’influenza, magari con un febbrone, ma certamente non stagionale, visto che sono 9 mesi che sta circolando in maniera violenta considerati anche i decessi. Quindi possiamo parlare di ‘influenza’, ma con la dovuta cautela, Sars-CoV-2 non è andato in soffitta e la sottovariante Omicron BA.5 ci dimostra che qualche elemento di preoccupazione rimane. Non possiamo pensare che sia tutto finito”. “Ci possiamo consolare con un impatto clinico della malattia che oggi non è terribile, ma dipende dalla scelta che si vuol fare da un punto di vista politico – sottolinea lo specialista – Siamo di fronte ad un virus che ancora non ha trovato una sua stabilizzazione, continua a mutare, quindi dobbiamo ancora stare molto attenti”.  

Sull’ipotesi che Omicron 5 possa essere come un’influenza “fondamentalmente penso che sia così, in alcuni casi anche meno. Abbiamo forme di raffreddore rinforzato, naso che cola e mal di gola. In 3-4 giorni massimo in un vaccinato questa forma si risolve” dice all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, commentando quanto affermato dall’infettivologo Giovanni Di Perri: “L’ultima variante non scende quasi mai nei polmoni, viene dal Portogallo dove sta passando senza danni”. Secondo Bassetti, “siamo di fronte ad una forma simil influenzale, quindi molto contagiosa, ma se osserviamo i dati delle ospedalizzazioni nei Paesi dove BA.5 è già passata non si sono alzati, si è ricoverata pochissima gente”. “Ci dobbiamo abituare a vedere situazioni come quella che stiamo vivendo oggi, ovvero l’aumento dei contagi, le avremo sempre – rimarca lo specialista – Dopo di che, è utile indicare ogni giorno in Italia chi è positivo ad un tampone? No. Creiamo solo insicurezza. Abbiamo le armi per affrontare questa infezione e dobbiamo guardare avanti”.  

“Covid ormai un’influenza Non credo che i tempi siano ancora maturi per dirlo e per arrivare a una gestione ordinaria. Resto cauto vista la comparsa sulla scena di una nuova sottovariante, la Omicron 5, che potrebbe darci qualche problema”. A dirlo all’Adnkronos Salute è Massimo Galli, già direttore del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano. “Posso condividere con alcuni colleghi – spiega – la valutazione che la malattia sta diventando meno impattante sulle strutture sanitarie. Abbiamo una malattia meno patogena, ma questo non vuol necessariamente dire che il virus si è ‘rabbonito’. Ci sono infatti anche tanti vaccinati e questo potrebbe rendere difficile al virus portare alla malattia grave”. Per Galli, dunque, “abbiamo ancora bisogno di cautela, perché ogni volta che arriva una nuova variante diffusiva è evidente che ci sarà anche un numero importante di infezioni. E ogni volta che abbiamo tanti casi, per quanto la malattia abbia meno impatto, il rischio di vedere gli ospedali in difficoltà non può essere escluso. In ogni caso una percentuale, seppure piccola, si ammala in maniera più grave. E se i casi sono tanti, il numero assoluto delle persone che si ammala cresce”.  

La sottovariante Omicron 5 di Sars-CoV-2 “dà una patologia simil-influenzale e come tale dobbiamo trattarla: nessun isolamento” nemmeno in caso di positività, “solo precauzioni per evitare la trasmissione” ribadisce all’Adnkronos Salute Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, d’accordo con chi paragona a un’influenza mutanti come Omicron 5, sulla base della sintomatologia Covid rilevata nei Paesi a maggiore diffusione, fra cui il Portogallo. “Se questa variante, com’è probabile, non verrà soppiantata da un’altra associata a diversa patologia, possiamo stare tranquilli”, rassicura l’esperta. 

“Covid-19 è Covid-19 e influenza è influenza. Non sono uguali – spiega all’Adnkronos Salute l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’Università del Salento – Il carico di malattia e l’impatto sulle strutture sanitarie causato dall’ondata di Omicron lo scorso inverno è stato maggiore di quello causato da una stagione influenzale. In più non conosciamo ancora il carico dovuto al Long Covid. Quindi meglio non confondere le due patologie”. Un altro elemento che l’esperto sottolinea è l’importanza, che permane, delle misure di contenimento: “L’influenza è una patologia importante che finalmente abbiamo tenuto sotto controllo grazie ad una maggiore copertura vaccinale e all’uso diffuso di mascherine. Perché mai dovremmo rinunciare a queste misure di controllo?”, chiede Lopalco. 

“E’ vero, la gran parte della replicazione” delle nuove sottovarianti di Omicron come Omicron BA.5 “avviene nelle prime vie aeree”, quelle superiori, “ma questo virus non si è ancora completamente raffreddorizzato. Ci sono anche casi di polmonite e di polmonite interstiziale” e quindi “non è assolutamente da sottovalutare” dice all’Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’università Statale di Milano, definendo un “messaggio distraente” quello che paragona a un’influenza mutanti di Sars-CoV-2 come Omicron 5, sulla base della sintomatologia rilevata nei Paesi a maggiore diffusione fra cui il Portogallo. “Siamo di fronte a un normale, tendenziale adattamento evoluzionistico” del coronavirus pandemico, spiega il medico. “Una serie di mutazioni che vanno in una direzione vantaggiosa, di un quadro clinico in generale più tranquillo, però grazie anche – e dobbiamo dirlo – al contributo della vaccinazione, del gran numero di soggetti vaccinati”. E’ anche in virtù di questo fattore, tiene a puntualizzare il direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi, che “l’organismo colpito riesce a evitare una replicazione virale più profonda e più ampia”.  

OMICRON 5 SORVEGLIATA SPECIALE – Intanto la sottovariante Omicron BA.5 “rimane una ‘sorvegliata speciale'”. Lo evidenzia in una nota l’Inmi Spallanzani di Roma, ritornando sulla visita che l’Organizzazione mondiale della sanità ha fatto in Istituto nazionale malattie infettive alcuni giorni fa. “Nell’incontro tenutosi allo Spallanzani tra la direzione dell’Istituto e la rappresentanza Oms è stato fatto il punto sulla circolazione delle varianti Omicron nel mondo. E’ emerso come, in molti Paesi, si stia osservando un significativo incremento della sottovariante BA.5, che sta rapidamente sostituendo la precedente BA.2. Paesi come il Sud Africa hanno per primi sperimentato l’ondata da BA.5, al momento già in discesa, con un forte aumento dei contagi, ma un limitato impatto sulle ospedalizzazioni”, sottolinea lo Spallanzani.  

“E’ stato comunque osservato che il Sud Africa, come già verificatosi con BA.1 e BA.2, potrebbe non fornire dati totalmente rappresentativi della realtà europea, visto il differente contesto dell’immunità naturale e vaccinale della popolazione – continua la nota – Sempre nel corso della riunione con Oms, è stata sottolineata invece la maggiore importanza, in chiave di previsione dello scenario italiano, dei dati che arrivano dal Portogallo, Paese con una situazione epidemiologica più simile a quella dell’Italia, in cui sembra già di vedere una tendenza al plateau di BA.5”. 

Per questo dagli specialisti dell’Inmi arriva un messaggio: “Non vi sono al momento avvisaglie di una maggiore gravità clinica delle nuove varianti BA.4 e BA.5, anche tenendo conto che la differenza genetica rispetto a BA.2 è di poche mutazioni chiave – rimarcano gli esperti – Va comunque detto che, come già osservato con BA.1 e BA.2, un aumento dei casi legato alla maggiore trasmissibilità e al maggiore escape immunitario delle nuove varianti potrebbe tradursi in un limitato e transitorio aumento di ospedalizzazioni”. 

LO STUDIO, MENO EFFETTI A LUNGO TERMINE CON OMICRON RISPETTO A DELTA – La variante Omicron di Sars-CoV-2 potrebbe dare meno effetti a lungo termine, il Long Covid, rispetto a quanto ha fatto in precedenza la Delta. E’ quanto emerge da uno studio del King’s College di Londra, pubblicato su ‘The Lancet’, con i dati monitorati dalla piattaforma ‘Zoe Health Study’. La ricerca è stata sottoposta a revisione tra pari ed è la prima sulle differenza nel Long Covid tra varianti diverse.  

Il lavoro ha analizzato 56.003 casi di adulti nel Regno Unito risultati Covid-positivi per la prima volta tra il 20 dicembre 2021 e il 9 marzo 2022, quando Omicron era il ceppo dominante. I ricercatori hanno poi confrontato questi dati con 41.361 positivi tra il primo giugno 2021 e il 27 novembre 2021, con Delta prevalente. Ebbene, l’analisi ha evidenziato che il 4,4% dei casi Omicron aveva poi avuto anche un Long Covid, mentre con Delta era il 10,8%. Tuttavia, il numero assoluto di persone positive che hanno avuto conseguenze dall’infezione era più alto quando Omicron è stata la variante dominante.  

Secondo Claire Staves, autrice principale dello studio, “la variante Omicron sembra avere sostanzialmente una probabilità inferiore di causare un Long Covid rispetto alle varianti precedenti, ma abbiamo ancora una persona su 23 che contrae la malattia e continua ad avere sintomi per più di 4 settimane. E’ importante quindi continuare a sostenere queste persone a casa, al lavoro e all’interno della sanità pubblica”.  

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