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Conti pubblici, Istat: nel 2022 deficit all’8% per impatto Superbonus

(Adnkronos) - Nel 2022 l’economia italiana ha registrato una crescita decisa, ma inferiore rispetto a quella del 2021. Lo comunica l'Istat spiegando che il Pil è cresciuto in volume del 3,7% mentre ai prezzi di mercato è stato pari a 1.909,154 miliardi di euro, con un aumento del 6,8% rispetto all’anno precedente. Meno di quanto…

(Adnkronos) – Nel 2022 l’economia italiana ha registrato una crescita decisa, ma inferiore rispetto a quella del 2021. Lo comunica l’Istat spiegando che il Pil è cresciuto in volume del 3,7% mentre ai prezzi di mercato è stato pari a 1.909,154 miliardi di euro, con un aumento del 6,8% rispetto all’anno precedente. Meno di quanto prevedevano le stime diffuse il 31 gennaio scorso che indicavano una crescita dell’economia del 3,9%.  

Nel 2022 il rapporto deficit/Pil italiano è stato pari a -8,0%, a fronte di un deficit che nel 2021 era stato del 9,0%. Il dato sul deficit per gli anni 2020 e 2021 è stato rivisto a seguito del cambiamento introdotto nel trattamento contabile dei crediti di imposta, ovvero per il computo dell’impatto del Superbonus. Di qui una revisione peggiorativa rispettivamente di -0,2 punti per il 2020 e di -1,8 punti percentuali per il 2021. Il nuovo calcolo porta così il deficit 2020 al 9,7% del Pil (dal 9,5% stimato a settembre scorso) e quello 2021 al 9,0% (dal 7,2% stimato a settembre). In valore assoluto l’indebitamento per il 2022 è di -153.447 milioni di euro, in diminuzione di circa 7,8 miliardi rispetto a quello dell’anno precedente, conclude l’Istat.  

PIL IN CRESCITA – Dal lato della domanda interna nel 2022 si è registrato, in termini di volume, un incremento del 9,4% degli investimenti fissi lordi e del 3,5% dei consumi finali nazionali. Per quel che riguarda i flussi con l’estero, le esportazioni di beni e servizi sono salite del 9,4% e le importazioni del 11,8%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito positivamente alla dinamica del Pil per 4,6 punti percentuali, mentre l’apporto della domanda estera netta è stato negativo per 0,5 punti e quello della variazione delle scorte per 0,4 punti. Il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume del 10,2% nelle costruzioni e del 4,8% nelle attività dei servizi. Si rilevano invece contrazioni dell’1,8% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dello 0,1% nell’industria in senso stretto. 

BOOM SPESA TEMPO LIBERO – Sono i consumi del tempo libero, dagli hotel alla ristorazione, passando per i servizi ricreativi e culturali, ad avere fornito un apporto decisivo alla crescita del Pil italiano nel 2022. L’onda lunga dei consumi inespressi durante la pandemia e l’impatto dell’inflazione mostrano come la spesa per consumi di beni è aumentata del 2,4% e quella per servizi dell’8,8%. Ma l’aumento dei prezzi giustifica anche gli incrementi più significativi, in volume, che si rilevano nelle spese per alberghi e ristoranti (+26,3%), per ricreazione e cultura (+19,6%) e per vestiario e calzature (+14,8%). Invece l’Istat registra variazioni negative nelle spese per alimentari e bevande non alcoliche (-3,7%), per istruzione (-1,2%) e per servizi sanitari (-0,4%). 

CRESCE DOMANDA INTERNA – “A trascinare la crescita del Pil (+3,7%) – spiega l’Istituto – è stata soprattutto la domanda nazionale al netto delle scorte, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi negativi. Dal lato dell’offerta di beni e servizi, il valore aggiunto ha segnato crescite nelle costruzioni e in molti comparti del terziario, mentre ha subito una contrazione nell’agricoltura”. “La crescita dell’attività produttiva si è accompagnata a una espansione dell’input di lavoro e dei redditi” continua il commento che evidenzia che “il rapporto tra l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche e il Pil ha registrato un miglioramento rispetto al 2021” anche se – si ricorda – “il valore dell’indebitamento è stato rivisto a seguito del cambiamento introdotto nel trattamento contabile dei crediti di imposta”. 

PRESSIONE FISCALE SALE AL 43,5% CON BOOM ENTRATE – Per via di un aumento delle entrate totali delle Amministrazioni pubbliche (cresciute del 7,9% rispetto all’anno precedente e con una incidenza sul Pil pari al 48,8%) nel 2022 la pressione fiscale nel nostro paese è salita al 43,5%, in aumento di 0,1 punti rispetto all’anno precedente (ma di 1,3 sul 2019), per effetto della crescita delle entrate fiscali e contributive (+7%) superiore rispetto a quella del Pil a prezzi correnti (+6,8%).  

I dati appena diffusi dall’Istat mostrano che le entrate correnti hanno registrato un aumento del 7,1%, attestandosi al 47,9% del Pil. In particolare, le imposte dirette sono cresciute dell’8,5%, principalmente per l’aumento dell’IRPEF e dell’IRES. Le imposte indirette hanno registrato una crescita anch’essa marcata (+6,3%), con aumenti significativi del gettito IVA – sostenuto dall’incremento dei prezzi al consumo – dell’IRAP e dell’imposta sul Lotto e lotterie. In calo, invece, l’imposta sull’energia elettrica per effetto della riduzione delle aliquote di alcune accise. In crescita rispetto al 2021 risultano anche i contributi sociali effettivi (+6,4%), la produzione vendibile e per uso proprio (+7,9%) e le altre entrate correnti (+7,9%). 

L’aumento delle entrate in conto capitale (+77,5%) è dovuto principalmente alla crescita delle altre entrate in conto capitale e, in particolare, dei contributi agli investimenti dall’Unione europea relativi al PNRR. Sul fronte uscite, quelle totali delle Amministrazioni pubbliche sono invece aumentate del 5,9% e in rapporto al Pil sono pari al 56,8%. Al loro interno, le uscite correnti sono cresciute del 7,1% principalmente per la dinamica degli interessi (+30,6%, era +11,1% nel 2021), dei consumi intermedi (+4,5%) e dei redditi da lavoro dipendente (+5,8%) che risentono della contabilizzazione dei rinnovi contrattuali nel settore pubblico. Registrano +2,3% le prestazioni sociali in denaro per via dell’incremento della spesa per pensioni e rendite del 3,6% e di una riduzione dell’1,2% della spesa per le altre prestazioni sociali in denaro, in buona parte determinata dal significativo calo degli assegni di CIG (-81,5%). In crescita anche le altre uscite correnti (+18,9%), soprattutto per l’aumento dei contributi alla produzione. Questi ultimi includono la registrazione dei crediti di imposta per le spese energetiche. 

 

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