(Adnkronos) – L’immunoterapia segna un gol decisivo contro il cancro dell’utero, per la precisione contro i tumori dell’endometrio, che coprono la quasi totalità delle neoplasie del corpo uterino. Dostarlimab, un anticorpo monoclonale anti Pd-1 approvato un paio di settimane fa in Italia, primo Paese europeo ad autorizzarlo, promette di riattivare le naturali capacità di difesa in quasi un terzo delle circa 10mila pazienti che ogni anno in Italia ricevono una diagnosi di carcinoma endometriale: quelle il cui cancro presenta una particolare struttura molecolare associata alla mancata correzione degli errori di replicazione del Dna (tumori dMMR/MSI-H). Fra queste, 6 su 10 trattate con il nuovo farmaco dopo fallimento della chemioterapia mantengono il controllo della malattia per oltre 2 anni. “Una svolta”, assicurano gli esperti oggi a Milano durante un incontro promosso da Gsk, perché finora dopo il flop della chemio non restavano chance di cura.
“Dopo il trattamento di prima linea con carboplatino e taxolo, le linee guida internazionali ci dicono che una seconda linea non esiste. Ora invece c’è”, afferma Nicoletta Colombo, docente di ginecologia e ostetricia all’Università di Milano Bicocca, che parla di “novità eccezionale”. Secondo i risultati più recenti dello studio Garnet presentati all’ultimo Congresso Asco di Chicago, l’appuntamento più atteso dall’oncologia medica mondiale, “dostarlimab mostra un tasso di risposta rapido ed estremamente elevato nelle pazienti con dMMR/MSI-H – conferma la specialista – Ma soprattutto, cosa ancora più interessante, con il follow-up prolungato si è visto quanto queste risposte siano durature, con un impatto decisivo sulla sopravvivenza libera da progressione di patologia”. Il beneficio permane “per molti molti mesi”, quanti esattamente non si sa ancora perché “nello studio la mediana non è stata raggiunta e dunque – sottolinea Colombo – possiamo anche avere la speranza che qualcuna delle pazienti trattate possa guarire”.
“Siamo a una svolta sicuramente”, dichiara Maria Sofia Rosati, direttore medico oncoematologia di Gsk. “Fino a un paio d’anni fa – ricorda – il tumore dell’endometrio nelle fasi avanzate era una malattia orfana di possibilità di trattamento. Le donne che progredivano alla prima terapia erano senza speranze di cura e di poter prolungare la propria sopravvivenza. L’immunoterapia ha dato alle pazienti con tumore dell’endometrio avanzato la capacità di ‘risvegliare’ un sistema immunitario ‘addormentato’ dalla stessa attività tumore che, ‘mascherato’ da cellula sana, si era reso irriconoscibile alla sorveglianza delle nostre cellule di difesa. Dostarlimab, in particolare, permette a queste donne non solo di allungare in maniera molto significativa la loro sopravvivenza, ma anche e soprattutto di avere una qualità di vita sostanzialmente garantita”. (segue)
Dostarlimab si somministra per infusione endovenosa. Tecnicamente è un inibitore del checkpoint immunitario che si lega al recettore di morte programmata Pd-1 sui linfociti T, ripristinando l’attività anticancro di questi ‘soldati’ del sistema immunitario. Da un anno veniva offerto gratuitamente alle pazienti eleggibili grazie a un programma early access di Gsk, e adesso l’Agenzia italiana del farmaco Aifa ne ha ufficializzato la rimborsabilità per l’uso “in monoterapia per il trattamento di pazienti adulte affette da carcinoma endometriale avanzato o ricorrente, con deficit del sistema di Mismatch Repair (dMMR)/elevata instabilità dei microsatelliti (MSI-H), progredito durante o dopo un precedente trattamento con un regime a base di platino”. Il prossimo passo sarà capire se questa indicazione potrà essere ampliata, e soprattutto se anticipare l’inizio trattamento: “Attendiamo con ansia i risultati dello studio Ruby su dostarlimab in prima linea, attesi entro la prima metà del 2023”, prevede Rosati.
Intanto i relatori insistono sulla necessità di individuare già dalla diagnosi di cancro le donne con tumori dell’endometrio dMMR/MSI-H: “Le linee guida lo prevedono, ma molto spesso non viene fatto – segnala Colombo – Basta un’indagine istochimica accessibile e non molto costosa”, utile non solo a identificare le pazienti che possono avere i maggiori vantaggi dalla nuova immunoterapia ‘su misura’, ma anche a “svelare un’eventuale sindrome di Lynch pianificando programmi di prevenzione mirati all’intera famiglia”, trattandosi di una condizione genetica caratterizzata da una mutazione ereditaria che aumenta le probabilità di diversi tumori fra cui quello al colon-retto. Contro questo big killer lo stesso dostarlimab ha prodotto una risposta del 100% in prima linea in un piccolo studio illustrato al meeting Asco. “Una bella sorpresa, da confermare”, commenta Rosati.
Sensibilizzare sui profili genetici a rischio cancro è fra le missioni di Acto Onlus, associazione pazienti dedicata ai tumori ginecologici, che oggi festeggia “una rivoluzione epocale contro queste neoplasie. Dopo i successi della medicina personalizzata nella cura del tumore ovarico – rimarca la presidente di Acto, Nicoletta Cerana – accogliamo con entusiasmo l’approvazione di dostarlimab che apre nuove speranze di vita non solo per ogni donna che sta lottando contro un tumore avanzato dell’endometrio, ma anche per suoi cari. Non bisogna mai dimenticare il dramma che un tumore femminile rappresenta per l’intero nucleo familiare. In questo senso, un farmaco che lo cura può essere considerato un ‘farmaco per la famiglia’”.