(Adnkronos) – E’ stata una delle misure più discusse durante il governo Draghi. Il Superbonus 110%, misura di bandiera dei Cinquestelle introdotta dal governo Conte II, ha avuto fin da subito un’esistenza controversa. Ha avuto sicuramente il merito di sostenere il settore edilizio, e di conseguenza di dare un contributo alla crescita del Pil, e anche quello di migliorare lo stato di tanti immobili. Ma, per come è stato formulata, ha anche creato uno spazio grigio in cui si sono consumate truffe e appropriazioni indebite. Non solo. Viste le procedure e i requisiti per accedere, ha anche inevitabilmente avvantaggiato le fasce di reddito più alte. E questo dipende soprattutto dalla capacità di spesa per far fronte a lavori di ristrutturazione.
Oggi, il nuovo governo a guida Giorgia Meloni si appresta a cambiare, per correggere alcune di queste distorsioni ma anche per ridurre il peso dell’operazione per le casse dello Stato, considerato che tra il 2020 e il 2021 è costato, più o meno, 25 miliardi di euro.
La maxi detrazione per gli interventi di ristrutturazione, stando alle ultime indiscrezioni, passerà dal 110% al 90% del loro valore ma sarà estesa anche a una categoria di immobili, le abitazioni unifamiliari abitualmente definite ‘villette’, che sarebbero state escluse, secondo l’ultima manovra del governo Draghi, dal gennaio 2023. Ci saranno comunque dei vincoli: potranno usufruirne i proprietari di prime case e entro una soglia di reddito, ancora da stabilire, calcolata in base al quoziente familiare.
Per capire le ragioni di questa decisione è utile ricordare cos’è il Superbonus. E’ la somma dei precedenti ecobonus e sismabonus e riconosce ai proprietari di immobili residenziali una detrazione del 110 per cento per spese effettuate per miglioramenti dell’efficienza energetica e della sicurezza sismica. Il meccanismo per il recupero delle somme prevede diverse opzioni: in dichiarazione dei redditi, ma dipende da quanto imponibile c’è da compensare, tramite sconto in fattura, o tramite cessione del credito d’imposta.
Proprio il meccanismo di cessione del credito ha creato un cortocircuito difficile da gestire. Restano in questo senso le durissime parole spese da Mario Draghi nelle comunicazioni in Parlamento, poco prima delle sue dimissioni. “Il problema non è il superbonus ma i meccanismi di cessione che sono stati disegnati. Chi li ha disegnati senza discrimine e senza discernimento, lui, lei o loro, sono i colpevoli di questa situazione in cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti. Ora bisogna riparare al malfatto, bisogna tirare fuori dai pasticci quelle migliaia di imprese che si trovano in difficoltà”. E questo è un problema che va ancora risolto.
C’è un altro fattore che ha contribuito a creare distorsioni. Il fatto che l’operazione sia a prezzo ‘zero’, perché interamente detraibile, impedisce al mercato di funzionare secondo la legge elementare della domanda e dell’offerta. Il risultato è stato un aumento generalizzato dei prezzi e una proliferazione di nuove, e spesso improvvisate, imprese edili nate proprio per sfruttare l’onda lunga del superbonus. Tra queste, e insieme ad altre già presenti sul mercato, quelle che hanno fatto truffe ai danni lo Stato. Sono talmente tante che il valore complessivo stimato da Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate supera 5,6 miliardi di euro. (di Fabio Insenga)