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Calamani (Aisico): “Bus elettrici? Pesano troppo e guardrail non li contengono”

(Adnkronos) - "Un incidente come quello del bus a Mestre, nel quale hanno perso la vita 21 persone potrebbe non avere responsabili. Non c'è infatti alcun obbligo per un gestore di strade di adeguare le barriere agli standard moderni, ce n'è solo uno generico indicato dal Codice della Strada di tenere in ordine l'arteria. Il…

(Adnkronos) – “Un incidente come quello del bus a Mestre, nel quale hanno perso la vita 21 persone potrebbe non avere responsabili. Non c’è infatti alcun obbligo per un gestore di strade di adeguare le barriere agli standard moderni, ce n’è solo uno generico indicato dal Codice della Strada di tenere in ordine l’arteria. Il problema di queste barriere è che, per come sono le barriere oggi in Italia e per come è fatta la norma, dobbiamo solo essere contenti che incidenti così catastrofici si verifichino ogni 10 anni, considerato quello che ad Avellino costò la vita a 40 persone”. A parlare all’Adnkronos è Stefano Calamani, ceo di Aisico, associazione leader in Europa nel campo della sicurezza stradale e nelle prove di crash test. 

“Adesso c’è la mania dei veicoli elettrici, i quali però hanno due problemi – spiega – il primo è che pesano di più e hanno un baricentro spostato e più è alto, che facilita la tendenza di un veicolo a ribaltarsi. Le barriere, anche quelle nuove, non sono adeguate per contenere queste masse. Non solo. Le batteria rischiano di prendere fuoco e le fiamme delle batterie sono quasi impossibili da spegnere. Per non considerare gli autobus a due piani, che non possono essere contenuti da nessuna barriera al mondo: se sbattono contro una barriera vanno di sotto”. Ecco perché, aggiunge Calamani, “se vogliamo trovare un responsabile di questa tragedia è lo Stato, questo è il classico delitto di Stato, perché ormai, in tutta Europa, sulla sicurezza stradale non si sta facendo più nulla. I veicoli che vengono oggi immessi su strada, per la loro altezza e per il loro peso, a causa soprattutto delle batterie elettriche, sono veicoli molto più difficili da contenere rispetto a quelli previsti dalla norma e certificabili dopo una prova di crash. I veicoli che circolano su strada sono totalmente diversi da quelli previsti dalle norme. il veicolo che testiamo è adeguato agli standard di 30 anni fa, oggi non va più bene. Sia la norma italiana che quella europea sono ferme agli inizi degli anni Novanta. C’è un immobilismo che fa paura”. 

Ma che caratteristiche deve avere un guardrail per essere sicuro?  

“Per fare un prodotto che rispetti le norme, bisogna fare delle prove di crash reali con macchine e mezzi pesanti veri che sbattono contro le barriere. Nel caso di tir o bus il test passa se la barriera riesce a contenerlo, in caso di un veicolo leggero se non ci sia un contraccolpo troppo violento per l’occupante del veicolo: facendo le stesse prove con macchine vecchie e nuove, le prime si comportano meglio. Questo perché il settore auto punta sulla rigidezza della scatola e lo scontro è violentissimo. Su questo siamo in difficoltà perché i clienti ci chiedono di fare la prova utilizzando macchine vecchie di 30, 35 anni che nemmeno si trovano più. Ecco la totale inadeguatezza della normativa. Un guardrail deve essere in grado di contenere mezzi che effettivamente circolano su strada oggi; non deve essere devastante per la macchina”.  

Italia detentore della maglia nera. “Noi facciamo circa 250 prove l’anno: se si tratta di fabbricanti italiani, la percentuale di insuccesso è molto alta perché si punta a barriere più leggere possibili, al limite di superare la norma, perché meno costano e più è facile vincere le gare che vanno al massimo ribasso. Gli italiani che testiamo solo il 20% del totale, il restante è mercato estero. Un prodotto che si immette sul mercato deve passare delle prove: nel caso degli italiani – conclude il Ceo di Aisico – i prodotti immessi sul mercato superano il test dopo sette, otto volte. Con il risultato che una barriera fatta oggi è molto meno sicura di una realizzata 30 anni fa”. (di Silvia Mancinelli) 

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