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Bruciata viva dall’ex, così è rinata Maria Antonietta Rositani

(Adnkronos) - "Rischiavo la sedia a rotelle, ora posso rincorrere la mia nipotina. E pur fra mille difficoltà e problemi, e un percorso ancora lungo davanti a me, sono felice". Maria Antonietta Rositani, vittima di violenza da parte dell'ex marito, racconta così la sua rinascita, grazie alla cura gratuita delle cicatrici da ustione con il…

(Adnkronos) – “Rischiavo la sedia a rotelle, ora posso rincorrere la mia nipotina. E pur fra mille difficoltà e problemi, e un percorso ancora lungo davanti a me, sono felice”. Maria Antonietta Rositani, vittima di violenza da parte dell’ex marito, racconta così la sua rinascita, grazie alla cura gratuita delle cicatrici da ustione con il Progetto ‘RigeneraDerma’. Dagli occhi lucidi della donna calabrese traspaiono coraggio e determinazione: la sua forza, e l’affetto della famiglia, le hanno permesso di riprendersi la sua vita, dopo la terribile aggressione subita. Nel 2019 l’ex marito l’ha cosparsa di benzina e le ha dato fuoco: Maria Antonietta si è risvegliata in terapia intensiva, sospesa fra la vita e la morte, con ustioni sul 50% del corpo.  

Ha trascorso 20 mesi in ospedale e subìto decine di interventi chirurgici. “Il contatto e il calore della mano di mio padre, che mi è stato vicino fra tante difficoltà e sacrifici, mi ha permesso di affrontare i dolori atroci” di quei mesi difficilissimi. Oltre al dolore, le ustioni sugli arti inferiori, con fibrosi estese e profonde, le rendevano quasi impossibile muovere le gambe. Rischiava la sedia a rotelle. Maria Antonietta non si è mai arresa. “Il 12 marzo del 2019 non sono morta, ma è cominciata per me una nuova vita. E’ stata una lunga lotta, la mia. Lo dovevo ai miei figli e lo devo anche alle altre donne che possono trovarsi nella mia situazione”, dice all’Adnkronos Salute.  

Oggi racconta la sua rinascita, come l’Araba Fenice dalle ceneri. “Sono diventata simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, mi batto perché non ci siano altre Maria Antonietta Rositani e mi sento portavoce di tutte quelle donne che non ci sono più. Io mi sono salvata, ho conosciuto il male, ma al contempo ho scoperto l’altro lato della medaglia: ho ricevuto l’affetto e il sostegno di tante persone che hanno aiutato me e la mia famiglia. Le donne vittime di violenza vanno aiutate concretamente. Vorrei che tutte potessero avere le stesse opportunità che ho avuto io”, sottolinea. Maria Antonietta si è sottoposta, gratuitamente, al trattamento per le cicatrici da ustione con Biodermogenesi, metodologia 100% made in Italy per la rigenerazione dei tessuti cutanei. I risultati delle cure sono stati presentati nel corso del I congresso di Benessere sanitario e sociale, che si è appena concluso a Isola delle Femmine, Palermo.  

“Abbiamo documentando le tre fasi del trattamento, iniziale, intermedia e finale, utilizzando tre strumenti: foto, l’aspetto macroscopico, ovvero quanto visibile a occhio nudo, e l’ecografia – spiega Salvatore Marafioti, chirurgo e medico estetico ch ha accompagnato la Rositani nel percorso di cura – Già dopo poche sedute con Biodermogenesi abbiamo riscontrato una maggiore elasticità cutanea che permetteva alla signora Rositani un maggiore movimento degli arti. Il miglioramento riguardava anche la texture della pelle: colore, morbidezza, lucentezza”. E “grazie all’ecografia – prosegue – abbiamo osservato che tutti gli strati cutanei, persino quello muscolare, hanno ottenuto un miglioramento. In alcune zone abbiamo rilevato la comparsa del reticolo venoso superficiale e la ricrescita dei peli. Un risultato – sottolinea – che ci ha sorpresi”.  

Per la donna, l’infiammazione dei tessuti a più livelli era “come un palazzo in fiamme dal primo all’ultimo piano. Ebbene, grazie ai trattamenti con questa metodologia, l’incendio è stato spento”, chiosa Marafioti. “Nella paziente la fibrosi era talmente estesa e profonda da compromettere anche la normale attività muscolare delle gambe, rendendo difficoltoso camminare regolarmente. La rimozione delle fibrosi ha liberato i muscoli e adesso la paziente si muove con maggiore autonomia, arrivando anche a poter fare brevi corse”, afferma Maurizio Busoni, ricercatore, docente al master di Medicina estetica dell’Università di Camerino e dell’Università di Barcellona e responsabile del Progetto pro bono RigeneraDerma.  

“Ho conosciuto il professor Busoni e Biodemogenesi – racconta Rositani – al premio Women for Women against Violence – Camomilla Award, dove era stata raccontata la storia di Filomena Lamberti, un’altra donna vittima di violenza, sfregiata dal marito con l’acido. Ho visto come Filomena è rinata grazie alle cure e ho capito che avevo anche io una possibilità. Devo molto a loro e alle associazioni come Wall of Dolls, con il loro sostegno riesco a pagarmi le creme”. Per lei le creme sono come farmaci ‘salva-vita’, “ma la sanità pubblica non le passa, le considera cosmetici. Spendo circa 800 euro al mese per le creme, senza l’aiuto delle associazioni non potrei”.  

Le associazioni sono state fondamentali nel percorso di rinascita della donna calabrese. “Quando ero in ospedale, ero assistita e curata, mi sentivo protetta – racconta – ma una volta fuori, non c’è nessun tipo di assistenza. Ho dovuto arrangiarmi, curarsi adeguatamente con la pensione d’invalidità è praticamente impossibile”. 

Non solo. “Lo Stato prevede un indennizzo, che mi è stato erogato dopo 4 anni. Ho potuto pagare ben poca parte dei debiti che mio padre prima e poi io abbiamo fatto per permettermi di sopravvivere. Quest’indennizzo deve essere dato subito alle donne vittime di violenza – è l’appello di Maria Antonietta – per permettere loro di riprendersi la propria vita. Diamo dignità alle persone, la dignità è salute”.  

Maria Antonietta, Filomena e, come loro, tante altre donne aggredite, maltrattate, sfregiate. Il 14 novembre, sempre con RigeneraDerma, inizierà il percorso terapeutico di un’altra donna simbolo della violenza di genere: Pinky, la ragazza di origine indiana, nata e residente in Italia, che è stata aggredita con un combustibile e poi con le fiamme dall’ex marito, davanti ai figli di 2 e 5 anni. Il progetto, che ha come partner l’Università di Verona, offre a 500 persone che non possono permetterselo, la cura gratuita delle cicatrici. Oltre alle donne vittime di violenza, è aperto a persone di entrambi i sessi, economicamente svantaggiate.  

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