(Adnkronos) – Giuseppe Bono era Fincantieri. E Fincantieri è stata Giuseppe Bono per vent’anni e più, visto che quello che l’impresa è oggi coincide con quello che il manager ha costruito. Difficile trovare nella storia dell’industria italiana una fusione così totalizzante tra un uomo e l’impresa per cui ha lavorato. Chiunque ne abbia potuto parlare direttamente con lui, a prescindere dalle interviste e dalle dichiarazioni ufficiali, ha potuto percepire l’adesione incondizionata, identitaria, al suo ruolo di capoazienda.
Quando parlava di commesse ottenute, o di quelle da inseguire, così come quando parlava degli uomini che lavoravano per lui, teneva insieme una determinata affermazione del proprio potere, che molti hanno raccontato anche per i caratteri di una durezza a tratti anche rivendicata, con una insistita professione di appartenenza alla causa.
Bono considerava Fincantieri casa sua, con i pregi e i difetti che ne derivano. A chi sosteneva che vent’anni alla guida della stessa grande azienda fossero un’anomalia, rispondeva con fermezza: le persone e le aziende vanno giudicate dai risultati e Fincantieri i risultati li sta facendo.
Come tutte le persone che hanno costruito carriere importanti partendo dal basso, Bono aveva un grande rispetto per il futuro, che nasceva anche da un consolidato spirito di rivalsa rispetto alle condizioni di partenza. Calabrese, di Pizzoni in provincia di Vibo Valentia, aveva origini umili. In un’intervista concessa Fortune Italia, a giugno 2018, spiegava bene cosa lo spingesse a guardare sempre avanti: “Dobbiamo sempre pensare al lavoro dei successivi dieci anni, dobbiamo pensare a un orizzonte temporale di 20 anni”. Anche questo approccio non è così frequente tra i top manager, spesso abituati a ragionare in termini di bonus da accumulare trimestre dopo trimestre.
Ma Bono non era solo un manager e non era solo un amministratore delegato. Era l’amministratore delegato di Fincantieri. La sua Fincantieri, che aveva iniziato a guidare il 29 aprile 2002, quando era in pessime condizioni, restando in carica fino al 15 maggio di quest’anno, quando al suo posto è subentrato Pierroberto Folgiero. Vent’anni che hanno trasformato uno dei gruppi leader dell’industria italiana e che, anche in questo caso torna la spinta della rivalsa, erano iniziati con un rimpianto. Bono veniva da Finmeccanica, dove era entrato nel 1993 e dove era stato direttore generale dal ’97 al 2000 e poi, per due anni, amministratore delegato. E li sarebbe rimasto volentieri, nella più nobile delle partecipate industriali. Invece, prese un’altra strada. E non la lasciò più, facendone casa sua. (di Fabio Insenga)