(Adnkronos) – Alessia Pifferi può affrontare il processo: lo ha stabilito la corte di Milano presieduta dal giudice Ilio Mannucci Pacini. La donna è accusata di omicidio volontario pluriaggravato per aver lasciato morire di stenti nella sua culla la figlia Diana di soli 18 mesi. “Non emerge alcun elemento che lascia dubitare della piena capacità di partecipare al processo” è la risposta della corte alla richiesta avanzata dalla difesa della donna, l’avvocato Alessia Pontenani, la quale sostiene invece che la sua assistita, secondo alcune relazioni del carcere, possa avere “un possibile deficit cognitivo”.
Per i giudici l’ipotetico deficit cognitivo, prospettato solo in una relazione sanitaria del 2 novembre 2022, “neanche se fosse accettato potrebbe costituire un elemento per escludere la capacità di partecipare al processo”. Per questo ha rigettato la perizia medico psichiatrica chiesta dalla difesa, stabilendo che Alessia Pifferi ha “la capacità di stare nel processo”.
Per il pm Francesco De Tommasi, la capacità di stare nel processo è una questione “già oggetto di dibattito. Oggi per la prima volta viene chiesta una perizia di questo tipo” facendo riferimento a una specifica relazione dal carcere, ma “non esiste documentazione da cui desumere problematiche di carattere mentale. In nessuna relazione si accenna alla possibilità che la Pifferi abbia un deficit: dopo un primo periodo abbastanza drammatico visto quanto accaduto, la struttura carceraria dice che ha acquisito consapevolezza dell’accaduto e viene descritta come una persona lucida, presente a se stessa”.
Non solo: nell’audio e nel video della sera 20 luglio 2022, a pochissime ore dal ritrovamento del cadavere della piccola Diana, durante l’interrogatorio appare “sempre lucida, capace di descrivere nel dettaglio da quando ha scoperto di essere incinta alla mattina del ritrovamento. Mai ha avuto deficit di carattere psicologico”.
E offre alla corte anche un terzo argomento: le chat telefoniche con più uomini, dove “anche da qui si evince che non è mai stata una persona con problematiche, ma ha vissuto in maniera chiara, ha fatto scelte di vita ben precise, non c’è nessun elemento per ipotizzare che possa aver agito in maniera non consapevole. Era consapevole del rischio ed è successo l’inevitabile”. Parole condivise dalla parte civile.
“Ci sarò sempre. Io non so più definire mia sorella, ma so che sono dalla parte giusta: lei è mia sorella, ma chi è morta è mia nipote”, afferma Viviana Pifferi, sorella di Alessia, parlando al termine dell’udienza. Anche questa volta, come nella scorsa udienza, indossa la maglietta con la foto della piccola trovata senza vita il 20 luglio scorso.
“Credo sia stato giusto da parte dei giudici non concederle la perizia” per stabilire la capacità dell’imputata di stare nel processo, perché “ha lasciato la piccola una settimana da sola, non è un raptus di cinque minuti” sottolinea la donna, parte civile nel processo.
In aula lo sguardo delle due sorelle non si incrocia mai, ma Alessia Pifferi le ha scritto più di una lettera ora che è dietro le sbarre del carcere di San Vittore. “Se volevo dirle qualcosa le avrei risposto, ma in quelle lettere non c’è nessun tipo di scuse e se non arrivano neanche quelle” continua il silenzio.
“All’esito dell’istruttoria credo che verrà chiesta una perizia: è evidente già ora che non stia bene”, afferma Alessia Pontenani, difensore di Alessia Pifferi, pronta – dopo che nel processo saranno sentiti i consulenti medici – a chiedere la perizia per dimostrare l’incapacità di intendere e volere della sua assistita al momento dei fatti.
La prossima udienza è stata fissata per il 16 maggio quando le parti, in base alla riforma Cartabia, dovranno essere più precisi rispetto alla richiesta della lista teste. Il calendario offre già più date: 23 maggio, 5 e 27 giugno, 3 e 11 luglio prossimo.