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Berlusconi, Mimun: “L’ultima telefonata del mio amico Silvio”

(Adnkronos) - "Silvio Berlusconi mi ha telefonato due giorni prima della sua morte. Lui con voce flebile: 'Come stai? Tua moglie? I ragazzi? E' tutto a posto? Hai bisogno di qualcosa'. E io: 'Sì, ho bisogno che ti riposi, ti rilassi e che ci si veda presto con te in forze'. Alla fine della telefonata…

(Adnkronos) – “Silvio Berlusconi mi ha telefonato due giorni prima della sua morte. Lui con voce flebile: ‘Come stai? Tua moglie? I ragazzi? E’ tutto a posto? Hai bisogno di qualcosa’. E io: ‘Sì, ho bisogno che ti riposi, ti rilassi e che ci si veda presto con te in forze’. Alla fine della telefonata ero cupo, consapevole che, probabilmente, non l’avrei più sentito. E ho immaginato che Berlusconi avesse cominciato a chiamare tutti i suoi amici per congedarsi. Per questo mi sono sentito crescere una terribile angoscia e una grande tristezza”. Lo racconta il direttore del Tg5 Clemente Mimun, in una lettera al quotidiano ‘il Messaggero’. 

“Avevo previsto un fine settimana di due-tre giorni in Umbria nelle quiete di casa Mogol, ma dopo neanche una giornata e mezza, ho deciso di rientrare a Roma, al Tg5: troppa inquietudine – continua – E purtroppo la mia sensazione si è rivelata giusta. La notizia della sua morte mi ha colpito profondamente, ho avvertito tristezza e un grande vuoto, quel che capita a chi perde un amico caro. Eppure Berlusconi è stato a lungo il mio editore, poi un politico di successo, il presidente di un Milan che ha anche scippato uno scudetto alla mia Lazio, oltre a comprare – ma salvando la società del mio cuore – dai biancocelesti Alessandro Nesta, uno dei migliori difensori del mondo”.  

“Ma siamo diventati presto amici, anche se ho sempre mantenuto un atteggiamento di rispetto nei suoi confronti. Berlusconi – lo hanno ammesso tutti – era uomo che accorciava le distanze, faceva prevalere il rapporto umano, era profondamente buono, educato e gentile – sottolinea Mimun – E poi nei momenti di difficoltà degli altri c’era, eccome. Non tanto per le sue disponibilità economiche, ma perché si interessava davvero ai problemi degli altri, consigliava e sapeva infondere coraggio”. 

“Capitò con un giovane giornalista del Tg5, condannato a pochi mesi di vita a causa di un male incurabile. Io pensai di liberarlo dall’impegno quotidiano, per farlo stare accanto alla moglie e alla sua famiglia – ricorda Mimun – Lo raccontai al presidente che mi disse: fammi chiamare, o digli di venirmi a trovare quando vuole. Lo incontrò e lo invitò a continuare a darsi da fare per non farsi schiacciare dalla tristezza e dall’angoscia. Lui, si chiamava Matteo Mastromauro, gli diede ascolto, non mollò e riuscì a vivere altri quattro anni, invece dei pochi mesi previsti dai medici. Prevalse la forza di volontà”. 

“Io stesso fui confortato da Berlusconi nel momento più difficile della mia vita. Nel 2012 un ictus mi mise al tappeto. Non parlavo, farfugliavo. Avevo la bocca storta e un occhio mezzo chiuso e, soprattutto, non potevo camminare, avendo tutta la parte sinistra del corpo paralizzata – prosegue – Dopo sei giorni di coma indotto, al mio risveglio, chiamai Marinella (la storica assistente di Berlusconi) e le chiesi di farmi parlare col presidente. Era in mezzo ad una riunione di governo molto delicata, ma, poiché avevo detto che era urgentissimo, mi rispose. Gli raccontai quel che mi era capitato e lo pregai di sostituirmi al telegiornale, perché avevo di fronte una lunga ed incerta convalescenza”.  

“Replicò: ‘Cerco di venirti a trovare domani’ – riferisce Mimun – Puntuale come un orologio svizzero, preceduto da un solo agente di scorta in borghese, lui, vestito con una semplice tuta e un paio di sneakers piombò nella mia stanza e chiese al presidente della clinica Santa Lucia di convocare una riunione dei neurologi e fisioterapisti che mi avrebbero seguito. Ascoltò la diagnosi e dispensò una serie di consigli ai medici. Primo suggerimento tra tutti: non limitarsi a tre ore di fisioterapia alla settimana, ma ad almeno un’ora al giorno dal lunedì al sabato. E cosi’ fu, non solo per me, ma per tutti i ricoverati, che ne trassero, naturalmente un gran giovamento”.  

“Finita la riunione provò a riaccompagnarmi in stanza, ma fu assalito da una moltitudine di persone che chiedevano selfie ed autografi. Gentilmente declinò ogni invito (‘Per favore no, sono venuto a trovare un amico, non a fare campagna elettorale’), ma non potè sottrarsi alla preghiera dei molti che chiedevano di andare a salutare i loro congiunti malati. Il giro durò un’ora e mezza. Berlusconi carezzò e confortò vecchi e giovani vittime di guai neurologici o di incidenti spaventosi”, ricorda il direttore del Tg5. 

“Poi mi riaccompagnò in stanza. Gli chiesi di nuovo di sostituirmi alla direzione del Tg5, per potermi dedicare completamente alla riabilitazione – conclude – Lui uscì dalla stanza fece una telefonata e 10 minuti dopo arrivò un impiegato Mediaset con un personal computer dotato di telecamera. Berlusconi lo mise su un tavolino e mi disse: ‘Le riunioni puoi farle anche da qui, buon lavoro e fatti sentire’. Chissà se uomini così ce ne sono molti. Io ne dubito”. 

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