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Ambrosetti Innosystem Index, Italia nelle retrovie fra 22 Paesi

(Adnkronos) - La capacità di produrre innovazione rappresenta un fattore di crescita e competitività di un sistema-Paese, contribuendo anche al benessere della società e allo sviluppo sostenibile e duraturo. L’Italia, tuttavia, ha ancora molta strada da fare, collocandosi nelle retrovie sul piano globale, al quartultimo posto fra 22 Paesi per quanto riguarda l’ecosistema dell’innovazione e…

(Adnkronos) – La capacità di produrre innovazione rappresenta un fattore di crescita e competitività di un sistema-Paese, contribuendo anche al benessere della società e allo sviluppo sostenibile e duraturo. L’Italia, tuttavia, ha ancora molta strada da fare, collocandosi nelle retrovie sul piano globale, al quartultimo posto fra 22 Paesi per quanto riguarda l’ecosistema dell’innovazione e ancora distante da Paesi come Regno Unito, Austria, Francia e Germania. A sottolinearlo è l’Ambrosetti Innosystem Index 2023 (Aii 2023), contenuto all’interno dell’Innotech Report realizzato dalla Innotech Community di The European House – Ambrosetti e presentato nel corso della due giorni del Technology Forum 2023 che si è conclusa oggi a Stresa. L’indice ha confrontato 22 Paesi ad alta performance innovativa prendendo in considerazione i dati degli ultimi tre anni disponibili (2019-2021) mediante l’analisi di 18 indicatori. l’Italia si classifica quartultima tra questi paesi per capacità di innovazione, con diverse aree di eccellenza, soprattutto nella qualità della ricerca scientifica (dove è quarta in classifica), ma con molti ritardi negli investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo, nel sistema di Venture Capital, nella capacità di attrarre investimenti e talenti e sviluppare il capitale umano a disposizione.  

Per colmare il gap con i paesi più avanzati secondo gli analisti è necessario avvicinare gli investimenti in innovazione all’obiettivo definito dalla Commissione Europea (3% del Pil), fermare la fuga dei cervelli (14.000 ricercatori emigrati all’estero fra 2008 e 2019), definire una governance unitaria della ricerca, promuovere le competenze Stem e puntare sul trasferimento tecnologico, cioè il passaggio della conoscenza dalla ricerca alle imprese. L’index ha anche confrontato 242 regioni a livello europeo stilando una classifica degli ecosistemi regionali più virtuosi. E la regione italiana più in alto in classifica è la Lombardia (31sima), seguita da Emilia Romagna (52esima) e Provincia Autonoma di Trento (63esima) mentre le regioni del Sud appaiono molto in ritardo, nella parte bassa della classifica. A livello globale guidare la classifica c’è Israele con un punteggio di 6,1 (su una scala da 1 a 10), che ha guadagnato ben cinque posizioni in classifica, passando dal 6° posto in classifica dell’Aii 2020 al primo nell’Aii 2023, seguito da USA (5,8 punti) e Regno Unito (5,7). L’Italia si trova nelle posizioni di retrovia, precisamente in 19a posizione, con un punteggio pari a 4: in leggera crescita (+0,07) rispetto all’Aii 2020 ma senza variazioni in classifica. Peggio dell’Italia, solo Spagna (3,8), Lettonia (3,7) e Grecia (3,5). 

Per gli analisti il nostro Paese sconta in particolare “scarsa capacità di sviluppare un ambiente attrattivo per investimenti e nuovi talenti”, scendendo per attrattività dell’ecosistema al 20° posto, e per risorse finanziarie a supporto dell’innovazione, ambito in cui è solo 18ª. Positivo invece il 4° posto conquistato per efficienza e qualità della ricerca accademica, con oltre 33mila citazioni ogni 1.000 ricercatori, ma c’è ancora margine di miglioramento per tradurre questa eccellenza scientifica in valore economico e industriale. Per la prima volta, inoltre, l’analisi scende ancora più nel dettaglio con l’Ambrosetti Regional Innosystem Index (Arii), che ha valutato le performance dell’innovazione di 242 regioni europee, incoronando i territori scandinavi come quelli con performance più positive. Per quanto riguarda l’Italia, nel rapporto si sottolinea il divario tra le regioni del Nord – con, ad esempio, la Lombardia al 31° posto in classifica e indicata come migliore in Italia – e quelle del Mezzogiorno, che risultano tra le worst performer a livello europeo, con la Calabria che occupa la 186a posizione all’interno della classifica. In generale, le Regioni italiane mostrano delle performance “inferiori rispetto a quanto registrato dalla media del campione europeo, in particolare nettamente inferiori rispetto alle domande di brevetto”. 

Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo di The European House – Ambrosetti, sottolinea che “dall’Indice emerge un’Italia con grandi potenzialità che tuttavia fatica a costruire un ecosistema dell’innovazione valorizzante. È invece più che mai necessario cogliere le opportunità offerte dalle tecnologie e governare la trasformazione digitale, così da perseguire uno sviluppo sostenibile”. “Nonostante la quartultima posizione, l’Italia spicca infatti per la capacità dei ricercatori italiani di produrre eccellenza scientifica a livello mondiale, ma rivela criticità nel tradurre questa eccellenza attraverso la registrazione di brevetti, nonché di sviluppare un ambiente attrattivo per investimenti e nuovi talenti e di stimolare sinergie collaborative tra università e imprese” evidenzia Molli. Il rapporto, secondo Molli, “fornisce una serie di proposte programmatiche per guidare le scelte di policy maker e stakeholder per sostenere l’ecosistema dell’innovazione italiano: serve creare una governance unitaria per il sistema ricerca, così da avanzare decisi con il Pnrr, valorizzando le risorse a disposizione per massimizzare il potenziale di innovazione dell’Italia, investendo su Ricerca&Sviluppo per fermare la ‘fuga di cervelli’ e creando meccanismi virtuosi che aiutino a tradurre i risultati della ricerca in innovazione”. Senza dimenticare, osserva infine Molli, “la necessità di lanciare un ‘new deal’ delle competenze per far sì che aziende e cittadini possano accompagnare lo sviluppo di una società digitale e sostenibile. Inoltre, la promozione di riforme a sostegno dell’imprenditorialità e dei finanziamenti di Venture Capital può aiutare l’Italia a trasformarsi in un Paese per unicorni”. 

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