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Le conseguenze della nuova convivenza: perdita del diritto di assegnazione del coniuge o indennità di occupazione?

La nuova convivenza fa perdere il diritto all’assegnazione della casa familiare, legata alla presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti? Cosa anche accade nel caso in cui si ospiti un terzo soggetto a qualsiasi titolo in tale immobile? Od ancora quid iuris se convive nell’immobile anche un figlio, che potrebbe essere maggiorenne ed indipendente…

La nuova convivenza fa perdere il diritto all’assegnazione della casa familiare, legata alla presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti?

Cosa anche accade nel caso in cui si ospiti un terzo soggetto a qualsiasi titolo in tale immobile?

Od ancora quid iuris se convive nell’immobile anche un figlio, che potrebbe essere maggiorenne ed indipendente economicamente, avuto da relazione non con il coniuge separato proprietario della casa vincolata dall’ assegnazione?

E qui inizia il braccio di ferro.

Non è raro che partano le diffide da parte del proprietario o comproprietario dell’immobile con le quali si chieda la restituzione del bene od il pagamento di una indennità di occupazione al terzo soggetto.

La normativa prevede la revoca dell’assegnazione della casa familiare in caso di nuova convivenza more uxorio. (“ll diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”art. 337 sexies codice civile).

Nell’ applicazione giurisprudenziale in realtà questa norma non ha trovato concreta applicazione. Dal momento che i giudici per la sola esistenza della convivenza non revocano l’assegnazione se ancora sussistono i diritti e i presupposti degli altri figli per rimanere in quell’immobile.

Quindi i diritti dei minori o dei figli non autonomi prevalgono sul diritto di proprietà anche nel caso in cui nell’immobile viva un terzo soggetto.

Si è posto in questi anni il quesito se, non potendosi mandare via di casa il terzo incomodo, essendo improbabile la revoca dell’assegnazione della casa familiare da parte del Tribunale come fatto sopravvenuto, almeno si potesse chiedere a quest’ultimo, sia esso il convivente o sia l’altro figlio economicamente autosufficiente, un’ indennità di occupazione.

Il diritto alla richiesta dell’ indennità di occupazione ha trovato ingresso nei nostri Tribunali, con giudizi che vengono intentati quali corollari di quelli di separazione o divorzio, non potendo tale tipo di domande trovare ingresso in essi anche e non solo (visto l’oggetto ristretto di tali cause) perché rivolte verso terzi che del giudizio non fanno parte.

Ad avviso dello scrivente sussiste un diritto di tale tipo se si applicano i criteri normali legati al diritto di proprietà e se si considera la finalità propria del diritto di assegnazione che è quello di conservare alla prole (ma non a terzi) il proprio habitat. Assegnazione della quale indirettamente gode anche il coniuge collocatario dei figli che, in mancanza, non potrebbe vantare diritti sul bene se non proprietario.

Peraltro, molte sentenze, nello stabilire l’assegno di mantenimento in favore del coniuge attribuiscono un valore economico al godimento della casa a lui assegnata riducendo la somma dello stesso o non riconoscendone il diritto in considerazione del privilegio del quale già godono.

Di diverso avviso, invece, è un’ interessante sentenza del giugno del 2020 n. 79 della Corte di Appello di Trieste che ha negato l’ indennità di occupazione richiesta al terzo convivente, evidenziando che il diritto di assegnazione legato alla esistenza di prole avente diritto al mantenimento non può essere pregiudicato ma nemmeno sarebbe ammissibile un’ indennità di occupazione.
La sentenza ha evidenziato che possa essere solo il coniuge, ma anche l’ex convivente, assegnatario, l’unico a decidere sulle modalità di godimento dell’immobile.

E quindi, quest’ultimo, può anche liberamente ospitare a tempo indeterminato una terza persona, conviverci o cristallizzare l’unione familiare di figli avuti da attuali o successive relazioni.

Peraltro, la Corte di Appello di Trieste interpreta in maniera più estensiva quelli che sono i principi già stabiliti dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.772/2018.

Vedremo se processi in corso di tale tipo confermeranno tale principio o, più equamente, si concluderanno con sentenze che sanciscano un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà ed il diritto di assegnazione.

Cinzia Petitti è avvocato e direttore della rivista www.Diritto§Famiglia.it

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