Malika Ayane la sua voce l’ha scoperta presto, quando da bambina ha cominciato cantando nel coro delle voci bianche del Teatro della Scala di Milano. Oggi la sua voce non è più soltanto bianca, ma di tanti colori diversi capaci di incantare chi la ascolta. Per Paolo Conte è «arancione scuro, che sa di spezia amara e rara». Colori resi più vividi ancora dai suoi testi, che nel suo ultimo album “Malifesto” trasmettono un’accresciuta consapevolezza di sé. Già dal titolo, unione del suo nome e della parola manifesto, Ayane nella ricerca musicale finisce per ritrovare sé stessa e ha la capacità di universalizzare il suo messaggio, per imparare «a guardarci con indulgenza, e a non essere troppo faticosi con noi stessi». Nella notte di San Lorenzo, a luci spente, Malika Ayane si è esibita nel cuore dei Sassi per “Matera cielo stellato”e la sua voce si è diffusa nella penombra come una sorpresa – e un regalo – per chi era lì.
Un concerto “al buio”, un modo per sensibilizzare sul tema dell’ambiente. La musica può avere un ruolo in questo?
«La musica può avere un ruolo su tutte le tematiche, secondo me. Non solo attraverso testi, slogan, messaggi che molto spesso lasciano il tempo che trovano. Io ne ho viste parecchie in 15 anni in giro a cantare, ho cantato in posti che non mi sarei mai aspettata, ma mettere insieme una città come Matera, spegnere le luci e lasciare diffondere la musica ha un impatto talmente forte che la musica diventa un vettore di una cosa molto più grande. Quindi sì, la musica può aiutare, però solo quando poi c’è un’idea intorno che rende tutto molto forte e il messaggio molto più chiaro, e quindi meno effimero».
Nel suo brano “Una ragazza”, lei canta: “Una ragazza come me è splendida”. In quel “come” è racchiuso tanto amore e tanta consapevolezza. È un messaggio alle donne?
«Alle donne, agli uomini, a tutti: dobbiamo assolutamente guardarci con indulgenza e con l’obiettivo della serenità. Non dobbiamo essere né troppo accomodanti con noi stessi, né troppo faticosi».
In una sua intervista lei parlava di “catena alimentare del pregiudizio”, riferendosi a quello che accadeva negli anni Novanta nella scuola milanese nella quale ha studiato. Come siamo messi oggi?
«Secondo me tanto si comunica un atteggiamento diverso, quanto molto spesso ancora si conservano principi superficiali come modelli di attenzione. Personalmente credo che l’evoluzione reale avverrà quando smetteremo di parlare dei corpi. Però, fino a che insisteremo a parlare di corpi belli e meno belli, di accettazioni, a fare certe copertine, di corpi continueremo a parlare e non ci sposteremo da quella focalizzazione, finiremo sempre a farci delle domande su quanto siamo inadeguati rispetto ad altro. Che poi, l’altro cos’è?».
Spesso le chiedono come ha fatto a conciliare carriera e maternità. Non sarebbe ora di smetterla di porre queste domande alle donne?
«Io sono stanca almeno dal giorno 2 della mia carriera. Tutte le donne che sono madri fanno le capriole. Forse è arrivato il momento in cui smettiamo di trattare le donne come fossero delle supereroine che riescono a fare tutto e iniziamo a educare la società ad allevare figli. Sono una di quelle che pensa che i figli siano figli di tutti, tutto sommato, quindi anche basta. La prossima volta dirò che quando vado a lavorare la chiudo in gabbia».
A proposito di lavoro, lei ha una grande abnegazione in quello che fa.
«A casa mia si è sempre lavorato tanto: mia mamma è stata colf, poi infermiera. Mia nonna lavorava alla Standa. Mi è stato sempre detto: “Studia musica, ma trovati anche un lavoro”. Per un certo tempo ho fatto anche la cameriera, casa mia si affaccia sul locale nel quale lavoravo. Immaginavo un giorno in cui l’avrei detto in un’intervista, di quando servivo ai tavoli».
Quando ha preso consapevolezza della sua voce?
«Cantare mi faceva stare bene fin da piccola. Poi c’è stato il coro delle voci bianche del Teatro della Scala di Milano, e alle medie capitai all’open day del conservatorio statale di Milano. Chiesi a mia madre di studiare lì, non volevo andare da nessun’altra parte, e lei accettò».
Qualche giorno fa è stata la notte di San Lorenzo. Ha un desiderio da esprimere?
«Sinceramente mi sento molto felice, non ho molto da desiderare. Sono una persona serena, quindi va bene così».