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Crollano i salari ma la politica è lontana

L’inflazione che prosciuga i risparmi, le bollette e i prezzi (non solo dell’energia e delle materie prime), il rimbalzo del Pil al 3,4% da sostenere e consolidare in attesa dell’auspicato ritorno dell’economia italiana sopra i livelli pre-crisi, previsto nella prima metà del 2022. Un quadro a cui va aggiunto il record assai poco edificante del costo orario dei salari in calo e che – a quanto emerge dai dati Eurostat del 2021 – allarga la forbice con i partner dell’Eurozona, con i circa 8 euro all’ora in meno, in media, rispetto a tedeschi e olandesi.

Si prevede che il Pil italiano continui a crescere, sia nel 2022 (+2,8%) sia nel 2023 (+1,9%), seppur in rallentamento rispetto al 2021. Ma con la piaga sempre infetta dell’ampio ricorso al lavoro irregolare, che resta uno dei maggiori ostacoli alla crescita economica e sociale di un territorio. Francamente questo scenario stride con la qualità del dibattito politico in Italia, ormai stretto nell’angusto perimetro delle alleanze che non quadrano (a sinistra) e un’acuta criticità riguardante la leadership (a destra).

E il Mezzogiorno? Come si colloca il Sud in questo contesto in attesa degli effetti benefici del Pnrr in tema di recupero del divario interno più problematico dell’intera Europa?

Senza una adeguata regia istituzionale, senza un governo stabile e di prospettiva, senza una accelerazione progettuale che sfrutti leve ed opportunità del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il rischio è rendere inefficace un dato positivo e in piena controtendenza, emerso da un report recente di Srm (Studi e Ricerche del Mezzogiorno), centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo. Nel “Panorama economico di mezz’estate del Mezzogiorno, pubblicato da Srm a inizi mese, si coglie una tendenza delle imprese innovative meridionali a crescere oltre la media italiana negli ultimi otto anni. E con un indicatore a due cifre: + 52%.

Imprese innovative, cioè capaci di competere sul piano tecnologico e del brand, della logistica, dell’energia, del turismo, mostrano di essere oggi i veri punti di forza su cui costruire il rilancio non solo è possibile, ma categorico. Guardando infatti al cluster delle imprese che innovano, il Mezzogiorno diviene, da problema irrisolto, quale si mostra da 150 anni, un’area con notevole potenziale di sviluppo e ricca di risorse umane e imprenditoriali che vanno sostenute e rilanciate. “Qui competenze, connessioni logistiche e digitali, imprese competitive e strutturate – afferma Massino Deandreis, direttore general di SRM – rappresentano i fattori centrali per il rilancio”.

Competenze, connessioni e competitività sono infatti le 3C su cui può contare il tessuto economico meridionale, che ormai può contare, come base di partenza per fare molto ancora, nel dinamismo di sei dei 24 poli tecnologici nazionali, 485 Pmi, 3.785 startup.

Bisogna aggiungere che qualsiasi agenda politica post elettorale debba tener conto di questo trend se il Sud non vuole legare i suoi destini solo alla spesa pubblica e alla leva delle costruzioni, come è stato spesso in passato. Il mondo delle imprese innovative è importante invece per altre ragioni fondamentali. È qui che la componente “Formazione e Ricerca” può galvanizzare la realtà economica e sociale del territorio, che sconta ritardi e criticità severe. L’economia immateriale assume un ruolo sempre più importante ovunque, ma in particolare per i destini del Mezzogiorno, in quanto è ampiamente dimostrato come vi sia una correlazione diretta tra il ruolo della formazione e produttività e competitività di un sistema economico.

È bene rimarcare che al Sud si contano diciotto università con dipartimenti nelle aree scientifico-ingegneristiche. Ed è quindi del tutto condivisibile una raccomandazione che si coglie nel report di Srm, nello sforzo di partire dai punti di forza e valorizzare ciò di cui si dispone: “Puntare sulla formazione è, quindi, essenziale per ridurre le distanze e aprire l’area ad un contesto sempre più internazionalizzato ed è importante che a tale obiettivo concorrano tutti gli attori presenti sul territorio (pubblici e privati), puntando non solo sulla formazione scolastica e universitaria ma anche su quella aziendale.”

Sarà anche vero che siamo ormai nell’onda di una insolita (e imprevista) campagna elettorale, i cui tempi sono rapidi come non mai. Ma il dibattito di qui al 25 settembre non si può ridurre esclusivamente a questioni riguardanti i cartelli elettorali, tra primo, secondo e terzo polo impegnati soltanto nella dequalificante lotteria dei seggi sicuri e garantiti.

Raffaele Tovino è direttore generale di Anap

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