Nel settembre del 2019, l’allora prefetto Raffaele Grassi, aveva riunito gli imprenditori foggiani per chiedere ampia collaborazione. In quella circostanza era stato tranchant: «Tutti conosciamo i clan: Trisciuoglio, Francavilla, Prencipe, Li Bergolis, solo per fare qualche nome. E tutti voi li conoscete. È arrivato il tempo di organizzare un tavolo di responsabilità, chi ci vuole stare ci sta. Apro le porte all’imprenditoria onesta. Credo sia il momento di cambiare registro».
Parole al vento. Rimasta confinate in quella sala della prefettura di corso Garibaldi a Foggia; la città che da poco aveva festeggiato la riconferma di Re Frango, la cui monarchia sarebbe finita sciolta dal decreto presidenziale, nella primavera del 2021 per infiltrazioni mafiose. Ieri si è compreso il perché di tanto silenzio. Quelle “distrazioni”, ipotizzate dall’allora prefetto Grassi, hanno trovato conferma nel recente arresto dell’imprenditore edile Antonio Fratianni, arrestato in un’operazione congiunta dalle squadre mobili di Roma e di Foggia, coadiuvate dagli agenti della mobile di Trieste, perché gravemente indiziato di essere l’autore, il 2 marzo scorso in via Greccio a Nettuno, del tentato omicidio di Antonello Francavilla, pluripregiudicato e del figlio 15enne. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’imprenditore foggiano doveva restituire una ingente somma – quasi 500mila euro – al clan Francavilla-Sinesi, frutto di un prestito per le attività della sua impresa edile, impegnata in vari lavori non solo nella città di Foggia, ma anche in Molise e in Campania. La somma, sotto forma di prestito, era – sempre secondo la ricostruzione degli inquirenti – un “sostegno” finanziario all’impresa di Fratianni, che il 2 marzo avrebbe agito perché il clan voleva indietro la somma e aveva dato un ultimatum all’imprenditore foggiano.
La giustizia fai da te di Fratianni è stata scoperta dagli inquirenti, anche grazie alle indagini partite dopo il fallito attentato nei confronti proprio dell’imprenditore edile foggiano, che sarebbe dovuto avvenire il 26 giugno scorso all’uscita del casello autostradale della zona industriale del capoluogo daunio. In quella data, un commando del clan Francavilla-Sinesi sarebbe dovuto entrare in azione per dare “una lezione” a Fratianni, i cui spostamenti erano monitorati dal clan, grazie a un segnale gps montato di nascosto e con la complicità di un dipendente di Fratianni, sull’auto dell’imprenditore. Il piano per uccidere Fratianni è stato svelato dalla squadra mobile che lo scorso 21 luglio ha arrestato sette persone, tra cui Emiliano Francavilla, altro boss del clan.
Emerge anche un altro particolare. Il giorno dopo del tentato omicidio di Antonello Francavilla, l’imprenditore Fratianni si era recato negli uffici della Dia per denunciare il tentativo estorsivo e l’ultimatum rivoltogli proprio dagli esponenti del clan mafioso. Presentando una serie di documenti e pizzini a testimoniare il tentativo di estorsione. Insomma, una tramma alla Stevenson, dove c’è un dottor Jakyll e un mister Hyde che ama muoversi tra cazzuole e pistole.