Il comune di Canosa di Puglia ha avviato il processo di acquisizione delle aree archeologiche di San Pietro e dell’ipogeo Monterisi Rossignoli. Al momento i terreni sono di proprietà di privati. La volontà è quella di rivalorizzare queste due importanti tracce del passato prima che sia troppo tardi.
Sulle determinazioni dirigenziali pubblicate sull’albo pretorio del comune si legge che «l’area archeologico di San Pietro è attualmente in condizioni di degrado, priva di interventi manutentivi» mentre l’ipogeo «si trova in condizioni di notevole degrado conseguenza di un protrarsi dello stato di abbandono e incuria con il rischio elevato che si possano danneggiare in modo irreversibile i rilievi ubicati all’interno dello stesso». Si tratta di aree periferiche distanti fra loro.
Due atti che fanno seguito alle delibere della giunta comunale risalenti al 2020. È di poche settimane fa l’appello lanciato dalla Fondazione archeologica canosina proprio nei confronti del comune affinché si arrivasse all’acquisizione delle aree. «Sono provvedimenti attesi e da noi fortemente caldeggiati a più riprese e ringraziamo l’amministrazione comunale per averli adottati», fanno sapere i componenti in una nota. Infatti proprio vicino all’area archeologica di San Pietro si trovano un terreno di circa tre ettari di proprietà della fondazione e un altro di proprietà della cattedrale di San Sabino.
L’ambizione è quella di realizzare un vasto parco archeologico in prossimità del centro abitato che veda la collaborazione fra pubblico e privato. Quest’area dà il nome alla collina su cui si trova e da cui domina tutta la città di Canosa di Puglia. Sono visibili le rovine della basilica paleocristiana di San Pietro risalente al sesto secolo avanti Cristo. Al suo interno si trovava il primo luogo di sepoltura di San Sabino vescovo, patrono della città, una figura di spicco perché punto di unione fra chiesa occidentale e chiesa orientale. Fino a circa quattro secoli fa le mura del primo complesso episcopale canosino erano ben visibili poi con il tempo l’abbandono e il suo uso prima come cava per il recupero di materiale edilizio poi agricolo ha cancellato le tracce. I resti sono poi riemersi nei primi anni 2000 durante un’operazione di scavi curata dall’università di Foggia e diretta dal professore Giuliano Volpe. La chiesa presenta tre navate e un abside. Era lunga circa 30 metri. Antistante c’erano un ampio nartece che veniva impiegato a uso cimiteriale e un quadriportico.
Nella parte meridionale dell’area archeologica sono state ritrovate anche due fornaci per la fabbricazione di manufatti in ceramica. Ritrovati anche i resti di un grande edificio tardoantico, forse una domus. Le rovine sono formate da mattoni con inciso lo stemma del vescovo Sabino. Nell’altra area, invece, a ridosso del cimitero, si trova l’ipogeo Monterisi Rossignoli risalente alla seconda metà del quarto secolo avanti Cristo. Scoperto nel 1813 da un contadino mentre scavava una cantina nel suo terreno. L’ipogeo venne ricavato nel banco naturale di tufo. Per accedere c’era un dromos a gradini. L’ipogeo era formato da un vestibolo e da una cella tagliata nel tempo dalle mura di una cantina più recente. Gli ambienti sono tuttora separati da una porta con un frontone. Il soffitto è a doppio spiovente con una trave centrale. Sulla parete del letto funebre si trova scolpito un animale che raffigura un leone o un cane. Sulla parete di fronte sempre scolpito nel tufo un cinghiale su una base decorata con un serpente.