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“Caritas Romana”: «Andrebbe esposta nel Castello di Conversano»

«Quando l’indagine sarà conclusa, se lo Stato volesse esercitare il diritto di prelazione sulla ‘Caritas Romana’ di Artemisia Gentileschi, l’opera andrebbe acquisita solo per esporla nella sede che l’ha vista ospite alla nascita: il Castello di Conversano». Non ha dubbi Viviana Farina, docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Napoli, e co-curatrice della…
(foto di Luca Turi)

«Quando l’indagine sarà conclusa, se lo Stato volesse esercitare il diritto di prelazione sulla ‘Caritas Romana’ di Artemisia Gentileschi, l’opera andrebbe acquisita solo per esporla nella sede che l’ha vista ospite alla nascita: il Castello di Conversano». Non ha dubbi Viviana Farina, docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Napoli, e co-curatrice della mostra ‘Artemisia e i pittori del conte.

La collezione di Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona a Conversano’ organizzata nel 2018 nel castello di Conversano e che aveva nella tela di Artemisia Gentileschi il pezzo forte dell’esposizione. E’ proprio il valore dell’opera, sia artistico che economico, ad aver acceso i riflettori della magistratura su un’esportazione che, secondo la Procura della Repubblica di Bari, è illegittima in quanto il valore della tela è stato ritenuto di grande interesse artistico nazionale e, quindi, non esportabile.

«Non credo si sbagli ad affermare – precisa Viviana Farina a L’Edicola del sud – che la Caritas Romana rappresenti uno dei capitoli più brillanti della storia dell’arte in Puglia in età moderna perché parte della collezione del conte di Conversano e duca di Nardò e di sua moglie Isabella Filomarino della Rocca».

L’occasione della mostra del 2018 è stata, quindi, fondamentale per quello che, fino ad allora, era un inedito che la stessa docente napoletana ha voluto fortemente portare alla ribalta dopo averla a lungo analizzata e apprezzata. «Suona come bizzarra la concessione del permesso di exoporting. Sarebbe bastato ai funzionari un semplice controllo su google – conclude la docente – per acquisire la notizia che, dopo il 2018, l’opera era nota in quanto aveva rappresentato un’intera mostra nella città dove era stata commissionata diventando patrimonio degli Acquaviva d’Aragona».

I proprietari dell’opera, Michele Forte e Domenico Iannuzziello che risultano indagati dalla procura di Bari, con una nota fanno sapere che «l’esportazione del dipinto è stata effettuata osservando scrupolosamente tutte le norme vigenti in materia. In particolare, è stata richiesta ed ottenuta – continuano Forte e Iannuzziello – dai preposti uffici facenti capo al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, l’attestazione di libera circolazione dell’opera, previa dichiarazione, in buona fede, di tutti i dati obbligatori richiesti dalla procedura, avvalendosi della consulenza di esperti del settore. Il quadro non è stato mai esposto presso il Castello di Marchione e si esclude categoricamente che siano avvenuti furto e/o trafugazione e/o illecita esportazione dell’opera».

Gli stessi proprietari che nel luglio 2020 hanno fatto ricorso al Tar Lazio contro il Ministero per i beni delle Attività Culturali e per il Turismo che aveva annullato in autotutela l’efficacia dell’attestato di libera circolazione della tela. L’opera di Artemisia Gentileschi è sotto sequestro a Bari. C’è da giurare che i prossimi passaggi, sia di natura amministrativa che eventualmente penale, si giocheranno sulla capacità di dimostrare il vero valore del quadro che varia, a seconda dei diretti interessati alla vicenda, dai duecentomila euro ai due milioni di euro. Un elemento fondamentale che determina l’esportabilità o meno di un’opera.

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