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Se rinunci alla casa coniugale non puoi chiedere l’aumento dell’assegno di mantenimento

Questo principio è stato affermato recentemente dalla Cassazione con l’arresto giurisprudenziale n. 20425/2022. Esso ha respinto il ricorso di una donna che chiedeva un aumento del contributo economico per i figli successivamente alla revoca dell’ assegnazione della casa familiare. Il Collegio ha chiarito che l’assegnazione della casa familiare nei procedimenti di separazione e divorzio sia…

Questo principio è stato affermato recentemente dalla Cassazione con l’arresto giurisprudenziale n. 20425/2022.

Esso ha respinto il ricorso di una donna che chiedeva un aumento del contributo economico per i figli successivamente alla revoca dell’ assegnazione della casa familiare.

Il Collegio ha chiarito che l’assegnazione della casa familiare nei procedimenti di separazione e divorzio sia prevista unicamente a tutela dell’interesse dei figli minorenni o maggiorenni ma non autosufficienti economicamente a permanere nell’ambito domestico.

Al provvedimento di assegnazione risulterebbe estranea ogni valutazione di tipo economico e quindi dei rapporti patrimoniali tra i genitori.

Chiarisce ancora la Corte che l’assegnazione della casa familiare non comporta una riduzione dell’assegno di mantenimento a carico del genitore cui viene bloccato l’immobile di proprietà.

Così come la sua revoca non comporta in automatico e di per sé solo il riconoscimento di un importo maggiore a titolo di mantenimento.

In buona sostanza l’ordinanza che precede afferma che “l’assegnazione della casa familiare è avulsa da qualsiasi valutazione di carattere economico e non è suscettibile di apprezzamento economico”.

In realtà sul principio della Cassazione v’è molto da discutere perché il diritto di famiglia ha quale criterio generale quello secondo cui all’assegnazione della casa familiare venga data valenza anche economica.

E’ noto infatti che, sia nell’ambito delle separazioni (divorzi) consensuali sia nell’ambito delle separazioni giudiziali o nei procedimenti che riguardano la prole nata fuori dal matrimonio, la circostanza che la casa familiare in comproprietà o di esclusiva proprietà del coniuge venga lasciata in assegnazione all’altro genitore collocatario della prole ha sempre un valore economico.

Conseguentemente, se uno dei coniugi lascia la casa familiare all’altro, se in quanto convivente con figli minori o maggiorenni non indipendenti economicamente, questo ha un rilevante peso sull’economia familiare complessivamente valutata.

Partendo dal presupposto che l’assegnazione può essere fatta, come evidenziato, solamente se c’è prole non autonoma e non in altri casi, a meno che non sussista una clausola volontaria nell’ambito di un giudizio di separazione consensuale per la quale il coniuge più forte lasci l’immobile a quello più debole.

Il valore della casa familiare nell’ambito delle trattative pesa così come nell’ambito del processo giudiziale ove si tiene conto sempre della circostanza dell’ esistenza o meno di un bene immobile lasciato in assegnazione.

Questa circostanza in genere comporta la quantificazione di un assegno di mantenimento più basso in favore della prole perché si tiene conto che il genitore, lasciando l’immobile, ha già assolto in parte al proprio obbligo di mantenimento.

Quindi, l’assegno di mantenimento sarà calmierato in considerazione di tale circostanza.

Si considererà pure se su quell’immobile grava un mutuo o meno ed il rateo debba essere versato in tutto o per quota parte dal genitore non collocatario.

Quindi di valutazione economica si disquisisce eccome!

Così come si è in genere sempre considerato come fatto sopravvenuto, tale da giustificare un provvedimento di revisione ed aumento del mantenimento, la circostanza che la casa familiare fosse poi volontariamente lasciata da un coniuge all’altro.

Questo in considerazione, per esempio, della circostanza che il coniuge con i figli andasse a vivere altrove prendendo in locazione un nuovo immobile, oppure occupando altro bene di proprietà successivamente venuto nella sua disponibilità.

Non è raro che il genitore collocatario, ben conscio che il diritto di assegnazione ha vita breve in quanto vincolato alla dipendenza economica dei figli, preferisca, prima di essere troppo anziano o legato al bene a lui attribuito, lasciare la casa non sua e prenderne una propria.

Saggia decisione per chi ne ha la possibilità!

Quindi si considera e considerava che il rilascio di questa casa avesse un valore economico.

Di valore economico dell’assegnazione della casa familiare si è sempre disquisito e lo si è quantificato concretamente con riferimento al valore di locazione di quel bene secondo il mercato immobiliare.

Per esempio, se quell’immobile ha un valore di locazione di €1000,00 al mese, è come se il genitore non collocatario già corrisponda €1000,00 al mese come mantenimento dei figli, nel caso il bene sia di esclusiva proprietà o euro 500,00 nel caso di immobile in comproprietà.

E quindi l’assegno perequativo veniva e viene quantificato in considerazione di tale circostanza.

La revoca dell’assegnazione ma la permanenza del diritto al mantenimento della prole non può non avere conseguenze economiche, si è scritto.

L’assegno deve essere rivisto non certo dell’esatto valore di locazione della casa rilasciata (perché occorre considerare le risorse economiche complessive dell’obbligato) ma comunque un incremento occorre.

Il principio della Cassazione si ritiene che non possa travolgere tutti tali ragionamenti pratici che vengono fatti dal Giudice o dagli avvocati in sede di consensualizzazione.

Pena gravi iniquità dei provvedimenti stessi che si ripercuotono sul nucleo familiare scisso.

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