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A Bari l’eroina “torna” e spopola tra i giovani

Aumentano in città le segnalazioni di ritrovamenti di siringhe abbandonate. Dal centro alle periferie di Bari il fenomeno comincia a preoccupare e in tanti si chiedono se non si stia ritornando agli anni ‘80 e ‘90, quando l’eroina si era impossessata del capoluogo pugliese. Secondo analisti ed esperti nel campo delle dipendenze, anche se la…

Aumentano in città le segnalazioni di ritrovamenti di siringhe abbandonate. Dal centro alle periferie di Bari il fenomeno comincia a preoccupare e in tanti si chiedono se non si stia ritornando agli anni ‘80 e ‘90, quando l’eroina si era impossessata del capoluogo pugliese.

Secondo analisti ed esperti nel campo delle dipendenze, anche se la situazione in vent’anni è cambiata, ci troviamo di fronte a un campanello di allarme. E i numeri ufficiali sembrano confermare la percezione comune di un aumento delle tossicodipendenze, soprattutto tra i giovani.

Come emerge dall’ultimo report del Dipartimento per la giustizia minorile, a Bari sono aumentate le denunce penali a carico dei minori, soprattutto per i reati legati alla detenzione e allo spaccio di droga. Il capoluogo pugliese, per la prima volta, si colloca al terzo posto tra le città italiane, con numeri superiori anche a Napoli e Palermo.

«Non parlerei di un ritorno agli anni ‘90 – spiega lo scrittore barese Alessio Viola – le droghe pesanti non sono mai passate di moda. Forse l’eroina è rimasta sotto traccia questi anni perché era considerata la droga degli “sfigati” rispetto alla cocaina. Ma eroina e cocaina a Bari girano in grandi quantità, soprattutto tra i più giovani e le mafie fanno affari d’oro con la loro vendita, soprattutto nelle zone della movida».

Spacciatori e consumatori si trovano sempre più a coincidere, aumentando la richiesta di sostanze e agevolando il lavoro delle organizzazioni criminali. «Non esistono più le grosse piazze di spaccio, ormai la droga viene venduta al dettaglio – spiega Raffaele Diomede, educatore esperto in criminologia minorile -I ragazzi sono prima di tutto consumatori, si trovano in un sistema che li incoraggia a raccogliere soldi e a comprare quantità ingenti da cui riescono poi a ricavare una dose per loro. Ci troviamo di fronte a ragazzi molto giovani, di 14-15 anni, che non hanno i mezzi economici per finanziare le loro dipendenze. In questo modo si trovano coinvolti in un sistema capillare che esiste e risponde perfettamente alla richiesta dei consumatori».

Quello che manca in molti di questi consumatori è una reale percezione delle conseguenze che l’uso di determinate sostanze provocano sul loro organismo, e così cade anche la distinzione tra droghe “leggere” e droghe “pesanti”, mancano gli strumenti per valutare il rischio effettivo. «Lavorando a stretto contatto con i minori coinvolti nel fenomeno della tossicodipendenza e parlando con loro, la parola che torno a sentire più spesso è “noia” – continua Raffaele Diomede – La vera emergenza è educativa. Manca un modello di riferimento. Stiamo crescendo una generazione che vede nel mito della “movida” e nei guadagni facili degli influencer un obiettivo da raggiungere. Adesso a 16 anni in molti si preoccupano di guadagnare soldi per comprare uno spinello». Quando le istituzioni intervengono spesso è troppo tardi e non lo fanno in maniera efficace. «Abbiamo tolto ai ragazzi contenuti – conclude Diomede – spesso i minori dipendenti dalle sostanze sono inconsapevoli e quando si accorgono di avere un problema è troppo tardi».

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