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Cassano compie 40 anni: «Auguri Fantantonio, ragazzo col genio nei piedi»

Il giorno prima gli Azzurri diventavano “campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo”. Qualcuno ne trasse buoni auspici. Perché il 12 luglio dell’82, mentre anche Bari vecchia era ebbra di gioia per i gol di Paolo Rossi al Mundial, vedeva la luce Antonio Cassano. Oggi compie 40 anni uno dei più geniali interpreti…

Il giorno prima gli Azzurri diventavano “campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo”. Qualcuno ne trasse buoni auspici. Perché il 12 luglio dell’82, mentre anche Bari vecchia era ebbra di gioia per i gol di Paolo Rossi al Mundial, vedeva la luce Antonio Cassano. Oggi compie 40 anni uno dei più geniali interpreti dell’arte pedatoria del primo decennio del terzo millennio. Uno dei campioni che più hanno sprecato il proprio talento, secondo taluni osservatori. Che, a dire il vero, tutti i torti non hanno. Antonello Valentini, uno che di campioni ne ha veduti tanti, ha detto che lui non realizzò mai di essere andato, a 24 anni, al Real Madrid. E infatti alla Casa Blanca, pur vincendo la Liga, trascorse un anno da comprimario. Insomma, verrebbe da dire che Antonio è stato il peggior nemico di se stesso. E oggi che spegne le fatidiche 40 candeline, forse un piccolo ripensamento è venuto a galla tra cuore, cervello e piedi.

Già, i piedi. Quelli erano magici, fatati, incantati. Per dirla con Fabrizio De André, laddove finivano le sue dita (dei piedi), cominciava inevitabilmente una sfera di cuoio. Se ne accorsero anche i suoi piccoli compagni di catechismo. Racconta Michele Fanelli, 68 anni, all’epoca catechista nella parrocchia dell’Assunta: «Era ‘na capamatta. Uno “potente”, tanto per intenderci. Irrequieto, anche per via di quel che accadeva alla sua famiglia (abbandonata dal padre, ndr)». E anche perché Bari vecchia degli anni Novanta doveva ancora diventare il cuore della movida. «Un giorno non ne potei più e lo cacciai. Lui non tornò a casa, a piangere dalla mamma, come avrebbe fatto chiunque. Uscì da San Giacomo, andò nel cortile e prese il pallone. Con gli altri ragazzi – ricorda ancora Fanelli – salimmo al primo piano per le lezioni e, quando sentimmo dei rumori sordi e ritmati, ci affacciammo alle finestre. Lui era lì che palleggiava. E lo fece per un quarto d’ora. E lo faceva talmente bene che quando finalmente la palla toccò terra, l’applauso fu spontaneo». Fu la prima standing-ovation per Fantantonio.

La seconda sarebbe arrivata poco prima di Natale del ‘99, dopo il gol all’Inter. Proprio in quei giorni salivano le quotazioni della Primavera di Sciannimanico. Che, di lì a qualche mese, avrebbe vinto lo scudetto. Il capitano di quella squadra era Nico Fumai, suo compagno di stanza. «Che fosse di un altro pianeta lo sapevamo tutti. Che vivesse in un’altra dimensione, lo capimmo standogli accanto. Ricordo che non disputò quarti e semifinali perché temeva di farsi male dovendo giocare con la Nazionale. E poi pretese di giocare la finale. I compagni si ribellarono. E toccò a me dirgli che non avrebbe giocato: non vi dico bestemmie e minacce, in “barivecchiano” stretto».

Tonino Rana, il suo scopritore ai tempi della Pro Inter e del campo dietro il cimitero di Carbonara, all’indomani dell’annuncio del suo ritiro, non fu molto tenero: «Antonio ha bisogno di un ambiente che lo coccoli – disse all’Ansa – Nello spogliatoio poteva sembrare un malandrino, ma conserva molte fragilità. Purtroppo ho creato un grande giocatore che è rimasto un piccolo uomo». «Ragionava coi piedi, ma ragionava bene», chiosa ancora Fanelli con una citazione di Osvaldo Soriano. E come i personaggi del giornalista di Mar del Plata, Antonio «ha un cuore grande». E poi, vuoi mettere: i crocieristi della Bari vecchia del terzo millennio chiedono spesso ai vigili: scusi, dov’è la casa di Antonio Cassano? Auguri, Peter Pan.

Video a cura di Luca Turi.

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