La Farris è un’azienda agricola di Orsara di Puglia, in provincia di Foggia. È specializzata nella disidratazione delle verdure che poi vengono vendute in tutto il mondo ed utilizzate per il condimento di sughi e pizze. Un processo produttivo che richiede una grande quantità di energia e, soprattutto, metano per le caldaie a vapore. I rincari dei costi hanno convinto soci e cda ad assumere una decisione drastica: fermare lo stabilimento per sei mesi. Quaranta operai e quindici impiegati andranno in cassa integrazione.
Direttore Giancarlo Piccolo, lei è il responsabile dello stabilimento. Era impossibile andare avanti?
«Produrre in questa fase è diventato antieconomico. Il costo standard del metano è passato da 0,15 centesimi a metro cubo a 1,8 a ottobre. Ora è a 1,3. Le società di gestione stanno procedendo con le disdette unilaterali dei contratti più economici.
Cosa vuol dire questo in termini di rincari sul prodotto?
«Il costo di produzione è raddoppiato. Non riesci a stare sul mercato e subisci la concorrenza».
Chi sono i vostri principali competitori?
«Cina e Turchia. Hanno costi notevolmente più contenuti».
Non temete che fermando la produzione possiate perdere quote di mercato?
«Non solo, perderemo anche alcune persone qualificate ma non ci sono alternative. Abbiamo vissuto negli ultimi anni un periodo di grande espansione e costruito un notevole portfolio clienti. Adesso, però, stiamo rifiutando le commesse».
Era mai accaduto prima?
«No, eravamo riusciti a resistere anche durante il periodo più pesante della pandemia. È stata una scelta dolorosa, presa a malincuore, ma la colpa non è nostra».
Non c’era nessuna alternativa?
«Non possiamo rischiare di chiudere definitivamente vendendo sotto costo. Il problema, tra l’altro, non sono solo i prezzi energetici ma anche di trasporto e delle materie prime. Per non parlare della componentistica meccanica».
Ritardi nelle consegne?
«Quando vogliamo fare un ordinativo, che sia di merce o di macchinari, ci presentano preventivi con validità di soli tre giorni perché i fornitori stessi non sono nelle condizioni di prevederne oltre il prezzo. Spesso, poi, la merce non arriva. Sulla meccanica oggi paghiamo anche i costi della globalizzazione, l’aver spostato lontano le produzioni».
Cosa vi aspettate dal governo?
«Scelte strutturali, quelle che non sono state prese mesi fa per evitare che ci trovassimo in questa situazione».
Ad esempio?
«Nuove forme di approvvigionamento di energia e metano. Quest’ultimo si prevede che manterrà costi elevati nel mondo per i prossimi cinque anni. Non possiamo pensare solo a sussidi economici dello Stato. Bisogna intervenire alla radice del problema».
Anche riaprendo all’ipotesi del nucleare?
«Sì. Si sta investendo molto nella transizione energetica ma ci si è dimenticati delle fonti energetiche di transizione. Non si può cambiare tutto da un giorno all’altro».