Quello che giunge ormai al termine non è un anno come gli altri per gli eremiti d’Italia. Sarà infatti ricordato come l’anno in cui si è tenuto il loro primo convegno, ospitato a settembre, appena qualche mese fa, nelle stanze del santuario di Castelpetroso, nel cuore del Molise. Pare che il loro numero sia in aumento, non vivono tutti in completo isolamento, molti possiedono uno smartphone e qualcuno, in modo decisamente atipico, ha persino una famiglia e una suocera.
Ma non sono loro, gli eremiti contemporanei, i protagonisti di “Fiori del deserto. Fatti e anfratti di eremiti mediterranei”, trittico teatrale chiusosi ieri a Ruvo di Puglia, dopo essere stato messo in scena dalla compagnia “Kuziba Teatro” al Museo del Libro per tre giorni, dal 27 al 29 dicembre, nell’ambito delle manifestazioni natalizie patrocinate dal Comune, in collaborazione con l’Abbazia di Pulsano e la Bottega degli apocrifi.
Al centro dello spettacolo scritto e diretto da Bruno Soriato, infatti, ci sono tre figure anacoretiche del passato, da San Giovanni da Matera, fondatore nel 1129 dell’Ordine degli Eremiti Pulsanesi (detti anche “gli Scalzi) a fratello Nemo, ultimo monaco pulsanese dei primi del ‘400, disposto a tutto pur di non cedere all’estinzione del proprio ordine e cambiare tonaca. Nel mezzo la storia di una donna che per quarant’anni si finge uomo pur di abbracciare la vita eremitica sotto il nome di romito Alberto.
Tre narrazioni che, attraverso le voci dei rispettivi interpreti, Livio Berardi, Bruno Soriato e Rossana Farinati, hanno dato modo allo spettatore di prendere parte a storie di contemplazione, di ascolto e consacrazione al divino, che si sono dipanate nell’arco dei secoli. Esperienze di vita che hanno ancora molto da raccontare e che rappresentano anche un modo per riconnettersi ad una parte profonda e forse dimenticata della Puglia e del Meridione. Puglia che trova nel Gargano, luogo in cui si sono in gran parte consumate le vicende evocate dallo spettacolo, il suo “deserto” (eremita viene dal greco érēmos, deserto, appunto) più fertile, per usare un ossimoro, in quanto a presenza di eremiti ed eremi, al punto da meritarsi l’appellativo di deserto monastico di Monte Gargano.
Per secoli, infatti, molti uomini, divenuti poi santi o semplici eremiti, anacoreti o asceti, si sono dedicati completamente alla vita spirituale e alla ricerca di Dio tra le valli e gli spuntoni rocciosi attorno all’Abbazia di Santa Maria di Pulsano, nelle cui vicinanze sono disseminati ben 24 eremi con celle e luoghi di culto e di lavoro. Del resto fu proprio nell’abbazia costruita sul colle di Pulsano (da non confondere con l’omonimo comune costiero del tarantino) che San Giovanni da Matera fondò l’Ordine degli Eremiti Pulsanesi, che del monastero garganico e degli eremi circostanti fecero la loro Casa Madre.