Potrei dirvi che la politica pensa soltanto alle poltrone, almeno a giudicare dall’accordo per la conferma del numero dei consiglieri regionali, ma non lo dirò. Potrei dirvi che il tentativo di salvare le modeste carriere politiche di certi personaggi rasenta il patetico, ma non dirò nemmeno questo. E potrei dirvi che l’aumento del numero degli assessori nelle regioni con meno di due milioni di abitanti è l’ennesimo sperpero di denaro pubblico, ma mi asterrò. E sapete perché? Perché voglio ancora ingenuamente credere che il maggior numero di consiglieri sia garanzia di adeguata rappresentanza per i diversi territori, che la “resistenza” di certe carriere politiche sia il presupposto della necessaria continuità della classe dirigente, che l’incremento degli assessori rappresenti una soluzione valida per rafforzare certe amministrazioni locali. In realtà, c’è un aspetto che mi preoccupa di più ed è la morta gora in cui è piombato il dibattito pubblico quando mancano (presumibilmente, visto che la data non è stata ancora ufficializzata) sei o sette mesi alle prossime elezioni regionali. E la colpa è di una classe politica perennemente invischiata in tatticismi, trattative e riposizionamenti che poco o nulla hanno a che fare con le difficoltà con cui i pugliesi devono fare quotidianamente i conti. Per averne conferma basta dare una rapida occhiata alle strategie delle coalizioni in campo.
Il centrosinistra rinvia da mesi l’ufficializzazione del candidato, sicuro com’è di trionfare alle prossime regionali grazie al consenso di cui gode Antonio Decaro, l’ex sindaco di Bari che tutti danno come aspirante presidente. A queste latitudini si parla di scuole di politica (iniziativa meritoria, qualcuno deve pur pensare al rinnovamento della classe dirigente), i leader cerca di far pesare il consenso di cui godono, piccoli e grandi portatori di voti tentano di riposizionarsi e c’è persino chi ha già individuato il candidato consigliere di sesso opposto con cui correre in tandem per fare il pieno di preferenze. Peccato che, a una manciata di mesi dalle urne, non sia stato steso ancora un programma. Idem per il centrodestra che attende la conferma della corsa di Decaro alla Regione per scegliere il candidato presidente da “sacrificare” in uno scontro che ai più sembra impari. Fratelli d’Italia è alle prese con i congressi, Forza Italia promuove i movimenti giovanili, la Lega studia una strategia per non scomparire dalla geografia politica pugliese. Anche qui, però, manca qualcuno che formuli proposte su sanità, lavoro, turismo e altri temi strategici.
Eppure ci troviamo in una regione dove si attendono anni per una visita o un banale esame medico, con migliaia di pazienti costretti a “viaggi della speranza” o addirittura a rinunciare alle cure; una regione dove migliaia di persone rischiano di perdere il lavoro, tema sul quale è opportunamente tornato ieri il presidente Michele Emiliano; una regione che, a meno di un anno dalla scadenza del Pnrr, è in ritardo sulla realizzazione di progetti e sui pagamenti. Insomma, nel dibattito politico locale c’è un grande assente e quell’assente è, paradossalmente, proprio la Puglia. È un film già visto alle comunali baresi, quando la “lotta per le investiture” nel centrosinistra e i tentennamenti del centrodestra hanno di fatto tenuto “in ostaggio” la città. Nel caso della Regione, però, c’è un’aggravante e cioè un Consiglio che da mesi non riesce ad approvare una legge che incida positivamente e sensibilmente sulla vita dei pugliesi. All’orizzonte, dunque, sembrano esserci un dibattito sempre più asfittico, la solita fuga dalle urne e il conseguente avvicinamento della gente comune alla criminalità organizzata, ormai ritenuta più efficace della politica. È questo che i partiti vogliono per la Puglia?
Bentornato,
Registratiaccedi al tuo account
Tutte le news di Puglia e Basilicata a portata di click!