I numeri dell’Agenzia delle entrate raccontano una storia che il Governo sta cercando di vendere come un grande successo: nel 2024 sono stati recuperati 26,3 miliardi di euro dall’evasione fiscale, con un incremento del 6,5% rispetto all’anno precedente. Bene? No. Perché questi numeri non sono il segnale di un sistema fiscale più equo ed efficiente, ma solo l’ennesima pezza messa su una barca che sta affondando. Il concordato preventivo biennale e la rottamazione delle cartelle esattoriali sono stati rappresentati come strumenti risolutivi, ma sono: operazioni di facciata. Il concordato ha visto un’adesione inferiore alle aspettative, segnale evidente che le imprese non si fidano di questo meccanismo. La rottamazione? Ha fruttato solo 3,5 miliardi di euro, il 30% in meno rispetto all’anno precedente. I furbi sanno benissimo come funziona: aspettano la prossima sanatoria, tanto alla fine arriva sempre. E così chi paga regolarmente viene trattato da ingenuo, mentre chi accumula debiti con il fisco viene premiato con nuovi sconti. C’è di peggio. Sempre più aziende, invece di pagare le imposte, trattengono la liquidità e usano lo Stato come banca. In altre parole, le tasse diventano l’ultimo problema: meglio tenersi i soldi, investirli altrove e poi, quando arriva la prossima rottamazione, regolarizzare tutto a costo ridotto.
Eppure, in questo labirinto fiscale, non possiamo ignorare una realtà altrettanto cronica: ci sono imprese e cittadini che si trovano in difficoltà reali e oggettive. Non tutto è furberia, non tutto è malafede. Esistono aziende che, schiacciate dal costo del lavoro, dagli oneri fiscali e da una pressione insostenibile, si trovano a dover scegliere tra pagare le tasse o pagare gli stipendi. Per loro, un meccanismo di rottamazione può essere una via di sopravvivenza, ma deve essere selettivo e mirato. Chi non ha mai beneficiato di una sanatoria deve poter accedere a una rateizzazione più lunga o a un saldo e stralcio, a condizioni agevolate per rientrare nei pagamenti. Ma chi ha già rottamato in passato e poi è tornato a fare lo stesso gioco, deve essere trattato in modo diverso. Qui scatta un alert: se un’azienda o un contribuente chiede la rottamazione per la seconda, terza, quarta volta, significa che non sta affrontando un’emergenza, ma sta giocando con il sistema. Un governo serio dovrebbe intervenire con una politica tombale, che aiuti chi è davvero in difficoltà senza continuare a premiare chi specula. Non si può più andare avanti con la logiche dell’emergenza fiscale perenne. Serve una riforma strutturale, un fisco chiaro, stabile, semplice. Un fisco che elimini il caos normativo x, riducendo la burocrazia e i costi amministrativi, e che dia certezza del diritto, evitando interpretazioni arbitrarie. Chi paga regolarmente deve avere stabilità normativa e incentivi concreti, perché oggi chi si comporta bene è solo quello che paga per tutti.
Basta con le rottamazioni a pioggia. Chi evade per strategia deve pagare fino all’ultimo euro, senza più scappatoie, mentre chi non riesce a pagare per difficoltà oggettive deve avere strumenti veri per rientrare nei pagamenti senza essere soffocato. È necessario rafforzare i controlli mirati: non si può più trattare allo stesso modo chi evade con malizia e chi è in ginocchio. Ma c’è di più. Il fisco italiano deve evolvere verso un modello di tassazione più semplice e sostenibile. Si deve migrare progressivamente verso una tassazione forfettaria analitica, che combini capacità contributiva e semplificazione fiscale. Un sistema fiscale duale, che integri il principio della deducibilità dei costi con la forfettizzazione, permetterebbe di ridurre il contenzioso e garantire un prelievo più equo. A questo si deve aggiungere una fiscalità territoriale, che tenga conto delle differenze economiche e produttive del Paese, incentivando chi lavora o investe nelle aree più svantaggiate. Non può esserci una tassazione uguale per tutti se le condizioni di partenza non sono le stesse.
Bentornato,
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