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Taranto, torna la balenottera comune nel Golfo: dopo 16 anni un nuovo avvistamento – FOTO e VIDEO

Dopo 16 anni è stato avvistato un esemplare di balenottera comune nel Golfo di Taranto. A segnalarla sono i ricercatori della Jonian dolphin conservation (Jdc), l’associazione che monitora e studia la presenza dei cetacei nel mar Jonio.

L’avvistamento è avvenuto il 28 febbraio scorso a circa 8 miglia (una dozzina di chilometri) dalle coste di Taranto, in un’area in cui le acque raggiungono i 600 metri di profondità, mentre la balenottera comune, un esemplare adulto lungo poco meno di venti metri, si alimentava in superficie in una zona non lontana dal primo impianto eolico offshore del Mediterraneo realizzato nel porto del capoluogo ionico.

La balenottera comune, una specie ricorrente anche nel mar Mediterraneo, si sposta ricercando aree in cui il cibo di cui si alimenta è maggiormente disponibile e, durante l’inverno, le acque hanno una temperatura più calda, condizioni che si realizzano più facilmente anche nel Golfo di Taranto.

L’avvistamento, il primo da lustri realizzato in queste acque da ricercatori con l’acquisizione di dati scientifici e documentazione video e fotografica, è particolarmente importante per lo studio di questi cetacei. Tutte le informazioni acquisite sono state trasferite al Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari, con cui Jdc collabora da anni.

Nel Golfo di Taranto presenti sette delle otto specie di cetacei

Grazie all’azione di monitoraggio dell’associazione, oggi è scientificamente provato che ben sette delle otto specie di cetacei riconosciute nel Mediterraneo sono presenti nel Golfo di Taranto, un’area con una forte presenza antropica; questa estate era stata avvistata anche una coppia di Zifio (Ziphius cavirostris), nonché altre specie animali, come la pulcinella di mare (Fratercula arctica) e la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), avvistamenti che testimoniano la grande biodiversità di specie che popola questo specchio di mare.

«Ora un’Area marina protetta per la tutela dei cetacei»

«Durante le consuete attività di monitoraggio – racconta la giovane responsabile delle attività di ricerca della Jdc, Francesca Santacesaria – ci siamo avvicinati ad un gruppo di centinaia di gabbianelli e, maestosa, l’abbiamo vista emergere: non riuscivamo a crederci, potete immaginare la nostra emozione!».

Anche questo avvistamento, sottolinea, «conferma la straordinaria biodiversità presente nel Golfo di Taranto. Nonostante sia stata individuata da tempo come “critical habitat” essenziale per la conservazione dei cetacei, al momento questa area non rientra in nessuna forma di gestione a lungo termine per la loro tutela. Per questo – spiega ancora Santacesaria – la Jonian dolphin conservation è impegnata per l’istituzione di un’Area marina protetta che rappresenta uno strumento indispensabile per la tutela dei cetacei presenti nel Golfo di Taranto, soprattutto nell’ottica delle direttive comunitarie e dei protocolli internazionali per la conservazione delle specie vulnerabili e minacciate in Mediterraneo».

Il primo avvistamento nel 1887

Era il 9 febbraio del 1887 quando nel Golfo di Taranto apparve la prima balena della specie “Franca Boreale” mai comparsa nel Mediterraneo, cosa che creò panico e paura nei tarantini che lo considerarono un autentico mostro marino capace di distruggere la città verso cui si dirigeva.

Una trentina di imbarcazioni circondarono il cetaceo che, bersagliato con fiocine, armi da fuoco e persino esplosivi, fu gravemente ferito. Dopo la morte la carcassa fu portata a riva ed esposta a pagamento in un baraccone, tra lo stupore di migliaia di persone provenienti da tutta la Puglia e oltre.

In seguito i resti del mammifero furono venduti all’Università di Napoli. Dagli anni Cinquanta del secolo scorso lo scheletro della Balena Franca Boreale di Taranto è esposto nel Museo Zoologico rappresentando, unico esemplare musealizzato nel Mediterraneo, un reperto di eccezionale valore scientifico.

Oggi la Jdc studia con rispetto i cetacei presenti nei nostri mari e, tra i numerosi reperti di inestimabile valore scientifico conservati nella sua sede di Kétos, ha esposto lo scheletro di un Zifio spiaggiato sulla costa tarantina e recuperato.

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