La legge sullo scorporo dell’Ospedaletto e quella sulle nomine salvate dal governo centrale, non così la legge anti-sindaci e l’esproprio ai privati delle Rsa impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale: ripartirà da questi punti fermi la maggioranza regionale in cerca di una quadra e di un patto di fine mandato per chiudere degnamente la legislatura. Un’operazione a dir poco complicata considerando mal di pancia e tensioni quotidiane, ma anche una carenza di numeri dopo l’addio dell’ex assessora Anita Maurodinoia e con i Cinque Stelle che restano con l’appoggio esterno.
L’accordo che non c’è
La conferma di un clima teso nel vertice dei capigruppo di venerdì scordo che ha certificato l’assenza di un accordo sulle questioni più spinose. A partire dalla legge elettorale e dalla norma “anti-trombati”, così come sul comma “anti-Decaro” che adesso, al di là della volontà dei partiti, va cambiata dopo la bocciatura di Palazzo Chigi. Gli alleati di governo – Pd, Azione, Con e Per la Puglia – sono divisi su tutto, complice la questione delle candidature con gli uscenti a caccia di un “posto al sole”. A complicare il quadro la presa di posizione del gruppo di Azione che rivendica un assessorato considerando l’annuncio dei Cinque Stelle che hanno rifiutato di rientrare in giunta. Azione ha posto un problema di principio all’interno del centrosinistra: chi non c’è oggi, non potrà esserci tra sei o sette mesi. Una linea tutto sommato condivisa se non fosse che le trattative si faranno a Roma e la Puglia finirà sul tavolo insieme a cinque regioni fra cui Campania, Veneto e Toscana.
Il sistema elettorale
Anche sul sistema elettorale non c’è accordo. Azione e i civici chiedono la riduzione della soglia di sbarramento passando dal 4 al 2,5%. Il Pd è contrario e punta invece a introdurre il consigliere supplente per “sterilizzare” il taglio degli eletti da 50 a 40 dalla prossima legislatura: un cavillo rispedito al mittente dal centrodestra che non vuole saperne di togliere le castagne dal fuoco alla maggioranza. Tutto da individuare anche il punto di equilibrio sulla doppia preferenza. La proposta di legge è stata depositata e porta le firme di sole donne, fatta eccezione per il capogruppo dem Paolo Campo. Oltre al doppio voto per un uomo e una donna, pena la nullità, il testo rende inammissibili le liste che non rispettano la proporzione del 60 e 40 nella presenza dei due generi. Se fosse approvata le possibilità di rielezione per gli uscenti si ridurrebbero drasticamente. Da ultimo la legge sulle nomine non osservata dal governo centrale. In questo caso la maggioranza vuol intervenire per ammorbidire le rigide regole imposte dalla legge Laricchia per le nomine in enti e società partecipate della Regione Puglia. Ma anche su questo si naviga a vista in attesa di una schiarita prima che finisca il mandato.