Quella dell’acqua è un po’ come la storia della formica e della cicala: in tempi di abbondanza si canta e si spreca, in tempi di siccità si bussa alle porte dei vicini per chiedere ristori e interventi a beneficio della popolazione locale.
Il Molise cicala bussa ora alla porta della Puglia formica. L’uno ricco di acqua, l’altra bisognosa della preziosa risorsa per continuare a sostenere il suo comparto agroalimentare. La Puglia, unica regione del bacino idrico meridionale, non ha acqua però ha costruito gli invasi che ne garantiscono una certa autonomia idrica, «non a caso nell’emergenza idrica in atto, la Puglia è la regione che ha meno sofferto di limitazioni e rubinetti a secco», evidenzia l’assessore regionale Fabiano Amati. Ma questa è una magra consolazione, visto che serve una seria e costante programmazione che prescinde dalla singola volontà delle istituzioni pugliesi. Insomma, non è tirando acqua al proprio mulino che si risolve la questione che invece deve avere un approccio più unitario e condiviso.
La rivendicazione
In Molise il dibattito è acceso anche se la cessione dell’acqua alla Puglia torna ciclicamente. Prima di ora era successo nel 2022, allora sul banco degli imputati era salito il presidente Donato Toma, incalzato dai consiglieri regionali pentastellati Patrizia Manzo e Vittorio Nola e dall’ex rappresentante delle Federazione della sinistra a Palazzo D’Aimmo, Salvatore Ciocca.
Adesso è la consigliera del partito democratico, Micaela Fanelli, che incalza il presidente Francesco Roberti. In entrambi i casi si chiede come intende comportarsi il governo regionale molisano sulla questione, e in entrambi i casi i due presidenti adottarono la tattica del silenzio e dell’attesa, mentre è stato depositato un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale e ambientale.
Intanto, il 4 marzo la questione dell’acqua ceduta alla Puglia sarà al centro della seduta del Consiglio regionale molisano, dopo la richiesta avanzata dalla capogruppo Pd a palazzo D’Aimmo, Micaela Fanelli.