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La lezione che arriva da Sanremo

Devo ammettere che in 57 anni mai mi ero chiesto se ci fosse fango in Paradiso, ma dopo aver ascoltato il testo di una canzone che partecipa a questa edizione del Festival di Sanremo, il dubbio mi ha sfiorato, attanagliandomi per l’intera notte.

Ma si sa, Sanremo è Sanremo come diceva uno storico slogan e tutto quello che passa dal palco del teatro Ariston diventa, almeno per una settimana, iconico e pretende di essere al centro dell’attenzione mediatica.

Certamente il Festival fa rumore e alcune canzoni, oltre ad essere diventate monumenti della musica, sono anche state specchio di un tempo o di una generazione.

Come possiamo dimenticarci della metafora sociale che Nilla Pizzi cantò, a inizio anni Cinquanta, distinguendo tra i papaveri grandi grandi e le papere piccoline o del manifesto che lanciò Vasco Rossi alla ricerca di una vita spericolata?

A Sanremo si diventa grandi anche se spesso quelli che grandi già lo sono, con le dovute eccezioni, non ritornano o non partecipano proprio.

Rileggendo i messaggi che quest’anno sono stati inviati dal palco dell’Ariston, due si differenziano in modo particolare. Ed ecco che si sdoganano temi quali i disturbi della psiche e del cervello e lo si fa con la delicatezza e il garbo di Cristicchi o con forza quasi disperata di Fedez.

La musica, allora, può diventare uno spunto per una riflessione profonda da considerare anche dopo la settimana sanremese, o restare semplicemente chiusa in una playlist. In fondo, si sa, sono solo canzonette.

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