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Lucia Annibali in Puglia: «Si diano ai giovani strumenti di educazione affettiva» – L’INTERVISTA

È la sera del 16 aprile del 2013 quando due sicari gettano acido sul volto di Lucia Annibali. Ad assoldarli, l’ex compagno Luca Varani. Comincia da qui la dolorosa vicenda di una donna che ha fatto della propria storia di violenza un manifesto di riscatto per tutte le donne: oggi e domani, Lucia Annibali, deputata…
lucia annibali

È la sera del 16 aprile del 2013 quando due sicari gettano acido sul volto di Lucia Annibali. Ad assoldarli, l’ex compagno Luca Varani. Comincia da qui la dolorosa vicenda di una donna che ha fatto della propria storia di violenza un manifesto di riscatto per tutte le donne: oggi e domani, Lucia Annibali, deputata alla Camera, avvocata e scrittrice, la racconta in due scuole di Capitanata: rispettivamente alla “L. Murialdo” di Foggia e al liceo “E. Pestalozzi” di San Severo. Al centro degli appuntamenti il suo ultimo libro, “Il futuro mi aspetta” (Feltrinelli, 2025), scritto insieme con la giornalista Daniela Palumbo e protagonista anche della serata aperta al pubblico in programma oggi (ore 18) in quel di Palazzo Dogana, per la rassegna “Fuori gli Autori” a cura di Ubik e Biblioteca. In questa intervista Lucia Annibali anticipa alcuni dei temi dei quali parlerà negli incontri foggiani.

Nel libro scrive che la sua vicenda è “come una croce, ma non mi ha spezzata”. Com’è stato possibile?

«La mia è un’esperienza che poteva essere irreparabile, ed in parte è stato così, ma che comunque mi ha aperto altre porte, dandomi la possibilità di vivere una vita piena. È stato un dolore vissuto e affrontato con la mia famiglia. Tuttavia, condividendolo, ha dato anche esiti positivi».

È il caso dei giovani, dell’opportunità di poter raccontare loro la sua storia?

«Condividere testimonianze di vita difficili è fondamentale. Questi incontri nelle scuole sono preziosi per i ragazzi perché si affrontano tematiche di impegno civile, sociale e istituzionale».

C’è bisogno di un’educazione sentimentale nelle scuole?

«Bisogna parlare di violenza in particolare ma anche di relazioni in generale, affinché i giovani acquisiscano quelle consapevolezze che ancora non hanno e possano rendersi conto di quello che stanno vivendo. E anche, in alcuni casi, se hanno bisogno di chiedere aiuto».

Sulla violenza di genere, dal punto di vista legislativo l’Italia è a posto?

«Negli anni sono stati fatti tanti interventi, alcuni migliorativi, altri non sempre efficaci. Nel complesso però, la normativa italiana è ampia e aggiornata.

Più che interventi penalistici, repressivi ed esclusivamente punitivi, io investirei su progetti di contrasto alla violenza maschile sulle donne, soprattutto in funzione delle nuove generazioni. Agirei più sul sociale, con un piano strutturale, andando anche incontro a ciò che più serve alle donne e ai loro figli quando vivono situazioni di violenza. La punizione del reato è importante, ma non è la sola cosa a cui pensare».

Nel libro si rivolge a un “noi”, come mai?

«Il “noi” arriva dal mio impegno pubblico, istituzionale, ma anche politico. È un noi che vuole condividere idee e strumenti per affrontare il tema con consapevolezza. Cercando, soprattutto, di essere utile».

Come lo immagina il futuro?

«Se parliamo con i giovani, se li ascoltiamo, se diamo loro strumenti di educazione affettiva, allora possiamo anche immaginare un futuro migliore e, di conseguenza, consegnare loro una società con meno violenza subìta e agita».

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