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Fine vita, la Toscana ha una legge: in Puglia provvedimento bloccato tra bocciature e rinvii

La Toscana, prima regione in Italia, ha approvato ieri una legge sul fine vita. Provvedimento che è stato proposto anche in Puglia - dall'attuale assessore al Bilancio Fabiano Amati - ma che per ben 35 volte è stato iscritto all'ordine del giorno del Consiglio regionale senza mai essere nemmeno discusso. Un primo tentativo fu fatto…
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La Toscana, prima regione in Italia, ha approvato ieri una legge sul fine vita. Provvedimento che è stato proposto anche in Puglia – dall’attuale assessore al Bilancio Fabiano Amati – ma che per ben 35 volte è stato iscritto all’ordine del giorno del Consiglio regionale senza mai essere nemmeno discusso.

Un primo tentativo fu fatto nell’ottobre del 2022. Approdò in Aula la prima versione della proposta ma il cammino fu breve perché, dopo la bocciatura del primo articolo (22 i voti contrari e 13 quelli a favore) l’intera legge decadde. Pochi giorni dopo il testo fu leggermente modificato e ripresentato. Da allora, però, l’unico tentativo di giungere alla discussione del testo si arenò con la caduta del numero legale.

Era il gennaio del 2023, il giorno stesso l’allora assessore alla Sanità Rocco Palese, presentò e fece approvare dalla giunta regionale una delibera che tenta di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale di quattro anni fa. Nello specifico con la delibera sono stati istituiti in tutte le Asl i comitati etici, con l’aggiunta di uno specifico nel Policlinico di Bari, così da “assicurare alle persone in condizioni corrispondenti a quelle enunciate dalla Corte costituzionale” l’accesso alle procedure di suicidio medicalmente assistito nonché “a fornire tutti i chiarimenti necessari a pazienti, familiari, associazioni e chiunque abbia interesse”.

A oggi, non sembra però che questa strada abbia potuto dare risultati concreti proprio perché manca una legge che disciplini e autorizzi le procedure.

La proposta di riportare la legge sul fine vita nel Consiglio regionale

Dopo l’approvazione in Toscana, dunque, si torna a parlare della legge sul fine vita anche in Puglia, con il gruppo del Partito democratico che parla di «un ulteriore stimolo a portare a conclusione l’iter legislativo avviato oltre due anni fa».

Il capogruppo Paolo Campo afferma che «ora come allora crediamo che la scelta di porre termine alla propria vita quando non è più definibile tale debba essere nella piena disponibilità di chi la compie e non vincolata o negata dai principi altrui». L’obiettivo dei dem, prosegue, «è preservare la dignità di chi soffre così tanto da scegliere di morire e sottrarre familiari e amici al calvario di un’assistenza inutile e un conforto senza speranza».

Campo sottolinea che «abbiamo rispetto per le convinzioni etiche e religiose altrui e ciascuno ha il diritto di agire in base a quelle, purché non diventino un’imposizione a chi ne ha di diverse», conclude.

Amati: «Ora subito in Consiglio»

Alla proposta del Partito democratico plaude l’assessore al Bilancio Fabiano Amati che ringrazia i dem: «A partire da questo argomento – afferma – siamo nelle condizioni di ricominciare a fare tantissime proposte condivise, che tanto bene hanno portato negli ultimi anni alla Puglia e ai pugliesi».

Per Amati «sul fine vita sarebbe spettato alla Puglia e al popolo pugliese il posto di campione d’Italia dei diritti civili, se solo il Consiglio regionale avesse approvato la nostra vecchia e comune proposta di legge, depositata il 7 ottobre del 2022 e iscritta dal 17 gennaio 2023 all’ordine del giorno dell’assemblea».

Per Amati le leggi regionali trovano il presupposto nell’osservanza della sentenza 142 del 2019 della Corte costituzionale, ritenuta anche dal Ministero della Salute auto-applicativa, e che allontanerebbe il rischio di incostituzionalità. «La sentenza – continua – ha sottratto dall’alveo della responsabilità penale la condotta di assistenza alla morte in presenza di determinate condizioni e fatto salvo il diritto di obiezione di coscienza, facendo scaturire, anche in termini di rispetto della dignità della persona umana, il dovere delle strutture sanitarie e del personale sanitario di prestare tutta la più adeguata assistenza per conseguire uno scopo, la morte, fonte di minore afflizione e sofferenza rispetto a ogni cura e senza aver rinunciato prematuramente alle cure palliative. Ora – conclude Amati – subito in Consiglio».

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