È il giorno della verità, per Giacomo Olivieri, che ad un anno dal suo arresto per voto di scambio politico-mafioso, tornerà nella sua Bari da uomo detenuto. L’avvocato Olivieri, ex presidente del Cda di Multiservizi ed ex consigliere regionale, sarà in aula questa mattina alle 9.30, accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Luca e Nino Castellaneta, per rispondere alle domande del gup Giuseppe De Salvatore nel processo con il rito abbreviato a 108 persone della maxinchiesta Codice Interno.
Le accuse
Per la Direzione distrettuale antimafia di Bari, Olivieri avrebbe stretto patti di affari con i clan dei quartieri Japigia e San Paolo di Bari, offrendo denaro e posti di lavoro in cambio di voti per sua moglie Maria Carmen Lorusso (anche lei imputata e giudicata con il rito ordinario) in occasione delle comunali del 2019. Candidatasi con la lista “Di Rella sindaco”, Mari Lorusso entrò poi in consiglio comunale proprio, ritengono i pm Fabio Buquicchio e Marco D’Agostino, grazie ai voti della mafia. E, in particolare dei Parisi-Palermiti da una parte, dei Montani dall’altra.
La versione di Olivieri
Anche in occasione degli interrogatori resi nei mesi scorsi, nel tentativo di ottenere la scarcerazione o i domiciliari, Olivieri aveva sempre sostenuto la sua tesi, e cioè quella che sì, aveva chiesto voti per sua moglie, ma mai chiedendo l’aiuto della mafia. Quelle persone che avrebbe avvicinato, come raccontano i collaboratori di giustizia ma anche le migliaia di intercettazioni, sarebbero stati suoi conoscenti da tempo. Non avrebbe, in sostanza, puntato sulla loro organicità a clan mafiosi del territorio per far eleggere sua moglie in Consiglio comunale. «Io in 63 anni – aveva già detto a maggio scorso – non ho mai frequentato e non ho mai avuto a che fare con persone di malaffare, con persone mafiose o con pregiudicati». Aveva ammesso di «aver dato buoni benzina, ma non sapeva che i suoi interlocutori come Bruna Montani o Tommaso Lovreglio, il dipendente Amtab nipote di Savino Parisi, «appartengono alla criminalità organizzata».
Il blitz
All’alba del 26 febbraio 2024, scattò il maxiblitz della polizia: 137 le persone arrestate a conclusione dell’inchiesta, coordinata dalla Dda. Tra questi, oltre ad Olivieri e Lorusso, anche il papà della consigliera, l’oncologo Vito Lorusso, i capiclan Savino Parisi ed Eugenio Palermiti, numerosi pregiudicati affiliati ai due clan, ma anche un foltissimo sottobosco di figure capaci di affiancare Olivieri nel suo presunto disegno criminoso. E poi, protagonisti di vicende legate anche al calcio, con lo scandalo di combine e partite truccate grazie all’intervento degli stessi pregiudicati, che avrebbero anche esercitato un controllo sulle aste giudiziarie.
Le richieste di condanna
Nelle scorse settimane, la Dda ha formulato le prime richieste di condanna nel processo a 108 persone con il rito abbreviato. E proprio per Olivieri è stata chiesta la condanna a 10 anni di reclusione per voto di scambio politico mafioso ed estorsione nei confronti dell’allora manager della ex Banca popolare di Bari, ora Banca del Mezzogiorno, perché fosse cancellata una procedura di riscossione di un suo debito. Dalle indagini sono anche emersi elementi riconducibili alla Fondazione Maria Rossi Olivieri onlus, i cui beni, ritenuti provento di attività illecita, sono finiti sotto sequestro giudiziario: una masseria di Polignano, la società Puglia srl (che gestisce altri immobili), Barivecchia srl, Rendita Immobiliare srl,Comunicare srl, Madonna di Grottole srl, Grottole srl, Mecongress srl, Luxury Palace srl, Galega srl, tutte intestate a prestanome.