Annunciato sabato mattina con una nota interna, non istituzionale, nella giornata di ieri il decreto del ministro Piantedosi, quello che segue allo scandalo Codice Interno, è arrivato in Prefettura, a Bari.
Le tre pagine con cui dal Viminale si dettavano le “condizioni” previste dall’articolo 94 bis del codice antimafia, per il risanamento delle articolazioni comunali a rischio infiltrazioni mafiose, si trasformeranno ora in un provvedimento amministrativo al quale sta lavorando il prefetto Francesco Russo.
Le misure di controllo
Salvo dallo scioglimento, tuttavia, il Comune di Bari dovrà essere soggetto a “una rigorosa azione di controllo”, che il prefetto dovrà esercitare in particolare “sui settori dei servizi pubblici e sociali, del turismo, del commercio e dei tributi”. Tutti settori evidentemente più soggetti di altri ai tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata mafiosa.
Al Comune si prescrivono poi alcuni adempimenti sui quali il sindaco Vito Leccese si era già attivato, istituendo in particolare la Ripartizione centrale e il Nucleo per le ispezioni amministrative sulle partecipate: “adeguare gli strumenti regolamentari, con particola riferimento alla procedure assunzionali”, riorganizzare “il sistema dei controlli interni”, “predisporre linee guida finalizzate ad assicurare miglioramenti organizzativi nella gestione del personale”, riferendosi soprattutto alle società in house e alla polizia locale. L’inchiesta della Dda ha infatti accertato la vicinanza di alcuni vigili ai clan mafiosi.
Le partecipate
Su Amiu e Multiservizi il prefetto adotterà due diversi provvedimenti: più rigido nel primo caso, in base a quello che prevede l’articolo 94 bis del codice antimafia, la prevenzione collaborativa per la durata di un anno. Si tratta, in sintesi, di provvedimenti organizzativi di risanamento, con occhi puntati sulle stabilizzazioni dei dipendenti degli ultimi anni.
Le “anomalie riscontrate” a cui fa riferimento il ministro si riferiscono proprio ad un “sistema distorsivo delle procedure assunzionali”, tramite agenzie interinali, delle quali hanno parlato diffusamente alcuni collaboratori di giustizia in Codice Interno. Su tutto, la nomina di una terna di esperti, incaricati di un vero e proprio tutoraggio della storica azienda.
La Multiservizi
Di Multiservizi hanno parlato i pentiti di Codice Interno, proprio in relazione alla presenza di affiliati ai clan baresi tra le fila dei numerosi dipendenti. E di Multiservizi parla in una intercettazione l’ex consigliere regionale, nonché ex presidente del Cda di Multiservizi, Giacomo Olivieri, dal 26 febbraio scorso in carcere per voto di scambio politico-mafioso.
Proprio in seguito all’emersione dello scandalo, l’attuale presidente della società e l’amministrazione comunale hanno messo in atto “procedure di bonifica, licenziando alcuni dipendenti controindicati”. Tra questi, negli anni scorsi, affiliati al clan Parisi del quartiere Japigia.
In virtù di questa bonifica già avviata, Russo si limiterà, tramite il Gruppo interforze antimafia (previsto dalla norma del codice) a monitorare tutti i contratti di lavoro, servizi e forniture per il prossimo anno.
I ricorsi
Una volta effettuate le nomine, nell’arco di qualche giorno, trattandosi di procedura amministrativa, potrebbero essere presentati dai diretti interessati (vigili urbani inclusi) ricorsi al Tar per la sospensione o revoca del provvedimento.