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Almasri, Santanchè e Meloni: le tante morali del Governo e la pubblica decenza calpestata

Nei cassetti della Commissione Giustizia del Senato, dorme sonni tranquilli un mio disegno di legge estremamente provocatorio, ragion per la quale credo, proprio, che non vedrà mai la luce.

Si trattava di una estensione dell’art.726 del codice penale che sanziona chi compie atti contro la pubblica decenza. E adesso capirete sia la mia provocazione, sia il perché questo disegno di legge non vedrà mai la luce. Il mio ragionamento partiva dal presupposto che chi svolge delle funzioni pubbliche, deve essere da esempio per etica, morale e osservanza delle regole. Tutte le regole, anche quelle non scritte, ma che la consuetudine annovera fra le ‘buone maniere’. Sono stato indotto a ciò, avendo verificato che, molti di quelli che dovrebbero dare l’esempio, spesso si muovono nel più totale disprezzo delle regole minime della buona convivenza sociale.

Avevo osato sostenere, così entriamo immediatamente nel ‘fattaccio’ quotidiano, che gli eletti dal popolo, in qualsiasi ordine e grado, dai consiglieri comunali fino ai parlamentari e quanti, nelle rispettive sedi, assumevano incarichi di governo, quindi sindaci, presidenti, assessori e ministri, se rinviati a giudizio, decadevano dal loro incarico.

Un disegno di legge di questa portata, avrebbe colto due risultati estremamente importanti; il primo: avrebbe evitato tutta quella canea di voci che si scatenano ogni qualvolta un avviso di garanzia viene emanato nei confronti di chi svolge delle funzioni pubbliche.

Pochi scrivono o ricordano che il legislatore ha inteso l’avviso di garanzia come una forma di tutela per l’indagato; secondo: avrebbe sanato quella insopportabile ipocrisia secondo la quale, per concorrere ad una qualsiasi chiamata elettorale devi dimostrare che non hai procedimenti in corso e poi, se i procedimenti ti cadono addosso durante il tuo mandato, quella regola non vale più. In verità c’è un terzo motivo, forse il più importante: rivitalizzare la fiducia che la società ripone in quanti svolgono funzioni pubbliche. Lo sottolineo perché, essendo dato per scontato, quanti dovrebbero prestarvi fede, se ne dimenticano. Non a caso si parla di “fede pubblica”.

Bene, fatta questa doverosa premessa, trovo indecente che Daniela Santanchè possa continuare a fare la Ministra. La signora, esercita quella funzione, in nome e per conto dei cittadini italiani e, quindi anche per me. Ecco, per me questo è indecente. Lede in modo indecoroso la ‘fede pubblica’ e provoca un assoluto disdoro delle nostre Istituzioni. La Signora, come se dovesse impartire lezioni di ‘bon ton’ istituzionale, per perorare la sua causa, ha anche la sfacciataggine di rilasciare interviste a destra e a manca.

E, al grido di ‘boia chi molla’ fa sapere che non vede ragioni per le quali dovrebbe dimettersi. Sorge il dubbio che, tanta sfrontatezza e tanta sicumera derivi dal fatto che la signora Santanchè sta mettendo alle strette i suoi sodali: da quello che ci hanno rivelato i suoi dipendenti e le registrazioni telefoniche trasmesse da ‘Report’ (programma che vogliono chiudere), la Signora è molto risoluta. Non ci sorprenderebbe, quindi, che abbia fatto sapere al suo caro amico presidente del Senato che se la costringeranno a dimettersi, con lei cadranno anche tutti i ‘filistei’.

Questa potrebbe essere l’unica ragione del perché, da mesi, siamo costretti ad assistere a questo disdicevole rimpiattino fra Ministra e Governo. Una soluzione ci sarebbe; mi permetto un suggerimento gratuito alla presidente del Consiglio: cara Giorgia, in merito alla vicenda Almasri, hai detto delle corbellerie mostruose, chi te le ha scritte andrebbe cacciato; ma, se come ritieni tu, l’informativa che hai ricevuto dalla Procura di Roma, non un avviso di garanzia, una informativa, lede l’immagine dell’Italia all’estero, se ciò è vero ed io credo che lo sia, cosa aspetti a cacciare un Ministro che, invece, è stato rinviato a giudizio? No, così, giusto per sapere. Sapere se la morale vale un tanto al chilo.

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